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Il trillo del telefono lo strappò dai suoi pensieri. Controllò l’orologio: le due di notte. Alzò il ricevitore.

— Charlie, sei tu?

— Ma chi parla?

— Matt Riggs.

— Riggs?… Cristo, dov’è LuAnn? Sta bene?

— Alla grande, Charlie. L’hanno preso, amico! Hanno arrestato Jackson!

— Alleluja! E dove l’hanno beccato, quel figlio di puttana?

— Charlottesville. Il Bureau teneva d’occhio l’aeroporto. Jackson e suo fratello gli sono caduti letteralmente in braccio.

— Suo fratello? Quale fratello?

— Roger Crane. I Federali non sanno ancora se c’entri nell’intera faccenda, ma non credo che gliene freghi poi molto. Era Peter Crane che volevano e lo hanno avuto. Ora vogliono che LuAnn torni a Washington per deporre contro di lui.

— A Washington? E quando?

— Domani mattina.

— Allora il nostro incontro quaggiù a Danville salta.

— Per questo ti sto chiamando. Tu e Lisa dovete fare le valigie e mettervi in rotta per Washington. Adesso, Charlie. Potete arrivare in mattinata. L’appuntamento è all’Hoover Building, all’incrocio tra la Nona Strada e Pennsylvania Avenue. Vi aspettano.

— E come la mettiamo con l’accusa di omicidio per LuAnn?

— Ho già sistemato tutto quanto io. Loro beccano Jackson, e LuAnn se ne va libera come l’aria. Immunità completa.

— Cristo, Riggs! È formidabile!… Mi hai dato la notizia più fenomenale degli ultimi dieci anni. LuAnn dov’è? Posso parlarle?

— E all’altro telefono con i Federali. Fammi un favore: devi dire a Lisa che la sua mamma le vuole tanto bene e che non vede l’ora di essere di nuovo con lei.

— Sarà fatto, amico!

Charlie chiuse la comunicazione e cominciò a preparare i bagagli. Cosa non avrebbe dato per vedere la faccia di quel figlio di puttana nel momento in cui l’Fbi gli arrivava addosso. Riempì in fretta la sua borsa da viaggio, e quella di Lisa. Tanto valeva andare a caricare la macchina e lasciare che la piccola dormisse ancora un po’. Con il cuore così leggero come non l’aveva da anni, Charlie aprì la porta della stanza, con le valigie in mano.

Immediatamente si bloccò. Sulla soglia c’era un uomo con un cappuccio nero e una pistola in pugno. Charlie reagì senza un brandello di esitazione, puro istinto, scaraventando entrambe le borse addosso alla sagoma. La pistola finì chissà dove per terra. In una frazione di secondo, il vecchio picchiatore del ring tornò a emergere, come se non avesse mai smesso. Afferrò l’uomo e lo trascinò nella stanza, mandandolo a sbattere contro il muro.

— Salve, Charlie. — Dietro di lui la porta si richiuse.

Charlie riconobbe la voce e si voltò, con una rapidità che colse Jackson di sorpresa. Il doppio ago dello storditore elettrico si conficcò nel suo petto, ma non prima che un ultimo, disperato pugno scaraventasse Jackson contro la porta.

La corrente elettrica continuò a fluire nel corpo di Charlie e nel suo sistema nervoso centrale. L’uomo cadde in ginocchio, mentre sussulti spastici lo scuotevano come una canna al vento. Cercò di resistere a quella forza inesorabile che sembrava trascinarlo sempre più giù, desiderando con tutta la sua volontà di potersi rialzare e distruggere l’avversario, ma il corpo si rifiutava di obbedire ai comandi.

Crollò di traverso, impotente, proprio mentre Lisa compariva sulla soglia della stanza, piccola, indifesa figura pietrificata dal terrore. Tentò un’ultima volta di rialzarsi, o meglio, riuscì solo a pensarlo, mentre Jackson chiudeva la distanza a passi rapidi, afferrava Lisa e le comprimeva una pezzuola sul naso e sulla bocca. Dieci, forse quindici secondi di inutile resistenza e Lisa si abbandonò inerte nella sua stretta, annullata dai vapori di cloroformio. Jackson la scaraventò tra le braccia del suo socio. — Portala nel furgone, e non farti vedere da nessuno.

L’uomo annuì debolmente, con il corpo ancora indolenzito per i pugni di Charlie. Da terra, quest’ultimo lo osservò inerme allontanarsi con Lisa. Poi il suo sguardo si spostò su Jackson, che si inginocchiava di fianco a lui.

