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— Cristo, LuAnn!… — esclamò contro se stessa schizzando all’indietro e picchiando la testa contro l’ugello. Chiuse il fiotto d’acqua e uscì dalla doccia, lasciando una scia umida sulla costosa piastrellatura del pavimento.

Si appoggiò al piano di marmo del lavandino, i capelli gocciolanti, le braccia tese, le vene che risaltavano sotto l’epidermide. Lanciò verso la doccia uno sguardo colpevole. La sua vita stava diventando sempre più difficile.

Reggendosi sulle gambe tremanti, si asciugò e passò nella camera da letto. Si infilò rapidamente un paio di pantaloni e tornò in bagno ad asciugarsi i capelli. Lo specchio le rimandò l’immagine di una donna stanca, sull’orlo di una crisi. Forse le avrebbe fatto bene parlare con un analista, ma sapeva già che non era possibile. Se la sarebbe cavata da sola, come sempre.

La sua vecchia cicatrice risaltava sul volto come una ferita aperta, dolorosa. Ricorda, sembrava dirle, è tutto un inganno, un unico, monumentale inganno.

Mentre terminava di asciugarsi i capelli, le tornarono in mente le parole di Lisa. Doveva parlarle, subito. Non poteva permettere che la rabbia e il risentimento le dividessero. Tornò in camera per cercare una vestaglia da buttarsi addosso.

— Salve, LuAnn.

La voce la colpì come una staffilata, e dovette appoggiarsi allo stipite della porta per non cadere. Gli occhi di LuAnn si posarono sulla figura seduta sul letto, e i muscoli del viso si irrigidirono, la bocca incapace di emettere alcun suono.

— È da un pezzo che non ci vediamo — continuò Jackson, con voce tranquilla.

— Come diavolo ha fatto a entrare? — balbettò lei, articolando a fatica ogni parola.

— Non ha importanza. — Quel tono calmo, sgradevolmente familiare la sconvolse, riportandola istantaneamente indietro negli anni.

— Cosa vuole?

— Ah, questo è un soggetto molto più interessante. Ma non sarebbe meglio che finisse di vestirsi, prima? Abbiamo molte cose da dirci.

Con fatica, LuAnn si strappò a quello sguardo che la ipnotizzava, estrasse dall’armadio una vestaglia e la indossò, stringendo la cintura in vita. Gli occhi di Jackson nel frattempo esploravano la stanza da letto, soffermandosi per un istante sull’unico elemento anomalo in quel contesto elegante: la sveglia appartenuta a Joy Tyler, unico residuo della vita precedente di LuAnn Tyler. Il ticchettio irregolare, inconfondibile, riempiva il silenzio.

— Ha fatto un bel lavoro, qui dentro. Se ben ricordo, i suoi gusti in fatto di arredamento erano meno sofisticati, una volta.

— Non mi piace questo genere di intrusioni!

— E a me non piace modificare i miei programmi per venire qui a tirarla fuori dai guai ancora una volta, LuAnn. O preferisce che la chiami Catherine?

— Fa lo stesso — rispose lei, in tono secco. — E non ho bisogno dell’aiuto di nessuno, tantomeno del suo.

Jackson si alzò e le si avvicinò. — Notevole — disse, dopo averla esaminata attentamente. Persino io non avrei saputo fare di meglio. Elegante, sofisticata… I miei complimenti.

— L’ultima volta che ci siamo visti, lei era vestito un po’ meglio — ribatté LuAnn, aggressiva. — Per il resto, non noto alcun mutamento.

Jackson indossava ancora gli abiti neri che portava durante l’incursione al villino, e aveva adottato gli stessi lineamenti del loro primo incontro. Accolse il rilievo di LuAnn con un largo sorriso. — Io non invecchio mai. È uno dei miei tanti giochi di prestigio, non lo sapeva? — Il sorriso si spense, improvvisamente. — Ma veniamo a noi. — Si sedette nuovamente sul letto e invitò LuAnn ad accomodarsi vicino a lui, di fronte a un piccolo scrittoio antico. — Ho saputo che qualcuno è venuto a trovarla. Qualcuno che poi l’ha inseguita con la sua auto.

— Come fa a saperlo?

— Lei proprio non vuole accettare il fatto che non può nascondersi da me. Crede che non sapessi che era rientrata negli Stati Uniti, contravvenendo a un mio ordine preciso?

— I dieci anni sono passati.

— Strano, non ricordo di aver messo una data di scadenza al nostro contratto.

— Non può aspettarsi che io continui a fuggire per il resto dei miei giorni!

— Al contrario, è proprio ciò che mi aspetto da lei. O meglio, ciò che pretendo.

— Lei non può continuare a controllare la mia vita!

— Non perdiamo tempo. Quell’uomo, mi dica quello che sa.

— Posso affrontare la situazione da sola.

— Davvero? Non mi sembra che finora i risultati siano stati brillanti.

— Si tolga dai piedi! Se ne vada da casa mia!

Jackson scosse la testa. — Devo constatare che il suo carattere non è migliorato con gli anni. Il denaro può comprare tutto, tranne le buone maniere, non è vero LuAnn?

— All’inferno!

Per tutta risposta, Jackson fece scivolare una mano verso l’interno della giacca. Istintivamente LuAnn afferrò il tagliacarte che era appoggiato sullo scrittoio, pronta a vibrare il colpo. Ma Jackson scosse la testa con aria delusa. — Dieci anni fa l’ho trovata in quel buco dimenticato da Dio e dagli uomini. Lei era una ragazza sveglia, con la testa sulle spalle, in condizioni di estrema difficoltà. Una stracciona disperata. Spazzatura ambulante. Sono costretto a riconoscere che certe cose non sono cambiate. — La mano riemerse dalla tasca interna della giacca, stringendo un pezzo di carta. — Può mettere via quel giocattolino. Non le servirà. Almeno non questa sera.

Aprì il biglietto. — Due uomini sono apparsi di recente nella sua vita. Uno si chiama Matthew Riggs. L’altro non ha ancora un nome. — Alzò lo sguardo su di lei. — Vede LuAnn, non posso permettere che qualcuno si impadronisca del suo segreto. Lei fa parte del sistema che ho creato nel corso del tempo, basato principalmente su uno stretto anonimato. Nel momento in cui anche un solo elemento del sistema cade, ha inizio un pericoloso effetto domino: tutti i tasselli cadono in progressione lineare, uno dopo l’altro, fino a raggiungere l’ultimo. Io sono quell’ultimo tassello. E io non cadrò. Sono stato chiaro, LuAnn?

— Sì — rispose lei, senza reagire.

— Rientrando negli Stati Uniti — riprese Jackson — lei ha considerevolmente complicato la mia vita. L’uomo che la segue ha scoperto la sua identità attraverso le sue cartelle esattoriali. Per questo non avrebbe dovuto tornare indietro.

— Ogni sei mesi fare le valigie. Ogni sei mesi una nazione diversa, una lingua diversa. Ogni sei mesi sbattersi da un capo all’altro del mondo. Provi lei a condurre una vita del genere, e con una ragazzina al fianco.

— Non credo che siano difficoltà così insuperabili. Non quando si ha un conto in banca che vale mezzo miliardo di dollari.

— Ci sono cose che il denaro non può comprare. L’ha detto lei.

— Lei conosce quell’uomo, LuAnn? Lo ha mai visto prima?

— Me ne ricorderei. Mi ricordo tutto di questi ultimi dieci anni — rispose LuAnn con un sospiro.