— Lei ha una macchina, LuAnn? E che cosa dirà Duane in merito? — Nel tono di Jackson era trapelato un misto di ammirazione e di derisione.
— Fregatene di Duane, Jackson. A Duane ci penso io.
— Credo di averla già avvertita sul suo atteggiamento nei miei confronti, LuAnn. In fondo, penso di meritarmelo un minimo di gratitudine. O forse le vengono offerti cinquanta milioni di dollari ogni giorno?
LuAnn serrò la mascella. Cinquanta milioni di dollari, certo. Con la frode! — Mi scusi — disse lentamente. — Solo che, adesso che ho deciso di starci, tutto cambia. La mia vita… La vita di Lisa. E mi vengono un sacco di pensieri.
— Certo, capisco, ma lei continui a non pensare. Si tratterà di un cambiamento molto positivo. Lo sta facendo sembrare la cella di una prigione.
LuAnn riuscì in qualche modo a ricacciare giù il groppo che aveva in gola. — Lo posso prendere oggi quel treno, signor Jackson? Per favore?…
— Attenda un minuto. — LuAnn udì lo scatto della conversazione messa in attesa. Cercò di mettere meglio a fuoco qualcosa sulla strada. Era un’autopattuglia della polizia ferma su un lato, con il radar tachimetrico appoggiato al bordo del finestrino. Istintivamente lo sguardo di LuAnn si spostò sugli indicatori del cruscotto. Stava viaggiando ben sotto il limite di velocità, ma rallentò comunque. Riprese a respirare più liberamente solo dopo essersi lasciata i poliziotti molto indietro.
La voce secca di Jackson la fece sussultare: — L’AmTrak Crescent arriva alla stazione di Atlanta alle sette e quindici di questa sera. Raggiungerà New York alle ore una e trenta di domani pomeriggio. Sono circa due ore di guida da Rikersville ad Atlanta. — Jackson fece una breve pausa. — Immagino che le servirà del denaro per il biglietto. Più altri fondi addizionali per… chiamiamole piccole necessità di viaggio.
LuAnn annuì inconsciamente: — Sì, altri soldi… — e di colpo si sentì sporca dentro, lurida come una prostituta che chiede una mancia extra per qualche laida prestazione in più.
— C’è un ufficio della Western Union accanto alla stazione — riprese Jackson. — Trasferirò là cinquemila dollari a suo nome.
LuAnn deglutì nell’udire la cifra, percependo con quanto distacco e quanta naturalezza Jackson disponeva di denaro.
— Lei ricorda la mia offerta iniziale, LuAnn? Considereremo questi cinquemila dollari come un compenso per un lavoro ben fatto. Per riscuoterli dovrà semplicemente mostrare un documento d’identità.
— Ma io non ce l’ho.
— Anche la patente di guida o il passaporto vanno bene. Alla Western Union non serve altro.
— Passaporto? — ripeté LuAnn soffocando una risata piena di amarezza. — E a cosa serve un passaporto per andare da una roulotte nei boschi al supermercato? E poi non ho nemmeno la patente.
— Ma lei ha in mente di andare ad Atlanta in auto, se non vado errato. — LuAnn trovò quasi comico il tono stupito e quasi ansioso di Jackson. Un uomo che stava pianificando una formidabile frode, ma che al tempo stesso trovava difficile accettare che si potesse guidare senza patente.
— Lei non immagina quanta gente se ne frega di avere o no i documenti.
— Tagliamo corto: lei non potrà avere quei soldi senza un documento.
— Lei è qui vicino, signor Jackson?
— LuAnn, la mia unica ragione di permanenza nella ridente cittadina di Rikersville era il mio incontro con lei. Concluso l’incontro… — Jackson fece un’altra pausa, e quando riprese, la sua voce era venata di contrarietà. — Bene, allora sembra proprio che ci sia un problema.
— Quant’è che costa il biglietto del treno?
— Circa millecinquecento dollari.
LuAnn strinse i denti. Dove mai avrebbe potuto trovare… Ma di colpo le venne in mente Duane, e il suo gruzzolo di soldi sporchi. LuAnn fermò nuovamente la macchina sul ciglio della strada, posò il ricevitore, frugò sotto i sedili e trovò una borsa di cuoio marrone. Era zeppa di banconote. Abbastanza da comprare non un solo posto per New York ma l’intero treno per New York.
