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Facendo bene attenzione a non mettere i piedi nelle pozze di sangue, l’uomo tornò ad avvicinarsi ai due uomini a terra. Era arrivato nel momento migliore, trovando il bottino di una battaglia che non aveva neppure dovuto combattere. Meglio di così… Tirò fuori di tasca una larga busta di plastica e la riempì con le bustine contenenti la droga, raccogliendole dal tavolino e dal pavimento. Si bloccò, e dopo averci pensato un attimo decise di lasciarne almeno metà là dove le aveva trovate. L’avidità è sempre una pessima consigliera. Quei due avevano lavorato per un’organizzazione. Nel momento in cui quella gente avesse appreso che la polizia non aveva trovato droga nella roulotte, quelli per il lavoro sporco si sarebbero messi alla ricerca di chi l’aveva presa. Ma se fosse mancata solamente metà della polvere bianca, avrebbero fatto l’ipotesi dei poliziotti marci. Ipotesi tutt’altro che campata in aria.

Vicino alla mano dell’uomo grasso, notò un pezzetto di tessuto strappato. Proveniva della maglietta della donna. Lo raccolse e se lo mise in tasca. Adesso la donna era in debito verso di lui. Poi osservò quanto restava del telefono e le posizioni dei corpi, dov’era caduto il coltello e le infossature che la colluttazione aveva causato nella parete della roulotte. La donna doveva essere arrivata nel bel mezzo della lotta tra i due uomini. Il grasso aveva inchiodato il magro. E la donna, in qualche modo, aveva inchiodato il grasso. Considerando l’enorme mole di questo, la sua ammirazione per la donna crebbe notevolmente.

Come se avesse udito quel commento, l’uomo grasso ebbe un lento movimento. Senza alcun indugio, il nuovo arrivato prese uno straccio da cucina, impugnò il coltello e glielo affondò nel petto. Una volta, due, tre. Altro sangue dilagò da quel ventre da bevitore di birra. La sue dita artigliarono la moquette lurida, ultimi spasmi di una breve agonia. Per un estremo, interminabile istante tutto il suo corpo s’irrigidì nella contrazione conclusiva, poi si rilasciò. Le dita tornarono ad aprirsi, le palme aperte appoggiate al pavimento. La faccia era girata di lato, e un unico occhio privo di vita fissava il vuoto.

Poi toccò a Duane Harvey. L’uomo rovesciò sulla schiena il suo corpo apparentemente inerte. Difficile vedere nella semioscurità se il suo torace effettivamente si muovesse. Non aveva importanza. Gli tagliò la gola da un orecchio all’altro.

Un attimo dopo era fuori dalla Airstream, attraversando la radura e i suoi relitti fino all’interno della fitta penombra della foresta.

Si fermò vicino alla sua auto, parcheggiata su un sentiero abbandonato che serpeggiava nel folto. Era una pista difficile, sconnessa, ma quello che contava era che lo avrebbe riportato sulla strada principale in tempo per riacquisire il suo bersaglio primario: LuAnn Tyler.

Non appena salì in macchina, il telefono dell’auto si mise a suonare. L’uomo afferrò il ricevitore.

— Il suo compito è da considerarsi concluso — disse la voce di Jackson.

— Concluso?

— Lei mi ha capito esattamente, signor Romanello. Il contratto che riguarda LuAnn Tyler è ufficialmente annullato. Il saldo del suo compenso le perverrà secondo i consueti canali. La ringrazio per la proficua collaborazione. Non mancherò di tenerla in considerazione per opportunità future.

La mano di Anthony Romanello si serrò intorno al ricevitore. Si domandò se doveva dire a Jackson dei due cadaveri nella Airstream e decise prontamente di no. Perché pareva essersi imbattuto in qualcosa di molto interessante.

— Ho visto la bambolina che se ne andava via a piedi — riferì Romanello. — Ma non mi dava l’aria di qualcuno con i soldi per fare molta strada.

— Per quella bambolina, signor Romanello — disse Jackson con tono divertito — i soldi saranno l’ultima delle preoccupazioni. — E riagganciò.

