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— Mi fido.

— E tu come stai? È andato bene il tuo incontro con Riggs?

— Direi di sì. — LuAnn ebbe un mezzo sorriso. — Ho parlato con Thomas Donovan.

— E chi è?

— Il nostro caro amico del villino nei boschi. Un giornalista.

— Merda!

— Sa tutto quello che c’è da sapere sui dodici vincitori di Jackson.

— E come ha fatto a scoprirlo?

— È un po’ complicato da spiegare. Pare che abbia fatto confronti incrociati e scoperto che nessuno di noi è fallito nel giro di poco tempo, come invece è successo, e tuttora succede, alla maggioranza degli altri vincitori della Lotteria Nazionale.

— Quindi nemmeno il grande Jackson è infallibile.

— Questa è una considerazione confortante. Dammi il numero di dove ti trovi, Charlie.

Lui glielo diede. — Quello del mio cellulare te lo ricordi?

— Lo ricordo. Ci risentiamo.

— Non mi va che ti giochi questa partita da sola, LuAnn.

— Forse così è scritto. Ho bisogno di rifletterci. La prossima volta che mi troverò faccia a faccia con Jackson, voglio essere pronta.

— Non sono sicuro che sia possibile. Quel figlio di puttana non è umano!

LuAnn diede un’occhiata intorno, scrutando chiunque potesse avere un’aria sospetta. Solo che era proprio quello il vero problema: Jackson non aveva mai un’aria sospetta.

Charlie riappese. Gettò uno sguardo a Lisa che dormiva, quindi si accostò alla finestra della stanza al pianterreno del motel. Dava un’occhiata fuori ogni mezz’ora. Con quella struttura a forma di U, il parcheggio all’interno più le stanze del lato opposto ampiamente in vista, era difficile che movimenti strani passassero inosservati. Charlie non notò niente di anomalo nel parcheggio.

Infatti l’osservatore era dentro, non fuori. Sedeva nella penombra della stanza vuota esattamente di fronte a quella dove stavano Charlie e Lisa, sul lato opposto della U. Non era un ospite del motel, e la sua auto non era nel parcheggio interno. Si era introdotto nella stanza mentre l’uomo e la bambina andavano a mangiare.

L’osservatore prese un rapido appunto, quindi sollevò il binocolo e riprese a osservare.

42

Matthew Riggs udì il rumore del motore della BMW molto prima che la grossa berlina arrivasse a fermarsi sul vialetto di accesso. Aveva appena messo giù il telefono e sulla scrivania c’era un foglietto fitto di appunti, con molte più informazioni di quante avesse pensato di ottenere. A pensarci si sentì di nuovo scombussolare. Da dietro le veneziane di legno, Riggs osservò LuAnn spegnere il motore e rimanere immobile per alcuni momenti. Vedendo la Cherokee, doveva aver tratto la conclusione che lui era in casa.

Quando le aprì la porta, LuAnn varcò la soglia senza guardarlo, vagò a casaccio per il soggiorno prima di lasciarsi cadere su una delle poltrone di pelle.

Riggs sedette su un’altra poltrona. — Vuoi parlarmene?

— Ma perché? Dimmi perché diavolo dovrei coinvolgerti in tutto questo?

Riggs non rispose, non subito. Era ovvio che gli stava dando una via d’uscita. Tutto quello che lui doveva fare era alzarsi e accompagnarla fuori dalla porta, fuori dalla propria vita. La studiò con calma, così stanca, così tesa. Così incredibilmente sola. — Permettimi di aiutarti, LuAnn.

— Grazie, ma davvero non saprei da che parte cominciare.

— Per esempio, parlandomi della Georgia. E di quel delitto di dieci anni fa che non hai commesso.

LuAnn distolse lo sguardo. Voleva parlargli. Era quasi una necessità fisiologica. Ma in fondo al corridoio c’era quella stanza, il suo studio. Il luogo in cui lei aveva visto gli appunti che la riguardavano. Il fatto che lui avesse ottenuto così rapidamente e così facilmente quelle informazioni le aveva suscitato dei dubbi. Anche Jackson aveva dei sospetti su di lui. Chi era, in realtà, Matthew Riggs? Da dove veniva? Che cos’aveva fatto nella sua vita precedente?

