— E negli ultimi due anni — continuò Jackson — per la maggior parte il suo domicilio è stato una roulotte situata nella parte occidentale di Rikersville. Convivendo in essa con tale Duane Harvey, individuo di collocazione professionale incerta, attualmente disoccupato.
Jackson la stava perforando con lo sguardo da parte a parte. Non stava facendo domande, non stava cercando conferme. Elencava dei dati di fatto, punto e basta. LuAnn si limitò a sostenere quello sguardo.
— Duane Harvey è il padre di sua figlia, Lisa Marie, età otto mesi. Lei ha abbandonato la scuola senza completare la seconda classe media. Da quel momento in poi ha avuto numerosi impieghi, tutti al minimo sindacale, tutti lavori che possono essere definiti, mi consenta, altrettanti vicoli ciechi. Al tempo stesso, lei ha dato prova di essere una giovane donna dal brillante intuito, e di essere dotata di non comuni abilità di sopravvivenza in questo nostro mondo ostile. Nulla è per lei più importante del benessere di sua figlia. Al momento, signorina Tyler, lei è alla disperazione.
LuAnn serrò la mascella. Che accidenti stava succedendo, lì dentro?
— Lei vuole disperatamente cambiare la sua vita. E vuole altrettanto disperatamente lasciarsi questo Duane Harvey alle spalle. Al momento, lei si sta domandando in quale modo riuscire a ottenere l’una e l’altra cosa. La realtà è che lei non ha, e verosimilmente non avrà nemmeno in futuro, i mezzi finanziari per uscirne. Lei è in trappola, signorina Tyler. Non solo…
Jackson continuò a fissarla dal lato opposto della scrivania.
— Lei è molto prossima alla fine del viaggio.
— Ma come si permette? — LuAnn schizzò in piedi, le guance in fiamme. — Che diritto crede di…
— Lei, signorina Tyler — la interruppe duramente Jackson — ha deciso di venire a questo incontro perché io le ho offerto più soldi di quanti lei ne abbia mai guadagnato prima d’ora.
— Com’è che sa tutte queste robe su di me?
Prima di rispondere, Jackson la studiò per un lungo momento. — A essere franco, signorina Tyler, è nel mio interesse sapere quanto più possibile delle persone con le quali intendo mettermi in affari.
— Ah, sì? E cosa c’entrano tutte queste cose su di me con le mie opinioni sulle analisi demi… deme…
— Demografiche, signorina Tyler. È molto semplice: per stabilire in quale modo valutare determinate opinioni, è importante che io conosca intimamente il possessore di quelle medesime opinioni. — Jackson si alzò a sua volta. — Vale a dire lei, signorina Tyler. È importante che io sappia chi è lei, che cosa vuole, che cosa sa. O non sa. Le cose che a lei piacciono, che a lei non piacciono. I suoi pregiudizi, i suoi punti di forza, i suoi punti deboli. Tutti noi li abbiamo, in un modo o nell’altro. In nuce, se io non so tutto di lei, significa che non ho fatto bene il mio lavoro.
Jackson aggirò la scrivania e le si parò di fronte.
— Se lei ritiene che io l’abbia offesa, le chiedo di accettare le mie scuse. Mi rendo conto di essere forse troppo diretto. Ma non volevo farle perdere tempo.
L’improvviso livore di LuAnn si dissipò, rapido com’era venuto: — Be’, visto che la mette in questo modo…
— È esattamente questo il modo in cui la metto, LuAnn. Lei mi permette di chiamarla LuAnn, non è vero?
— È il mio nome, no? — disse bruscamente LuAnn tornando a sedersi. — Be’, io non voglio sprecare neanche il tuo, di tempo. Cosa mi dice delle ore? Le va bene al pomeriggio?
Jackson le voltò le spalle per tornare al lato opposto della scrivania. — La parola, LuAnn, è sogno.
— Cosa?
Jackson sedette alla scrivania. Con estrema lentezza, fece scivolare le palme delle mani sul piano di legno pieno di fessure.
— Ha mai sognato la ricchezza, LuAnn?
