Si fermò di fronte a uno degli edifici più notevoli del quartiere, un vero e proprio castello urbano di tre piani, protetto da un muro di mattoni alto circa un metro, sormontato a sua volta da una recinzione di ferro battuto nero. Thomas Donovan aveva le chiavi di quel castello, quella della cancellata del muro esterno e quella della massiccia porta principale in legno di quercia.
La governante, in uniforme ben stirata, apparve all’istante, pronta a prendere il suo impermeabile gocciolante.
— Dico alla signora che lei è qui, signor Donovan.
Aveva parlato con il giusto grado di deferenza. Ah, le delizie dei ricchi. Donovan era di origini modeste, ma in certe occasioni non gli dispiaceva affatto crogiolarsi nell’abbraccio dorato del lusso. Cuore a sinistra, portafoglio a destra. Una contraddizione intrinseca che in gioventù gli era pesata, ma con il tempo aveva smesso di dargli fastidio. Con il tempo, i vari strati del senso di colpa finiscono sempre per venir via come gli strati di una cipolla.
Donovan passò in un elegante salotto, si soffermò di fronte al calore che emanava il caminetto acceso, infine raggiunse un mobile-bar e si versò uno scotch robusto.
— Mi sei mancato, Thomas.
La donna gli si fece accanto, fece scivolare le braccia attorno al suo collo e si esibì in un bacio appassionato. Lo invitò a sedersi su un ampio divano sistemato contro la parete. Le loro ginocchia si sfiorarono quando lei gli si accomodò vicino.
— Mi sei mancato molto.
Alicia Crane, ricca in modo non ostentato, sofisticata in modo discreto, perla dell’alta società di Washington. Vestiva abiti costosi e firmati, così come i gioielli. Nell’avvicinarsi ai quarant’anni, i capelli biondi stavano cominciando ad assumere le vaghe sfumature della cenere, incorniciando lineamenti fini e grandi occhi bruni. Non era una bellezza nel senso tradizionale, ma la raffinatezza l’aveva comunque trasformata in una presenza piacevole. In uno dei suoi giorni migliori, Alicia Crane sarebbe stata definita molto ben messa.
— Anche tu mi sei mancata, Alicia — replicò Donovan accarezzandole una guancia.
— Non mi piace che tu te ne vada chissà dove senza che io ne sappia nulla. Lo sai questo, no?
La voce di Alicia era perfettamente in linea con il resto della sua persona. Acculturata, misurata, la dizione lenta e cadenzata. Forse addirittura troppo formale per una donna ancora relativamente giovane.
Donovan le sorrise. — Andare chissà dove è uno degli incerti del mestiere, Alicia — le sorrise. — Che tu riesci a rendermi ancora più difficile.
Thomas Donovan, giornalista d’assalto, alfiere delle cause perse del proletariato, era attratto da Alicia Grane. Una donna a posto, che non si dava arie, che non aveva la spocchia di tutti quei buffoni dotati di conti in banca troppo grassi che popolavano gli altri castelli di Georgetown.
— Dimmi anche un’altra cosa, Thomas — lo sorprese lei, passandogli una mano sulla guancia liscia. — Perché ti sei rasato la barba?
— Paranoie della mezza età — ci rise sopra lui. — Gli uomini hanno la loro, di menopausa.
— Andropausa.
— Più o meno. — Donovan si grattò il mento. — Io dico che non avere più la barba mi toglie almeno dieci anni, che te ne pare?
— Con o senza, resti sempre un bell’uomo. Mi ricordi un po’ mio padre.
— È un complimento?
— È il massimo dei complimenti. Mio padre quando era giovane, naturalmente.
— Grazie per la precisazione.
— Dico a Maggie di farti preparare qualcosa per cena — disse Alicia prendendogli una mano tra le sue.
— Ti ringrazio. E dopo, in tutta franchezza, un bagno caldo non ci starebbe male.
— Naturalmente. Odio la pioggia d’autunno. — Alicia esitò. — Quando dovrai ritornare al lavoro? Pensavo che potremmo fare una scappata alle Bahama. Il tempo laggiù è splendido in questa stagione.
