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— Mi creda, Harry, non per me — disse Pemberton con un sorriso trionfale. — Io sono nato e cresciuto qui, così quando Charlie mi ha dato una descrizione del tizio in questione e della sua macchina, io ho messo in moto i miei ingranaggi e… voilà, in meno di ventiquattr’ore il pesce è nella rete. E vuole saperne una ancora più bella?

— Pendo dalle sue labbra, John.

— Stava nascosto proprio sotto il loro naso! Un villino sì e no a dieci minuti di macchina da Wicken’s Hunt. Ma anche molto isolato.

— Non ho ben presente, John. Dalle parti di Monticello, forse?

— All’incirca. Ma l’area di cui sto parlando è più a nord, oltre la Interstatale 64. Quel villino è verso Airslie, a un passo dalla Statale 22. Keswick Hunt si chiama quella zona. Il tizio l’ha preso in affitto circa un mese fa.

— Sempre più romanzesco — commentò Conklin. — E il nome?

— Tom Jones — rivelò Pemberton sghignazzando. — Più fasullo di una banconota da tre dollari.

— Credo che il signor Thomas e la signorina Savage le siano stati riconoscenti per tutto l’aiuto che lei ha dato loro. E poi, cos’è successo ancora?

— Questo non lo so. — Pemberton si strinse nelle spalle. — Nel mio mestiere ci si muove continuamente. Dopo avergli detto dov’era il tizio, con loro non ho più parlato.

— E che mi dice di Riggs? Non dev’essere stato poi così contento di essersi messo in mezzo.

— Sa badare a se stesso.

— Può darsi, ma inseguimenti ad alta velocità, il suo veicolo mezzo demolito… Un costruttore quanto mai particolare.

— Riggs non ha sempre fatto quel mestiere.

— Ah, no? Ma è incredibile, John, sembra una riedizione di Peyton Place! Chi sarebbe questo Matthew Riggs?

Pemberton fece spallucce. — È una bella domanda. Riggs sta molto abbottonato per quanto riguarda i suoi trascorsi. Un bel giorno, cinque anni fa, arriva in città e si mette a imparare il mestiere. È un tipo abbastanza misterioso. Charlie Thomas si è fatto l’idea che fosse un poliziotto. Da parte mia, credo sia stato un agente di qualche agenzia segreta governativa. Non so, lo chiami istinto, fiuto.

— Molto interessante, adesso abbiamo anche le spie in pensione.

— Guardi che Riggs non è quello che si definirebbe un pensionato. Sarà quasi sulla quarantina, alto, robusto e molto in gamba. Ottima reputazione.

— Buon per lui.

— Tornando all’affare di Wicken’s Hunt — fece Pemberton cambiando registro — ecco il mio suggerimento: io chiamo Charlie Thomas e cerco di capire se il tizio gli sta ancora addosso. Se così fosse, potrebbero effettivamente decidere di andarsene. A chiedere, che cosa ci perdiamo?

— Preferisco pensarci su per qualche giorno.

— Intanto, però, potrei mettermi comunque in movimento — insistette Pemberton.

— Non voglio che lei lo faccia, John — disse Conklin con tono risoluto alzando il dito indice. — Quando io sarò pronto, ci muoveremo in fretta, non si preoccupi.

— Io però pensavo…

— Mi farò sentire, John. — Conklin si alzò, e questa volta definitivamente. — Grazie per aver condiviso con me la realtà romanzesca di Charlottesville. Sinceramente.

— Senta, Harry, anche se Thomas e la Savage rimanessero a Wicken’s Hunt, sappia che ho almeno una dozzina di altri immobili più che…

— Questo misterioso personaggio del villino ha acceso la mia curiosità — lo interruppe Conklin. — Non avrebbe per caso l’indirizzo esatto e le indicazioni per arrivarci?

— Non mi dirà che vuole andare a parlargli? — Pemberton fu di colpo sulla difensiva. — Quel tipo potrebbe essere pericoloso.

— So badare a me stesso — disse Conklin sorridendo, senza staccare lo sguardo da Pemberton. — E se a Wall Street ho imparato qualcosa, è che non si può mai sapere chi può diventare un tuo alleato.

Pemberton annuì lentamente, capendo l’antifona. Scribacchiò qualcosa su un foglietto e glielo porse.

