— Signor Donovan, per favore…
— … compra un biglietto della lotteria e, guarda caso, sale su un treno per New York. E a New York, guarda caso, ci sono le estrazioni della Lotteria Nazionale proprio quel giorno. E, guarda caso, esce proprio il suo numero e lei vince cento milioni di dollari… — Donovan picchiò un altro pugno sul cruscotto, molto più forte. — La Lotteria Nazionale degli Stati Uniti era truccata! Eccola la verità!
— Lei deve dimenticare tutto questo, Donovan!
— No, LuAnn. Nemmeno per sogno! — Il volto di Donovan si era fatto paonazzo. — Lo sapevo, lei non avrebbe mai potuto farcela da sola contro la polizia di New York e gli agenti dell’Fbi. Non sarebbe mai stata in grado di squagliarsela con cento milioni di dollari. Mai e poi mai! La sua scomparsa di allora, la sua nuova identità di adesso, tutti quegli ottimi consiglieri finanziari… È lui, non è così? Lui ha fatto tutto, e ha controllato tutto!
LuAnn scosse ripetutamente la testa. — Per favore, basta!
— Ma certo, ora ogni cosa ha perfettamente senso! — Donovan non l’aveva nemmeno udita. — Ma nessuno fa niente per niente. Quel tipo deve aver incassato parte delle vincite, e una parte bella grossa. Ma, Cristo, come c’è riuscito? Non può trattarsi di un unico individuo. Dev’essere un gruppo… — L’afferrò per una spalla. — E va bene, posso anche accettare il fatto che costui sia un tipo pericoloso. Ma lei non deve sottovalutare il potere dei media, LuAnn. La stampa ha inchiodato la grande industria, il Pentagono e perfino un Presidente. Possiamo farlo fuori, questo genio del male, ma solo se lei e io lavoriamo insieme. — Tornarono al parcheggio in città. Prima di scendere dall’auto Donovan si frugò in tasca, ne tolse un biglietto da visita. — Ci pensi su. A questo numero mi può chiamare giorno e notte…
— Non voglio il suo numero, Donovan. È meglio per lei. — Gli afferrò la mano destra ed estrasse dalla borsetta una busta. — Questi sono diecimila dollari. Salti sul primo aereo e sparisca. Lasci passare un po’ di tempo, poi, in modo discreto, mi faccia sapere dove si trova. Le manderò abbastanza soldi per vivere da gran signore per il resto dei suoi giorni.
— Non voglio i suoi soldi, LuAnn! Voglio la verità!
— La verità uccide!
— D’accordo, lei mi ha avvertito e io lo apprezzo. — Donovan gettò il biglietto da visita sul sedile. — Lei non vuole aiutarmi? Nessun problema, troverò qualcun altro che lo farà. In un modo o nell’altro questa storia verrà raccontata, LuAnn, e se il suo uomo è pericoloso come dice, è meglio che lei tagli la corda. Il rischio è il mio mestiere, ma lei ha una figlia. — Smontò e si protese attraverso la portiera aperta. — Io spero che riusciremo a combinare qualcosa insieme, LuAnn. Lo spero davvero.
Mentre Donovan si allontanava, LuAnn si abbandonò contro lo schienale e cercò di calmarsi. Jackson lo avrebbe ammazzato se lei non fosse riuscita a fare qualcosa per impedirglielo. Ma cosa poteva fare? Guardò tra la folla nel parcheggio. Jackson poteva essere una qualunque di quelle persone. Oppure poteva aver tenuto i telefoni di Wicken’s Hunt sotto controllo, scoprendo tutto dell’incontro. Molto probabilmente li aveva seguiti e adesso era già sulle tracce di Donovan. LuAnn guardò la strada, ma la macchina del giornalista non era più in vista. Picchiò un pugno di rabbia e frustrazione contro il volante.
Jackson non aveva intercettato la sua telefonata, ma questo lei non poteva saperlo. Così come non sapeva che proprio sotto il suo sedile era stato applicato un piccolissimo oggetto. Era una microspia. Qualcuno sapeva già ogni particolare della sua conversazione con Donovan.