La guardò. Con più intensità di quanto non avesse fatto dal momento in cui lei era entrata nell’ufficio.
— Ha mai sognato di essere ricca, LuAnn, addirittura al di là dei suoi stessi sogni? Ha mai sognato di potersi permettere qualsiasi cosa, qualsiasi cosa lei e sua figlia abbiate mai potuto immaginare, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento? Ha mai sognato tutto questo, LuAnn?
LuAnn scoppiò a ridere. E continuò a ridere finché non incrociò lo sguardo di lui. Glaciale, impassibile. Non c’era alcun divertimento in quegli occhi, né alcuna diffidenza, né alcuna simpatia. Solo l’intenso desiderio di udire una risposta.
— Che diavolo, ma certo! — esclamò lei. — E chi non ha mai avuto un sogno così?
— A tutti gli effetti, LuAnn, coloro i quali già annegano nel denaro non hanno bisogno di un tale sogno. Al tempo stesso, lei ha ragione: statisticamente parlando, in un modo o nell’altro la maggior parte della gente sogna la ricchezza. Il vero problema è che quella fantasia non si trasforma mai in realtà. E questo perché, sempre statisticamente parlando, non può trasformarsi in realtà.
— Stia a sentire — disse LuAnn sfoderando un sorriso disarmante — cento dollari al giorno non sono poi mica tanto male.
Jackson ebbe un breve colpo di tosse per schiarirsi la gola. E a quel punto pose la domanda: — Ha mai giocato al lotto, LuAnn?
Lei fu colta alla sprovvista, ma rispose prontamente. — Ogni tanto. Tutti quanti giocano al lotto da queste parti. Ma può essere una cosa costosa. Duane gioca ogni settimana, certe volte si gioca anche la metà della paga… Quando ce l’ha, una paga. E non è mica tanto spesso. Lui dice sempre che vince. Gioca ogni volta gli stessi numeri. Dice che li ha visti in sogno. Per me è tutta una cretinata. Perché me lo chiede?
— Ha mai giocato alla Lotteria Nazionale?
— Cioè quella per tutta l’America?
Jackson annuì lentamente, gli occhi fissi in quelli di lei. — È esattamente quello che voglio dire.
— Una volta, magari due. Ma vincere è così difficile che ci sono più probabilità che io vado a camminare sulla Luna.
— Lei ha perfettamente ragione, LuAnn. Questo mese, infatti, la probabilità di vincere è approssimativamente una su trenta milioni.
— Lo dicevo! Allora preferisco fare il gratta e vinci. Che lì, almeno, venti dollari posso anche portarmeli a casa. Non serve a niente buttare via soldi buoni dietro una cosa del genere, specialmente se di quei soldi buoni ce ne hai pochi.
Jackson si passò la lingua sulle labbra e appoggiò i gomiti sulla scrivania nel protendersi verso di lei. — Che cosa mi risponderebbe, LuAnn, se io le dicessi di avere il potere di aumentare drasticamente le sue probabilità di vincere la Lotteria Nazionale degli Stati Uniti?
— Che cosa?
Jackson rimase in silenzio.
LuAnn diede un’altra occhiata in giro, quasi alla ricerca di una candid camera nascosta. — Cosa c’entra questo col lavoro da cento dollari al giorno, signor Jackson? Guardi che io non sono mica venuta qua per fare giochini scemi.
— Infatti. E allora che cosa mi risponderebbe, LuAnn — insistette Jackson, imperterrito — se io le dicessi di avere il potere di aumentare quell’unica probabilità fino ad assicurarle, ripeto, assicurarle la totalità della vincita?
— Me che roba è questa? — esplose LuAnn. — Tipo uno scherzo da scemi?
— Sarebbe pronta a farlo, LuAnn? Sarebbe pronta a diventare uno dei vincitori della Lotteria Nazionale degli Stati Uniti?
— La vuol sapere una cosa? È che conosco bene Duane, altrimenti mi veniva da pensare che l’aveva messo in piedi lui questo scherzo! Farà meglio a dirmi quello che c’è sotto, prima che m’incazzo proprio!