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LuAnn studiò la piantina, imprimendosela nella memoria. Charlie aprì il cassetto della scrivania, ne estrasse la calibro 38 e riempì il tamburo.

— Niente colpi di testa, Charlie.

— Senti, procediamo come d’accordo, va bene? — Si mise in tasca l’arma evitando lo sguardo duro di lei. — Vado là e cerco di capire che cosa succede.

— Io vengo con te.

— Tu non vai da nessuna parte con nessuno!

— Charlie, io insisto.

— Potrebbe essere pericoloso, LuAnn!

— A me, lo dici?

— Sai esattamente che cosa intendo. Lascia che prima veda io com’è la situazione, che mi chiarisca le idee su questo tizio. Non ho la minima intenzione di correre rischi, te lo assicuro.

— E allora la pistola a che cosa ti serve?

— Ho detto che io non ho intenzione di correre rischi. Lui è un’altra storia.

— Continua a non piacermi, Charlie.

— Credi che io ci sguazzi? Ma che alternativa abbiamo? Dovesse succedere qualcosa, non voglio che tu ti trovi in mezzo.

— Non spetta a te combattere le mie battaglie!

Charlie le sfiorò una guancia. — Voglio che tu e Lisa siate al sicuro. È una scelta di vita, da parte mia. Lo è da molto tempo. — Le sorrise.

Lei lo osservò mentre apriva la porta dello studio. — Charlie, ti prego, stai…

— Attento? Lo sono sempre.

LuAnn attese che se ne fosse andato, poi si precipitò nella sua stanza. Indossò jeans, maglione, stivali dalla suola robusta e un giubbotto di pelle. Corse alla stalla, sellò Joy e partì al galoppo, perdendosi nel labirinto di piste che solcavano le colline.

Era giusto che ognuno facesse le proprie scelte di vita. E che ognuno combattesse le proprie battaglie.

Matt Riggs sapeva che non sarebbe stato facile stare dietro alla Range Rover per l’angusta strada nei boschi senza farsi notare. Aveva comunque deciso di correre quel rischio. Seguiva Charlie dal momento in cui si era immesso sulla Statale 22 provenendo dalla strada privata di Wicken’s Hunt, dirigendosi quindi verso nord.

Ecco il mutamento di atmosfera tra il vecchio gorilla e Catherine Savage. E c’erano buone possibilità che questo preludesse a un nuovo sviluppo degli eventi. Il giorno prima, un amico di Riggs aveva visto Charlie e John Pemberton fare colazione insieme al Boar’s Head Inn. Da parte di Charlie, era stata una mossa abile. Per trovare qualcuno senza dare troppo nell’occhio, per esempio qualcuno come il tizio della Honda, Pemberton era la carta vincente.

Riggs rallentò facendosi distanziare un poco. Se qualcosa fosse andato storto, questa volta aveva con sé il suo fucile.

Charlie nascose la Range Rover dietro la massa d’alberi, diede una stretta al calcio del revolver che teneva in tasca e scese. Il vecchio villino a due piani del custode era visibile nel folto, un centinaio di metri più oltre. Charlie avanzò nel bosco e arrivò a ridosso del capanno sul retro dell’edificio. Ripulì dalla polvere il vetro di una delle finestre. C’era un veicolo avvolto dalla penombra nell’interno. La Honda nera. John Pemberton si era davvero meritato una bella donazione per una delle sue opere di beneficenza.

Charlie restò fermo per una decina di minuti. Nessun movimento, né dentro né fuori. Il posto appariva deserto. Ma se lo era, perché la macchina era ancora lì? Riprese ad avanzare con cautela.

Poco distante, Riggs teneva gli occhi puntati su di lui, poi spostò il binocolo per esplorare il bosco. Ma il bosco continuò a rimanere immoto e silenzioso. Neppure dalla casa proveniva alcun segno di vita. Riggs sapeva che quella quiete poteva non significare assolutamente nulla. Il tizio della Honda poteva essere in attesa che Charlie mettesse dentro il naso, per fargli una bella sorpresa.

Strinse con più forza il calibro 12 e aspettò.