41
Seduto alla scrivania del suo studio, Matthew Riggs si tolse la cuffia e spense l’unità ricevente, quindi si sprofondò nella poltroncina. Collocando la microspia nella BMW, sapeva che avrebbe udito qualcosa di importante. Quello che non immaginava era di arrivare sulla soglia di una cospirazione di quel livello. Conosceva già il nome di Donovan, perché aveva letto alcuni suoi articoli e aveva seguito alcune delle sue battaglie giornalistiche.
Accostò una mano al telefono. Esitò solo un istante, poi compose rapidamente un numero che gli era stato dato cinque anni prima. Attivo a qualsiasi ora del giorno e della notte e da usarsi solo in caso di emergenza. Proprio come il numero che Jackson aveva dato a LuAnn Tyler. Ma questo, Riggs non poteva saperlo.
Rimase in attesa. Dopo tre squilli, una voce computerizzata disse: — Date il vostro codice di accesso. Dite il vostro nome. Parlate chiaramente e lentamente. — Fece quanto gli era stato richiesto, e dopo qualche istante il computer rispose: — Identificazione completata — e si scollegò.
Riggs riappese a sua volta e riportò lo sguardo al paesaggio oltre la grande finestra del suo studio.
Uno scoiattolo, con una ghianda tra le piccole mandibole, si arrampicava lungo un ramo. Più oltre, nel folto, un branco di cervi guidati da un grosso maschio si dirigeva lentamente verso la pozza d’acqua sorgiva, alimentata da una vena sotterranea, che si allargava sulla proprietà di Riggs. Tutto molto quieto, molto pacifico.
Il telefono squillò. Era passato circa un minuto dall’identificazione.
— Però, vi muovete in fretta — rispose Riggs sedendosi.
— Questo è un numero d’emergenza. Qual è il problema?
— Vorrei un controllo.
— Persona, luogo o fatto?
— Persona.
— Nome?
Riggs sospirò profondamente, augurandosi che quella che stava facendo fosse davvero la cosa giusta. — Il nome è LuAnn Tyler.
— Pronto?
— Sono io.
LuAnn tirò un enorme sospiro di sollievo, allentando la stretta sul telefono cellulare della BMW. Controllò i nomi delle strade all’incrocio che stava attraversando. — Non dirmi dove sei, Charlie, richiamami all’altro numero tra venti minuti esatti.
— D’accordo.
Riappese. Quando erano venuti a stabilirsi da quelle parti, avevano individuato un telefono pubblico dove poter ricevere chiamate senza correre il rischio di intercettazioni.
Venti minuti dopo, LuAnn si trovava nel punto concordato, accanto al telefono. L’apparecchio squillò e lei strappò il ricevitore. — Lisa, dimmi come sta Lisa!
— Lei sta bene, e anch’io sto bene. — Il tono di Charlie era tranquillo. — Lisa continua a essere di cattivo umore, ma chi la può biasimare?
— Sei riuscito a parlarle?
— Poco o niente — rispose Charlie. — In questo momento, tu e io siamo il nemico. Insomma, si tiene abbottonata. — La voce di lui assunse poi un tono scherzoso: — Un po’ come sua mamma quando la conobbi.
— E lì con te?
— È crollata a letto. Abbiamo viaggiato tutta la notte e non ha fatto altro che stare con gli occhi sbarrati a guardare fuori dal finestrino.
— Dove siete?
— Siamo in un motel vicino a Gettysburg, in Pennsylvania, appena passato il confine con il Maryland. Ho dovuto fermarmi perché mi stavo addormentando al volante.
— Charlie, non avrai usato carte di credito, vero? Jackson può rintracciarle…
— Non sono un dilettante, LuAnn. Solo contante.
— Hai avuto l’impressione che qualcuno ti sia stato dietro?
— Senti, ho fatto tutto come da copione. Fuori e dentro dall’interstatale, strade secondarie, fermate in luoghi affollati, l’occhio sempre allo specchietto. Non ho visto niente e nessuno. Fidati.