— Di nuovo grazie, John — disse Conklin stringendogli la mano, e presa dalla tasca una busta la tese al suo interlocutore. — Questo è per il disturbo.

— Oh mio Dio! — esclamò Pemberton dopo averla aperta, trovandola piena di banconote da cento dollari. — Io non ho ancora fatto nulla…

— Ma sì che lo ha fatto, John: mi ha dato delle informazioni — Conklin aprì la porta della sala riunioni. — E per me le informazioni hanno un valore molto alto. Mi farò vivo presto.

Harry Conklin impiegò meno di quindici minuti per cancellare la propria esistenza. Il tempo necessario per rimuovere lenti a contatto, palpebre posticce, parrucca, calotta di lattice e make-up. I residui gommosi e collosi di qualcuno che non era mai esistito finirono in un sacchetto di plastica, e il sacchetto nello scomparto chiuso da una cerniera lampo di una borsa da viaggio.

Jackson osservò il verde paesaggio della Virginia da dietro la finestra dell’albergo. Al suo arrivo a Charlottesville, non aveva impiegato molto a identificare quella specie di azzimato grillo parlante di nome Pemberton come l’agente che aveva combinato l’affare di Wicken’s Hunt. Aveva impiegato ancora meno per studiare la sua lezione sulla storia di Wicken’s Hunt presso la biblioteca della contea.

Si allontanò dalla finestra e stese sul letto una mappa dettagliata della zona, memorizzando alcune strade fra le colline. In particolare quelle che lo avrebbero portato al villino dell’uomo misterioso con la passione per gli inseguimenti in macchina.

Jackson chiuse gli occhi, immerso nei suoi pensieri. Il conto alla rovescia per LuAnn Tyler e il suo scomodo vicino era cominciato.

35

Riggs aspettò che fosse notte prima di tornare a prendere la jeep. Nel caso quel tizio fosse ancora in giro, ci andò armato. La Cherokee era dove l’aveva lasciata. Controllò che fosse intatta, quindi scivolò tra gli alberi scuri e raggiunse il capanno sul retro del villino. La Chrysler non c’era. Diresse il fascio della torcia elettrica all’interno del capanno. La Honda era ancora là. Riggs aggirò il villino e raggiunse la porta sul davanti. Afferrò la maniglia. Esitò. Era venuto a Charlottesville per allontanarsi proprio da situazioni come quelle. Eorse era davvero il caso di andarsene e lasciare perdere tutto. Inclusa Catherine Savage e il pericolo che pareva seguirla passo passo. Tuttavia, non riuscì a frenare la propria mano che ruotava la maniglia. La porta si aprì.

Oltre al buio, era rimasto solamente il vuoto.

Riggs avanzò lentamente, la pistola in una mano, la torcia elettrica nell’altra. Era ragionevolmente certo che quel posto fosse vuoto, ma sapeva bene che a fidarsi di queste convinzioni si finiva spesso all’obitorio con un terzo occhio in mezzo alla fronte.

Il fascio della torcia scivolò sul pavimento coperto di polvere, illuminando molte orme che andavano e venivano. C’era un interruttore sulla parete, ma di certo non l’avrebbe usato. In quello che era stato il soggiorno, perimetri più scuri indicavano le posizioni di oggetti rimossi e portati via. Sollevò il ricevitore del telefono: disattivato.

Riggs spostò la torcia ad arco lungo le pareti, su un armadio con un’anta lasciata aperta. Anche l’armadio era vuoto, una bocca di un nero ancora più compatto di tutto il resto.

Dietro l’anta rimasta chiusa, due occhi si riaprirono. Il fascio luminoso aveva sfiorato la figura vestita di nero alla quale appartenevano. Gli occhi osservarono Riggs che si spostava nel corridoio, uscendo dal campo visivo. Poi i suoi passi, misurati dall’impiantito di vecchie assi, si avvicinarono nuovamente. Nel buio dentro l’armadio, una mano guantata rafforzò la presa attorno all’impugnatura di un coltello da assalto a lama brunita.

Riggs tornò sui suoi passi e uscì nella notte. Si fermò sotto il portico del villino. Il suo sguardo scrutò le nere masse di vegetazione tutt’attorno alla radura. L’uomo della Honda prima e della Chrysler poi se n’era andato. Qualsiasi cosa avesse nascosto nella baracca, se n’era andata con lui.