LuAnn si accorse che Riggs la stava osservando. E percepiva la sua incertezza, i suoi dubbi.

— LuAnn, tu non mi conosci ancora, lo so. Hai solo la mia parola, ma ti ripeto: puoi fidarti di me.

— Non si passano dieci anni a fuggire fidandosi della gente, Matthew. — LuAnn si alzò, camminò avanti e indietro nel soggiorno. — Charlie è l’unica eccezione.

— Charlie non è qui, io sì. E da quello che capisco, non puoi farcela da sola.

A quelle parole LuAnn si irrigidì. — Quello che so fare da sola potrebbe sorprenderti.

— Non ne dubito affatto — ribatté lui in tutta sincerità.

— E poi non voglio coinvolgerti, potrei metterti in pericolo.

— Quello che so fare in situazioni di pericolo potrebbe sorprenderti.

— Touché. — LuAnn gli rivolse un timido sorriso. — Ma non è qualcosa che voglio sulla coscienza.

Gli occhi azzurri di lei rimasero fissi in quelli di Riggs, turbandolo nel rievocargli le ore d’amore trascorse da poco.

— Allora perché sei venuta da me? Tendo a escludere che la ragione sia una sveltina. Credo che tu abbia altro per la testa.

LuAnn tornò a sedersi, intrecciando le mani nervosamente. — L’uomo della Honda nera si chiama Thomas Donovan — rivelò dopo una lunga pausa. — È un giornalista che sta indagando su di me.

— Per il delitto in Georgia?

LuAnn esitò. — Quella è una parte.

— Qual è l’altra parte?

LuAnn esitò di nuovo. Guardò il pavimento. Proprio non le riusciva di fidarsi di qualcuno che non fosse Charlie.

Riggs decise di sparare il colpo che aveva in canna. — Ha forse a che fare con la Lotteria Nazionale?

LuAnn rialzò lentamente la testa e lo fissò con occhi sbigottiti.

— Mi hai detto il tuo vero nome, e mi si è accesa una lampadina. LuAnn Tyler, vincitrice della somma record della Lotteria Nazionale: cento milioni di dollari. Dieci anni fa eri su tutti i giornali, su tutti gli schermi TV. Poi… Pffft! Scomparsa nel nulla.

LuAnn studiò l’espressione di lui: completa, disarmante sincerità.

— Sì, ho vinto i cento milioni di dollari — ammise.

— Torniamo a Donovan. Voleva sapere del delitto in Georgia.

— In parte.

— E poi? — insistette Riggs.

Nella testa di LuAnn suonò un allarme, insistente. Si alzò. — Devo andare.

— Ti prego, LuAnn, confidati con me.

— Ti ho detto più di quanto avrei dovuto.

E Matthew Riggs sapeva molto di più di quanto lei gli aveva detto. Ma era da lei che voleva sentirlo. La sua fonte d’informazioni aveva a sua volta voluto sapere il perché della sua richiesta. Era inevitabile, era fatale. Matthew Riggs non aveva proprio mentito, ma quasi. Non voleva gettare LuAnn Tyler in pasto ai lupi, perlomeno non ancora. A tutti gli effetti, aveva una montagna di ragioni per non fidarsi di lei. Ma si fidava. E le credeva.

— LuAnn.

Lei si fermò sulla soglia.

— Se cambi idea, io sono qui.

LuAnn se ne andò, senza guardarlo. Non sapeva che cosa sarebbe accaduto se lo avesse fatto. Moriva dalla voglia di dirgli tutto, di chiedere il suo aiuto, di fare ancora l’amore con lui. Dopo dieci anni di menzogne, invenzioni, cospirazioni e pregiudizi, voleva finalmente essere considerata e amata per quello che realmente era, non per l’immensa ricchezza che aveva.

Riggs attese di vedere la BMW uscire dal vialetto, quindi tornò allo studio e chiuse la porta a chiave. In seguito alla sua telefonata, LuAnn Tyler era tornata a essere oggetto di indagine da parte dell’Fbi. Qualcuno avrebbe presto cominciato a gironzolare per Charlottesville, per parlare con lui o per prendere contatti con i Federali della zona.