— È una bellissima idea… Ma non è possibile. Da domani sono di nuovo in pista.
Lei guardò altrove, chiaramente delusa. — Capisco.
— Alicia, oggi c’è stato uno sviluppo notevole. — Donovan le baciò la fronte. — Uno sviluppo che davvero non mi aspettavo. Da parte mia, è stato un rischio. Che però è valsa la pena di correre.
Nella memoria di Donovan tornò lo sguardo da animale braccato degli occhi di LuAnn Tyler.
— Sai, Alicia, tu segui una pista, ma non sai mai se porterà da qualche parte. Altri incerti del mestiere.
— È meraviglioso, Thomas, sono felice per te. Ma non ti starai esponendo a rischi personali, vero?
— I salti mortali senza rete li lascio fare ai pivelli — la tranquillizzò lui.
L’espressione sul viso di Alicia gli ricordò quella di una bambina che ascolti le imprese del suo supereroe preferito. Donovan si crogiolò nell’idea. Chi non lo avrebbe fatto? Chi non aveva bisogno di un minimo di adulazione? Le sorrise con calore, continuando a stringerle la mano tra le sue.
— Senti, Alicia, arrivo in fondo a questa storia e ci prendiamo una bella vacanza. Promesso. Tu e io. In un bel posto caldo. Sole, spiaggia, drink e barche a vela. C’è stato un tempo in cui non andavo male con quelle tinozze senza remi e senza motore. E non c’è altra persona con la quale vorrei riprovare tranne te. Che te ne pare?
Alicia appoggiò la testa sulla sua spalla. — È meraviglioso.
30
— Che razza di conclusione devo trarre, LuAnn, che non ti fidi più di me?
— Che razza di discorso mi stai facendo, Charlie?
— Ti avevo detto che mi sarei occupato io della cosa, sì o no?
— Charlie era pieno di rabbia e di frustrazione. — Matthew Riggs a pranzo da noi… Cristo! Ti dispiace dirmi perché accidenti lo hai invitato? Ma soprattutto, ti dispiace dirmi perché sei andata a casa sua?
LuAnn lo guardò con aria bellicosa. — Perché, semplicemente, non me la sentivo di stare qui a fare la bella statuina.
Si trovavano nell’ufficio di Charlie, la pesante scrivania fra di loro. Charlie aveva tolto l’involucro a un sigaro cubano e se lo stava accendendo quando era arrivata LuAnn a comunicargli l’ultima novità.
— Charlie, ascolta — l’aria bellicosa di LuAnn sembrò dissiparsi, mentre aggirava il tavolo e andava a passargli una mano tra i radi capelli. — La mia idea era agganciare subito Riggs senza lasciargli il tempo di agire. Cioè scusarmi e dirgli di lasciar perdere, in modo che noi potessimo avere mano libera.
Charlie scosse nuovamente il capo, ignorando un improvviso e fastidioso dolore alla tempia. Sospirò e le passò un braccio attorno alle spalle.
— LuAnn, questa mattina ho fatto due chiacchiere con John Pemberton. Due chiacchiere davvero molto istruttive.
— E chi è John Pemberton?
— L’agente immobiliare che ci ha venduto tutto questo! — Charlie fece un ampio gesto girando lo sguardo nel sontuoso studio. — Pemberton è il re dei pettegoli di Charlottesvnle. Conosce tutto e tutti. E ora sta cercando di rintracciare il tizio della Honda per conto nostro.
LuAnn si staccò da lui. — Non gli avrai raccontato…
— Lo stai facendo di nuovo, LuAnn — la interruppe lui freddamente.
— Facendo cosa?
— Non fidarti.
Lei si limitò a sospirare.
— Quello che gli ho raccontato è stata una bella storiella che lui si è allegramente bevuto come whisky di puro malto. E tu sai, LuAnn, che noi due siamo diventati proprio bravi a raccontare storielle, no?
— Anche troppo — ribatté lei cupamente. — Sta addirittura cominciando a diventare difficile riuscire a ricordarsi dove finiscono le bugie e dove comincia la verità.