La porta della baracca era chiusa. Charlie stava valutando le varie possibilità. Prima: spaccare il vetro a lato della serratura, infilare una mano e rimuovere il fermo dall’interno. Seconda: sfondare senza tante storie la porta a calci, dato che non sembrava granché robusta. Se dentro ci fosse stato qualcuno, queste due possibilità erano altamente sconsigliabili in quanto potevano significare buscarsi una pallottola in mezzo agli occhi. Ma anche se dentro non ci fosse stato nessuno, entrare con le cattive significava comunque lasciare tracce del proprio passaggio. Cosa che voleva evitare.

Charlie impugnò il revolver che spuntava dalla tasca e bussò alla porta. Nessuna risposta. Bussò di nuovo e attese. Infine lasciò scivolare la pistola in una delle tasche. Dall’altra estrasse un grimaldello e un altro paio di ferri del mestiere e si diede da fare. L’artrite non gli era ancora arrivata alle mani, e il lavoro sporco, una volta imparato, non lo si dimenticava più. Non gli ci volle molto per sistemare la serratura, un rudere con meccanismo standard. Con tanti ringraziamenti ai suoi maestri nelle patrie galere.

Charlie rimise in tasca gli arnesi da scasso, tornò a impugnare la .38 e aprì la porta. Era consapevole che poteva trattarsi di una trappola, ma se il tizio avesse fatto il furbo, lui non avrebbe esitato a sparare. Il che avrebbe innescato una reazione a catena dalle infinite variabili.

L’interno del villino era diviso a metà da un corridoio centrale: cucina a sinistra, soggiorno a destra, più una specie di lavanderia-ripostiglio sul retro. Una rampa di scale di legno malridotte conduceva alle stanze da letto al piano superiore. Ma l’attenzione di Charlie venne subito catturata dal piccolo soggiorno: ammassati su un grande tavolo vide computer, stampante, telefono, fax, televisore e videoregistratore; scatoloni pieni di carte erano sparsi un po’ ovunque, anche per terra; alle pareti bacheche di sughero zeppe di fotografie e di ritagli di giornale. Protagonista unica: la signorina LuAnn Tyler, di Rikersville, Georgia. La sua intera vita, dai delitti efferati al miracolo miliardario, fino alla misteriosa scomparsa. Tutto perfettamente e accuratamente documentato all’interno di quel villino sperduto nei boschi della Virginia. I suoi sospetti erano confermati. Bene, adesso non restava che trovare quell’individuo e scoprire cosa voleva da loro.

Charlie esplorò la stanza palmo a palmo. Lesse gli articoli, i ritagli. Studiò le foto. Esaminò il contenuto delle scatole. Aprì cassetti, verificò quello che contenevano. Andò alla ricerca di qualsiasi elemento potesse favorire l’identificazione di quell’uomo. Nulla. Chiunque fosse, sapeva il fatto suo. Charlie ebbe l’impulso di accendere il computer ma, sconsolato, lo accantonò subito: di computer non ne capiva assolutamente niente. Gli rimaneva il resto della casa, frugare nelle stanze da letto al piano disopra…

Una solitaria scatola di cartone era stata sistemata nell’angolo più lontano del locale. Anche lì poteva esserci qualcosa d’importante.

Appena tolto il coperchio, Charlie sentì cedergli le ginocchia. L’esclamazione MERDA prese a rimbalzargli frastornante nella mente. C’era un unico foglio che conteneva una lista di nomi: LuAnn Tyler, e poi Herman Rudy, Wanda Tripp, Randy Stith, Bobbie Jo Reynolds…

Charlie li conosceva quei nomi, tutti quanti. E conosceva i volti di molte di quelle persone, essendo stato il loro autista, cicerone e guardaspalle così come aveva fatto con LuAnn.

Erano i vincitori della Lotteria Nazionale degli Stati Uniti creati da Jackson.

Charlie fu costretto ad appoggiarsi alla cornice della finestra per combattere la vertigine.

Aveva cercato di prepararsi mentalmente all’idea di una fuga di notizie. Aveva cercato di prepararsi al fatto che qualcuno sapesse di LuAnn, del suo coinvolgimento nei delitti della roulotte di Rikersville. Ma non si era mai preparato all’eventualità che la frode alla Lotteria Nazionale venisse scoperta.