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— E cioè?

— Se vuoi nascondere qualcosa, mettila sotto gli occhi di tutti, e nessuno la noterà.

Riggs capì immediatamente. — Lisa è là.

— E anche Jackson — concluse Charlie.

Si infilarono in macchina. Mentre Charlie guidava, Riggs estrasse il cellulare e chiamò la polizia, quindi l’Fbi. Con suo grande stupore, fu Masters a rispondere.

— George, è qui! Crane è a Wicken’s Hunt. Vieni subito e porta tutti quelli che puoi. Subito!

LuAnn spalancò la porta ed entrò.

Al centro della stanza, su una sedia, legata e imbavagliata, c’era sua figlia. In sottofondo, il meraviglioso ticchettio della vecchia sveglia. Si chiuse la porta alle spalle e in un attimo fu accanto a Lisa, abbracciata a lei, la tensione sciolta in un sorriso.

Poi il respiro le mancò. Un laccio si era chiuso intorno alla sua gola, all’improvviso. La pistola le sfuggì di mano.

Lisa tentò di urlare, le grida soffocate dal bavaglio. Scalciò contro la sedia, nel disperato tentativo di liberarsi, di correre verso la madre.

Alle spalle di LuAnn, c’era Jackson. Aveva atteso nascosto nell’oscurità che la donna si slanciasse verso la bambina, inconsapevole della sua presenza. Poi aveva colpito. Il laccio era attaccato a un bastoncino di legno, che l’uomo fece ruotare aumentando la stretta. Il viso di LuAnn divenne cianotico, mentre la corda penetrava profondamente nella carne. Tentò di scrollarsi Jackson di dosso con tutta la forza che le rimaneva, scalciando, ma lui riuscì a evitare i colpi. Cercò di allentare la stretta, ma le dita non riuscirono a passare sotto la corda.

Sentì la voce di lui sussurrarle all’orecchio: — Tic-tac, tic-tac. Il tuo orologino, LuAnn, ti ha portato da me, come prevedevo. Ho fatto in modo che tu lo riconoscessi, tenendolo accanto al telefono, mentre parlavo. Sai che mi occupo a fondo dei miei collaboratori, so tutto di loro. Avevo notato questa sveglia fin dall’inizio, quando visitai la roulotte a Rickersville. E poi l’avevo ritrovata qui, quando venni a farti visita, quella sera. Un caro ricordo di famiglia. — Rise. — Come ti sentivi, nell’istante in cui hai creduto di avermela fatta, LuAnn? Felice?

Il sorriso di Jackson si allargò sentendo le forze di LuAnn venire meno. — Ma non dimentichiamo tua figlia. Eccola qui. — Azionò l’interruttore, e la luce violenta illuminò Lisa, protesa verso la madre. — Ti guarderà morire, LuAnn. E poi sarà il suo turno. Per colpa tua ho perso una persona della mia famiglia. Qualcuno a cui volevo bene. Che effetto fa sentirsi responsabile della sua morte? — Continuò a stringere. — Muori, LuAnn. Chiudi gli occhi e lasciati andare. È così semplice. Fallo per me. Anche tu lo desideri, non è vero?

Gli occhi fuori dalle orbite, i polmoni sul punto di scoppiare, LuAnn stava per cedere. Avrebbe dato qualunque cosa per un respiro, per una lunga boccata d’aria. Ascoltando le parole di Jackson, tornò con la mente a un cimitero, e a una scena di molti anni prima. Fallo per papà, LuAnn. È così facile. Vieni da papà. Anche tu lo desideri…

Con la coda dell’occhio vide Lisa piangere in silenzio, osservò la distanza che le separava farsi sempre più ampia, incolmabile. In quel momento, con una forza a lei stessa sconosciuta, proveniente da un luogo profondo del suo animo, LuAnn reagì. Diede uno strattone e si chinò violentemente in avanti, sollevando Jackson dal pavimento e agganciando le gambe di lui con le braccia. Con Jackson aggrappato alla sua schiena come un assurdo cavallerizzo, arretrò fino a mandarlo a sbattere contro il pesante armadio appoggiato al muro.

Jackson urlò di dolore, ma seguitò a stringere. Allora LuAnn cercò la mano ferita di lui, la trovò, infilò le unghie nella piaga, tornò a riaprirla. Jackson urlò di nuovo, e questa volta mollò la presa. Sentendo il laccio allargarsi, LuAnn si contorse e si liberò di lui, scaraventandolo contro la specchiera a parete. Quindi si strappò di dosso il laccio e respirò affannosamente, rantolando, come ubriaca. Quando ebbe ripreso fiato, i suoi occhi velati percorsero la stanza, finché non trovarono Jackson, che strisciava a terra cercando di superare l’accecante dolore alla schiena.

