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L’ultima sconfitta risaliva alla notte appena trascorsa. Duane Harvey che rientra barcollando alle quattro del mattino, come sempre ubriaco fradicio. Duane Harvey che in qualche modo si trascina fuori dai propri abiti intrisi di sudore etilico. Duane Harvey che crolla sul letto sfatto dopo averli sbattuti via come stracci.

LuAnn sapeva che era esistita una notte, un’unica notte, in cui Duane Harvey non era rientrato ubriaco marcio, e quell’unica notte aveva generato Lisa. Per un brevissimo momento, alcune lacrime scintillarono negli occhi blu profondo di LuAnn. Scintillarono soltanto. LuAnn Tyler aveva ormai cessato di perdere tempo con le lacrime, specialmente con le proprie. All’età di vent’anni, pensava di aver già pianto abbastanza lacrime da bastarle per il resto della vita.

Tornò a guardarsi nello specchio incrinato. Estrasse le forcine con la mano destra, una dopo l’altra, lasciando che Lisa giocasse con la sinistra. I capelli ricaddero all’indietro, e una frangia sbarazzina le scese spontaneamente sulla fronte, fino alle sopracciglia. Era il medesimo stile che l’aveva accompagnata durante gli anni delle medie, epoca nella quale lei e tanti suoi compagni di classe avevano fatto la scelta decisiva di mollare la scuola e di mettersi a lavorare. L’idea di fondo era che la paga settimanale batteva di gran lunga la scocciatura degli obblighi scolastici. Nel tempo, si era rivelata una scelta sbagliata. Ma per LuAnn, era stata l’unica comunque praticabile. Metà di quello che guadagnava era andata per mantenere i suoi genitori, cronicamente disoccupati. L’altra metà per pagare ciò che i suoi genitori non erano in grado di darle: cibo, vestiti, e altre inezie del genere.

LuAnn si tolse l’accappatoio sdrucito scoprendo il proprio corpo, sempre tenendo d’occhio la forma immobile di Duane. Ci mancava anche che si svegliasse e che gli venissero certe idee. Rapidamente infilò le mutandine. Negli anni dell’adolescenza, per i ragazzi del posto la sua figura prorompente era stata una sollecitazione irresistibile. Qualcosa che aveva prodotto testosterone ben prima che l’ordine naturale delle cose consentisse il loro ingresso ufficiale nel mondo della virilità. LuAnn Tyler: apprendista stellina del cinema.

Molti degli abitanti di Rikersville, Georgia, avevano considerato a lungo il brillante futuro che la aspettava. Benedetta ragazza. Non era fatta per languire lì, in quel buco dimenticato da tutti e da tutto, bastava un’occhiata per capirlo. Questo avevano sentenziato le rugose e sformate donne di Rikersville, sedute sotto i loro porticati in rovina. Quella sua bellezza naturale e radiosa sarebbe approdata ben lontano da Rikersville. New York, dicevano le donne sformate. O addirittura Los Angeles. Anzi, Hollywood. Ma certo. Qualcuno, chiunque fosse mai quel qualcuno, avrebbe sicuramente finito con l’accorgersi della loro LuAnn. Era solamente una questione di tempo. Ma quel tempo non era mai arrivato.

LuAnn Tyler non era mai andata né a New York, né a Los Angeles, né da nessun’altra parte. Era ancora a Rikersville, il medesimo buco nel quale era nata e nel quale aveva trascorso tutta la sua esistenza. Non aveva mai avuto la possibilità di fare ciò che avrebbe voluto. Così, visto che nessuno era apparso a reclamarla per altri orizzonti, lei ora sentiva di essere stata una specie di sotterranea delusione per le donne sformate. E anche per tutti gli altri. Ma né le donne sformate né tutti gli altri sapevano che lei non era mai stata interessata a giacere nuda accanto all’ultimissimo supermacho tutto muscoli e ormoni appena sfornato da Hollywood. E neppure era mai stata interessata a sculettare sulla passerella di una sfilata di alta moda. Di tutto ciò non le era mai importato niente. LuAnn infilò il reggiseno, continuando a studiare la propria immagine nello specchio incrinato. Diecimila o ventimila dollari al giorno solamente per indossare roba simile e farsi vedere sotto i riflettori. In effetti, come opportunità non era male.

