Una donna anziana, soprabito malconcio, calze sbrindellate al ginocchio, borsa di plastica tra le dita ad artiglio, non le toglieva gli occhi di dosso. LuAnn non sapeva se fosse al corrente del colloquio o semplicemente contrariata per la bellezza di quella mamma e della sua bambina.
Si appoggiò allo schienale, e lasciò che i propri pensieri si proiettassero nel futuro. Cercò di immaginarsi uno scenario di ciò che la sua vita sarebbe stata se avesse rifiutato la proposta dell’uomo che si faceva chiamare Jackson. In quell’immagine continuavano a dominare i lineamenti di Duane Harvey. E non era la più stimolante delle prospettive.
Ma anche l’altra alternativa era tutt’altro che tranquillizzante. Troppe incertezze, troppe incognite. Eppure…
Cinquanta milioni di dollari.
Andare agli angoli estremi del mondo. Fare qualsiasi cosa. Senza alcun limite.
Una telefonata. Nient’altro che una telefonata. E quattro dollari da investire che neppure erano suoi… Avrebbe voluto saltare in piedi urlando, e poi danzare nello stretto corridoio centrale dell’autobus.
Non poteva trattarsi di uno scherzo. Jackson non solo non le aveva chiesto dei soldi, ma gliene aveva addirittura dati. I termi ni del contratto non erano ancora chiari; Jackson tuttavia non aveva accennato, neppure velatamente, alla possibilità di favori di natura sessuale. Non era parso minimamente interessato a lei. Non aveva cercato di toccarla. Non le aveva fatto complimenti, se non in termini strettamente professionali e diretti.
Un pazzo? Certo, poteva essere un pazzo. Ma quale formidabile messinscena di sanità mentale aveva allestito! Inoltre aveva speso soldi. Affittare l’ufficio, assumere la segretaria, far stampare i moduli. Per essere un pazzo si comportava in modo del tutto razionale e calcolato, lucido.
LuAnn scosse il capo.
E poi c’era stata l’estrazione di quei numeri. Ciascun numero nell’ordine preciso. Impossibile negare l’evidenza dei fatti. Se Jackson aveva davvero il potere di manipolare la Lotteria Nazionale a suo piacimento, rimaneva un unico ordine di rischi: frode, illegalità, crimine… Più una quantità di altri pericoli che lei nemmeno riusciva a immaginare.
Era questo il grosso punto oscuro dell’intero contratto. Starci e poi ritrovarsi con l’intera cosa che ti scoppia tra le mani. E se a un certo punto la verità fosse venuta a galla? Lei sarebbe potuta finire dietro le sbarre, forse addirittura per il resto dei suoi giorni. E Lisa?… Che cosa ne sarebbe stato della sua bambina? Di colpo si sentì meschina.
Certo, anche lei aveva sognato di trovare alla fine dell’arcobaleno una magica pentola piena d’oro. Un sogno che comunque l’aveva aiutata a non sprofondare nei momenti più duri, quando l’autocommiserazione stava per sopraffarla. Con una sola differenza: nel sogno la pentola piena d’oro non era attaccata a una palla di piombo da ergastolano.
Imprecando fra sé, LuAnn si passò una mano sul volto.
Pareva una semplice scelta fra inferno e paradiso. E quali erano le vere condizioni di Jackson? C’era da scommetterci che sarebbero state dure, molto dure, per farla passare come d’incanto dalle stalle alle stelle.
Ma se avesse accettato il contratto e avesse poi effettivamente messo le mani su quei cinquanta-milioni-di-dollari, cosa sarebbe successo dopo? Abbandonarsi all’immaginazione era una cosa, scendere sul piano pratico era tutt’altra. Viaggiare in posti esotici? Certo, come no? Nei suoi vent’anni di vita, LuAnn Tyler non si era allontanata una volta da Rikersville, Georgia, ridente cittadina rinomata per la sua fiera agricola annuale e per i suoi eccitanti macelli di bestiame bovino e suino. Nei suoi vent’anni di vita, LuAnn Tyler poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui era stata in un ascensore. Non aveva mai avuto un conto in banca a suo nome. Sapeva leggere e scrivere, ma il suo controllo della sintassi e della grammatica non era esattamente da fine dicitore.