Con un grido spezzato LuAnn gli fu addosso, bloccandolo a terra con le gambe, schiacciandolo contro il pavimento. Le sue mani si chiusero intorno al collo di lui, stringendolo con una forza sovrumana. Jackson guardò quegli occhi iniettati di sangue, e seppe che non sarebbe mai riuscito a sfuggire a quella presa. Roteò gli occhi, la nuca sul punto di spezzarsi sotto la pressione crescente. Le sue mani annasparono sul legno. La destra trovò qualcosa di duro, di mortalmente affilato: una delle schegge dello specchio distrutto. Sollevò il braccio, e il vetro si aprì la strada nella spalla sinistra di LuAnn. La donna urlò ma non abbandonò la presa. Jackson affondò ancora l’arma improvvisata nella carne di lei, più volte, ma LuAnn sembrava non sentire il dolore. Finalmente, con le residue forze rimaste, trovò il punto giusto e colpì. LuAnn crollò all’indietro, un fiotto di sangue che sprizzava dalla lacerazione. Jackson riuscì a darle una ginocchiata al ventre e ad allontanarsi da lei.

Con orrore, LuAnn lo osservò mettersi in piedi, afferrare la sedia sulla quale si trovava Lisa, trascinarla verso la finestra. Si lanciò in avanti nella medesima frazione di secondo in cui Jackson sollevava la sedia per scaraventarla contro la finestra. Le dita di LuAnn si chiusero attorno alla caviglia della bambina. Madre e figlia finirono una addosso all’altra, la sedia che si spezzava sotto di loro.

Jackson si gettò verso la pistola di LuAnn, cercando di impugnarla, ma lei lo raggiunse e gli assestò un calcio in piena faccia, ributtandolo a terra. In lontananza, si udirono le sirene della polizia che si avvicinava. Jackson si tirò su e, arrancando, si slanciò verso la porta.

LuAnn lo lasciò uscire, quindi richiuse la porta dietro di lui. Il viso inondato di lacrime di sollievo, rimosse con delicatezza il nastro adesivo dalla bocca di Lisa, e la sciolse dalle corde che la legavano. Madre e figlia si strinsero l’una all’altra, in un abbraccio che sembrava non dover mai finire. Poi LuAnn si rialzò, impugnò la pistola e sparò due colpi fuori dalla finestra.

Riggs e Charlie stavano discutendo animatamente con gli agenti dell’Fbi di guardia sulla strada che portava a Wicken’s Hunt, quando udirono gli spari. Riggs si infilò nell’auto e partì a razzo, seguito dai Federali.

Jackson si fermò a metà del corridoio, accanto alla camera di Sally Beecham. Vuota. Unica traccia, la pistola per terra. Mentre si chinava per raccoglierla, sentì i colpi soffocati che provenivano dalla cucina. Si trascinò fino alla dispensa e la aprì. Roger Crane ne rotolò fuori, tremante.

— Peter! Grazie al cielo! Quella donna aveva la pistola. Mi ha chiuso qui dentro. Io… io ho fatto tutto quello che mi hai detto.

— Grazie, Roger. — Jackson puntò l’arma contro suo fratello. — Buon viaggio. Porta i miei saluti ad Alicia.

Premette il grilletto. Qualche istante dopo, era già lontano.

Riggs vide l’ombra di Jackson allontanarsi verso il bosco. Balzò fuori dall’auto e lo inseguì, mentre alle sue spalle Charlie, ancora debole, arrancava. Gli uomini dell’Fbi sopraggiunsero qualche istante più tardi, e si diressero all’interno della casa.

Sulle scale incontrarono LuAnn. — Dove sono Matthew e Charlie?

Uno degli uomini indicò un punto del giardino. — Ho visto qualcuno che correva, da quella parte.

Si slanciarono fuori dall’edificio, in tempo per vedere la sagoma di un elicottero stagliarsi contro la pioggia, e atterrare sul prato.

George Masters saltò giù dalla carlinga e si tuffò tra le schiere di poliziotti e di agenti dell’Fbi. In mezzo a loro c’era una donna. — Lei è LuAnn Tyler, vero? E questa è sua figlia.