— L’hanno preso, amico! — Non era la voce di prima. — Hanno arrestato Jackson! — Era la voce di Riggs!

Incapace di ogni reazione, Charlie poté solo guardare e aspettare.

Tornando al suo tono normale, Jackson disse: — Sapevo che la mia telefonata ti avrebbe fatto abbassare la guardia. Aprire la porta senza nemmeno dare un’occhiata fuori, con tutte e due le mani occupate e senza pistola. Che delusione! E pensare che eri stato così cauto e diligente nel verificare di non essere seguito. Per questo ho sistemato un trasmettitore miniaturizzato in ciascuna delle macchine del garage di Wicken’s Hunt, compresa la tua Range Rover. È materiale molto costoso, sai, Charlie? Spionaggio via satellite. Tu e la bambolina avreste potuto scappare fino in Antartide, ma io vi avrei trovato comunque.

Con un movimento fluido, Jackson sfoderò la micidiale lama di acciaio.

— Lascia che sia più preciso, Charlie: tu non hai la minima importanza. È Lisa che mi interessa, ma solo per far uscire LuAnn dal buco nel quale è tornata a rintanarsi. Lo storditore elettrico è un prodigioso strumento, non sei d’accordo? Uno dei pochissimi che permettano di avere il controllo assoluto sul soggetto da eliminare lasciandolo pienamente cosciente.

Jackson ripose in una tasca l’apparecchio, lasciando gli aghi conficcati nel petto di Charlie. Questa volta non era preoccupato di lasciare tracce. Strappò la manica della camicia di Charlie, scoprendone il braccio fino al bicipite.

— Le scelte sono l’essenza della vita. Dieci anni fa, salendo su quell’aereo con LuAnn Tyler, tu hai compiuto la scelta sbagliata.

In una morsa, il pollice e l’indice di Jackson si serrarono sullo spesso chiasma venoso all’interno del gomito di Charlie, facendo risaltare la ritmica pulsazione circolatoria.

— Gli errori si pagano.

La lama aprì un solco profondo nel braccio di Charlie. Il suo sangue zampillò tino alla parete, disegnando su di essa un macabro affresco.

— L’effetto di paralisi generato dallo storditore ha una durata di circa quindici minuti. Purtroppo, ne basteranno dieci perché il taglio che ho praticato ti conduca alla morte per dissanguamento. È un vero peccato che tu non possa realmente sentire alcun tipo di sofferenza fisica nel vederti morire. Sono però convinto che il senso d’impotenza che proverai compenserà ampiamente questo sgradevole effetto collaterale. D’altra parte, non si può avere tutto. — Jackson si rimise in piedi. — Che la pace sia con te, buon vecchio Charlie. Presenterò i tuoi più affettuosi saluti a LuAnn Tyler un attimo prima di ucciderla. — Jackson pronunciò queste ultime parole con tono deciso; il suo volto era una maschera di odio. Sorrise a Charlie e uscì chiudendosi la porta alle spalle.

Jackson non poteva saperlo, ma i due aghi dello storditore non erano completamente penetrati nel torace di Charlie. Uno era stato intercettato dallo spesso crocefisso d’argento che lui portava al collo, l’altro parzialmente deviato. Cosicché, il voltaggio della scarica che lo aveva folgorato era stato di molte volte inferiore a quello su cui Jackson aveva fatto affidamento. Charlie si trascinò contro la parete e fece ripetutamente forza sulle ginocchia, finché riuscì a mettersi in posizione seduta. Grondando sudore, e con uno sforzo che gli parve inumano, centimetro dopo centimetro riuscì a portarsi le mani al petto e infine a sfilarsi gli aghi dello storditore.

Un calore divorante gli stava consumando le gambe e le ginocchia, ma Charlie tentò ugualmente di forzarle, finché non riuscì a tirarsi su, addossandosi alla parete. Strisciando contro il muro, raggiunse l’armadio e lo spalancò, afferrò con i denti un attaccapanni di legno e, aiutandosi con una mano, ne staccò l’elemento orizzontale destinato ai pantaloni. Strisciò poi sul pavimento e raggiunse il letto. Ancora con i denti, riuscì a stracciare il lenzuolo ottenendone delle strisce. Si legò lo straccio sopra lo squarcio nel braccio e infilò il pezzo di legno che era stato un attaccapanni. Poi cominciò ad applicare la torsione. Giro dopo giro, il flusso del sangue diminuì fino ad arrestarsi.