Jackson aveva detto che lei avrebbe potuto avere qualsiasi cosa. Ma era poi vero? Si poteva veramente pescare una cafoncella di campagna da una schifosa roulotte ai margini di un postaccio del Sud degli Stati Uniti, trapiantarla nella stanza da letto regale di un castello della Loira e credere che tutto avrebbe funzionato alla grande? Forse, però, il mutamento poteva non essere così drastico. LuAnn represse un tremito improvviso. Si protese verso Lisa e le sfiorò la fronte sulla quale ricadevano serici capelli biondi. Forse poteva essere un processo più graduale. Ma la realtà restava.
LuAnn respirò a fondo l’aria fresca della primavera della Georgia che entrava a folate dal finestrino aperto. La realtà era che lei voleva disperatamente essere qualcun altro. Lo aveva desiderato e sperato in ogni attimo della sua vita. Solo che, con il passare del tempo, quella speranza era diventata sempre più evanescente. Il sogno si era fatto sempre più remoto e fragile. E tutto questo mentre il suo futuro diventava sempre più chiaro, simile a un’immagine televisiva che si va definendo con il ruotare dell’antenna. Alla fine, con il futuro divenuto presente, l’immagine sarebbe stata di assoluta chiarezza, ma speranza e sogno si sarebbero definitivamente dissolti. Come se dentro di lei non fossero mai esistiti.
L’autobus procedeva sul fondo stradale sconnesso. Sempre più vicino alla strada sterrata che conduceva nei boschi. Sempre più vicino alla Airstream circondata da rifiuti e rottami. E sempre più vicino a Duane Harvey, in agguato fra altri rifiuti. Sarebbe stato di un umore schifoso. LuAnn lo sapeva. Le avrebbe chiesto soldi per comprare altra birra. Anche questo LuAnn sapeva. E per l’ennesima volta il suo sguardo si abbassò sul numero di telefono.
Un momento: aveva anche i quattro dollari di Jackson. E quel giorno offrivano birra a prezzi speciali allo Squat Gobble, uno dei tuguri preferiti di Duane. Due dollari sarebbero stati più che sufficienti per riportarlo nel suo felice torpore di alcolista. A tutti gli effetti, dandole modo di togliersi Duane dai piedi, dandole la possibilità di pensare al contratto, Jackson la stava già aiutando.
Gli occhi di LuAnn e di Lisa s’incontrarono. Madre e figlia si scambiarono un sorriso pieno di tenerezza. LuAnn posò una mano sulla guancia della piccola. Non sapeva se ridere o piangere. O tutte e due le cose insieme.
Osservò il paesaggio che scivolava fuori del finestrino. La terra stava risvegliandosi dal letargo invernale. La primavera era vicina. Un nuovo inizio per la natura. Poteva essere un nuovo inizio anche per lei e per la sua bambina? LuAnn Tyler non aveva una risposta. Non ancora.
Però aveva ancora due giorni a disposizione.
5
La zanzariera sventrata cigolò nell’aprirsi e LuAnn entrò reggendo il seggiolino di Lisa. L’interno della roulotte era pieno d’ombre, l’aria fredda e immobile come in una cripta dalla forma insolita.
LuAnn avanzò nello spazio compresso, i sensi in allarme, pronta a cogliere il minimo movimento, la minima vibrazione. Non aveva alcuna paura fisica di Duane Harvey. In un confronto diretto sapeva tenergli testa. Lo aveva già caricato di botte in più di un’occasione, specialmente quando era ubriaco fradicio. L’unico rischio era che lui riuscisse a prenderla di sorpresa. Ma quando era sobrio o quanto meno vicino alla sobrietà, e verosimilmente in questo momento lo era, di solito non tentava nulla di troppo violento. Duane Harvey, dolce metà di LuAnn Tyler, padre della loro tenera figlioletta Lisa.
Che invidiabile rapporto.
Eppure LuAnn conosceva almeno dieci donne coinvolte in un rapporto del genere. Deprimenti convivenze sullo sfondo di sistemazioni precarie e finanze cronicamente insufficienti. Sentimento, tenerezza e amore pressoché latitanti. LuAnn aveva avuto altre offerte, solo che il prato del potenziale vicino era tutto fuorché più verde. Ormai le bastava la prima mezza occhiata per rendersene conto.