Il suo volto. E il suo corpo. Qualcosa su cui Benny Tyler aveva spesso fatto commenti. Sensuale, diceva, dalle forme piene. E ne parlava come se fossero aspetti completamente avulsi da lei: un’oca con un corpo da favola. Grazie al cielo, le attenzioni di paparino non si erano mai spinte al di là di quelle considerazioni verbali. Parecchie volte, con gli occhi spalancati nel cuore della notte, a LuAnn era capitato di domandarsi perché Benny Tyler non ci avesse mai provato. Forse per mancanza di coraggio? Oppure gli era mancata l’occasione giusta? LuAnn non aveva trovato una risposta. Eppure quella domanda maledetta continuava a contorcersi dentro di lei, simile a un uncino intento a scavare nelle regioni più profonde e più oscure del suo subconscio. Ma Benny Tyler era morto e sepolto. A che scopo fare un processo alle intenzioni di un morto?

LuAnn esaminò il contenuto del piccolo armadio della Airstream. Possedeva un unico vestito in qualche modo adatto all’occasione di quel giorno. Blu scuro a manica corta, con il collo bordato di bianco. LuAnn ricordava ancora il giorno in cui lo aveva comprato. Era stato due anni prima. Tutto il suo stipendio della settimana andato in fumo: sessantacinque dollari. Non aveva mai più ripetuto quella follia, anzi quello era stato l’ultimo vestito che si era comprata. Con il tempo la stoffa si era consumata sui bordi, cosi LuAnn, armata di ago e filo, aveva compiuto ottimi lavori di restauro. E così aveva fatto con il suo unico paio di scarpe con il tacco alto. Era rimasta alzata fino a tardi, a scurire con la matita copiativa i punti nei quali il cuoio si era spellato. Tra l’altro erano scarpe marroni, che con il vestito blu non c’entravano niente, ma non aveva scelta. A meno che non avesse ripiegato su ciabatte di gomma o scarpe di tela. E per l’occasione di oggi, ne le une né le altre potevano andar bene. LuAnn avrebbe messo sì le scarpe di tela, ma solo per farsi a piedi i due chilometri di strada sterrata fino alla fermata dell’autobus sulla statale.

Un singolo filo di perle, ovviamente finte, regalo di compleanno da parte di un vecchio ammiratore, venne allacciato a circondare il collo scultoreo. Eorse c’era una possibilità che quell’appuntamento rappresentasse una svolta. Impossibile esserne certi. Ma la speranza che in qualche modo lei e Lisa potessero lasciarsi alle spalle i troppi Duane del mondo pulsava senza sosta nella sua mente.

LuAnn trasse un respiro profondo. Aprì la cerniera lampo di una delle tasche della borsetta, ne estrasse un foglietto di carta piegato.

Jackson.

Solamente Jackson. Più un orario e l’indirizzo di un ufficio al centro commerciale di Rikersville.

La telefonata del signor Jackson era arrivata alla mattina presto. LuAnn era appena rientrata dal micidiale turno da mezzanotte alle sette alla Number One Truck Stop, la tavola calda per camionisti presso la stazione di servizio dell’interstatale. Quando il telefono aveva squillato, lei per poco non aveva rinunciato a tirare su il ricevitore. Era seduta sul pavimento della cucina della Airstream, le palpebre serrate, le piccole labbra di Lisa premute su uno dei suoi capezzoli. E non solo le labbra. Lisa stava cominciando a mettere i primi dentini e a LuAnn pareva che non potesse esistere tortura peggiore. Nessuna scelta nemmeno qui: il latte in polvere era troppo costoso, e nella roulotte non c’era altro latte.

Il telefono squillava, ma LuAnn non aveva questa grande voglia di rispondere. Si sentiva a pezzi. Facendo la cameriera al Number One, non si fermava mai un momento. Lisa, nel suo seggiolino imbottito, veniva sistemata sotto il bancone, e quando non dormiva giocava con una bottiglia di plastica. Tutto questo era possibile perché fortunatamente LuAnn era simpatica al direttore, che le permetteva di portarsi dietro la bambina senza crearle noie.

Erano in pochi a telefonare alla roulotte, e quasi sempre si trattava dei buzzurri amici di Duane, i quali proponevano prima una bella bevuta e poi una spedizione sull’interstatale per fregare sedili e pneumatici dalle macchine finite in panne. Ma non poteva essere nessuno di quegli stronzi, troppo presto. Alle sette del mattino stavano ancora smaltendo il pieno di alcol della notte prima.