— Okay, signor Jackson… C’è questa donna che lavora insieme a me, e suo marito le ha lasciato dei soldi quand’è morto. Posso chiedere a lei i soldi del treno. Tipo un prestito. Lei me li dà sicuramente. E con i soldi in contanti quelli della ferrovia non me li chiedono i documenti, giusto?
— Nella nostra società il denaro è sovrano, LuAnn. Sono certo che l’AmTrak le troverà una confortevole sistemazione. Si limiti a non usare il suo vero nome. Scelga un nome semplice ma che al tempo stesso non suoni falso. Ora vada a comprare il biglietto della Lotteria Nazionale e mi richiami immediatamente. Sa come arrivare fino ad Atlanta?
— È un posto bello grande. Lo troverò.
— Indossi qualcosa che le mascheri il viso. Foulard, occhiali scuri. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento è che lei venga riconosciuta prima dell’estrazione.
— Questo lo capisco, signor Jackson.
— Lei è quasi in porto, LuAnn. Congratulazioni.
— Non ho tanta voglia di fare festa.
— Le verrà. Avrà un’intera vita per fare festa.
LuAnn posò il telefono e si guardò intorno. I finestrini erano affumicati, era improbabile che qualcuno l’avesse riconosciuta, ma comunque non poteva continuare a correre quel rischio. Doveva disfarsi di quella macchina da pappone. E farlo anche in fretta. Il problema era dove. LuAnn non voleva che la vedessero smontare. Una donna alta, dalla faccia striata di sangue secco che trascina una bambina in fasce fuori da una quattro ruote zeppa di cromature, e con sul cofano un fregio pornografico. Non esattamente il ritratto della brava mammina americana. Ma all’improvviso le balenò un’idea. Forse un tantino pericolosa. In ogni caso non c’era alternativa.
LuAnn eseguì un’inversione a U e accelerò. Impiegò una ventina di minuti per arrivare allo sterrato che s’inoltrava tra i boschi. Allungò il collo e scrutò in avanti, oltre il dosso. Finalmente vide la roulotte. Nessun altro veicolo. Nessun movimento. Ma il corpulento figlio di puttana poteva essere ancora in agguato, pronto a metterle nuovamente le mani intorno al collo, pronto a sollevare nuovamente la lama su di lei.
— Se vedi lo stronzo che viene fuori — disse LuAnn ad alta voce a se stessa — lo stiri come uno straccio sotto queste due tonnellate di ferraglia.
La macchina si fermò davanti alla roulotte. Tutto era fermo. LuAnn abbassò il finestrino e rimase in ascolto. Nessun suono, né dentro né fuori la Airstream. Tolse un fazzolettino di carta dalla borsa di Lisa. Ripulì metodicamente il volante, le maniglie e il telefono cellulare. Poi tutte le superfici che aveva toccato, o che credeva di aver toccato, all’interno dell’auto. Anche lei aveva guardato alcuni episodi di America’s Most Wanted, il famoso programma televisivo in cui il pubblico poteva aiutare a catturare pericolosi criminali in fuga. Anche lei aveva imparato qualche trucco. E se ci fosse stato meno pericolo, sarebbe anche entrata nella roulotte e avrebbe ripulito il telefono. Ma era inutile. In quel lercio rimorchio ci aveva vissuto per oltre due anni, le sue impronte erano dappertutto.
LuAnn scese dalla macchina, infilò nel seggiolino portatile di Lisa tutto il contante che le riuscì di far entrare. Cercò di sistemarsi alla meglio la maglietta strappata, con il braccio funzionante afferrò il seggiolino con Lisa e si incamminò per la radura, in direzione della stradina.
Dall’interno della roulotte, due occhi scuri stavano osservando la frettolosa partenza di LuAnn, cogliendone ogni dettaglio. Quando all’improvviso lei si girò per gettare tutt’intorno uno sguardo circospetto, l’uomo arretrò d’istinto in un ritaglio di tenebre più fitte. LuAnn Tyler non lo conosceva, ma non era il caso di correre rischi. La mano destra scese ad appoggiarsi sul calcio della 9mm semiautomatica infilata nella cintura dei pantaloni, sotto il giubbotto di pelle chiuso a metà. Fuori, LuAnn Tyler e sua figlia stavano scomparendo oltre la sommità del dosso.