Romanello si rilassò contro lo schienale e considerò per un momento tutta la faccenda. Tecnicamente, lui aveva finito. Poteva tornare a casa e aspettare che il resto dei suoi soldi arrivasse. Ma stava succedendo qualcosa di strano. Il fantomatico signor Jackson lo aveva spedito in quel buco a far fuori una puttanella di campagna e poi aveva cancellato il contratto all’ultimo momento. E intanto si era lasciato scappare un’allusione ai soldi. Tanti soldi. Putacaso, proprio uno degli argomenti che più stavano a cuore ad Anthony Romanello. Girò la chiave e avviò il motore.

Aveva tutte le intenzioni di non lasciarsi sfuggire LuAnn Tyler.

9

La toilette del distributore di benzina puzzava di carburante.

LuAnn Tyler cercò di rimettersi in sesto. Ripulì la ferita al mento, tolse un cerotto dalla borsa che conteneva i pannolini di Lisa e lo applicò sul taglio. C’era un minimarket della 7-Eleven presso il distributore. Mentre Lisa si scolava il biberon, LuAnn comprò della pomata contro le contusioni e della garza.

Acquistò anche il biglietto della lotteria.

Non volle che a stabilire la combinazione fosse la macchina, e scelse una sequenza ottenuta dalle date del suo compleanno e di quello di Lisa.

— Vuoi saperne una, LuAnn? — Il cassiere del minimarket era un suo amico, un ragazzo di nome Bobby. — La gente ne ha comprati a quintali di quei biglietti lì.

— Quant’è il montepremi?

Bobby accennò al cerotto e domandò: — Cosa ti è successo?

— Mi sono tagliata radendomi.

Lui sogghignò.

— Allora — lo incalzò LuAnn. — Quel montepremi?

— Sessantacinque milioni di dollari. — Gli occhi di Bobby mandarono lampi di cupidigia. — E continua a salire. Ne ho comprati una dozzina anch’io. Non so, ma ho un certo presentimento, LuAnn. Te lo ricordi quel film in cui il poliziotto dà alla cameriera metà del biglietto vincente della lotteria? Be’, se vinco io, metà la do a te. Potessi morire.

— È proprio una bella idea, Bobby. E cosa devo fare di preciso per avere tutti quei soldi.

— Ma sposarmi, è chiaro! — Bobby le tese il biglietto che lei aveva appena comprato. — E che te ne pare di darmi la metà se vincerai tu? Sposarci ci sposiamo lo stesso.

— Questo me lo gioco per conto mio. E poi, non sei forse fidanzato con Mary Anne Simmons?

— Lo ero… fino alla settimana scorsa. — Bobby se la stava mangiando con gli occhi. — Quant’è idiota quel Duane!

LuAnn spinse il biglietto bene in profondità nella tasca dei jeans. — Lo vedi spesso?

— Naah, ultimamente si fa i fatti suoi — rispose Bobby scuotendo il capo. — Ho sentito che va spesso dalle parti della Contea di Gwinnett. Per affari o cose del genere.

— Che tipo di affari?

— Senti, che cosa combina Duane non lo so e non lo voglio sapere — rispose Bobby scrollando le spalle. — Io ho di meglio da fare che pensare a Duane Harvey.

— Sai per caso se Duane ha fatto soldi?

— Adesso che ci penso, un paio di sere fa faceva vedere un sacco di grana. Ho pensato che magari aveva vinto alla lotteria. E se ha vinto sul serio, credo proprio che mi sparerò un colpo. — Bobby allungò una mano e fece una carezza a Lisa. — Quanto ti somiglia! Ehi, LuAnn, se poi cambi idea sul fare a metà e sposarci, fammi un fischio, okay? Qua io finisco alle sette.

— Ci vediamo, Bobby.

LuAnn si diresse verso un telefono pubblico fuori dal minimarket e compose il numero di Jackson. Questa volta lui rispose al primo squillo.

— Ha i numeri, LuAnn?

Lei gli lesse le dieci cifre del biglietto, udendo all’altro capo del telefono un frusciare di carta mentre l’uomo prendeva nota.