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Masters non riusciva a credere a una fortuna così sfacciata. Tornò per l’ennesima volta a ripercorrere la sequenza del paradosso. Delitti della roulotte. Telefonata dalla decappottabile del delinquente morto. Acquisto del biglietto. Treno per New York prima dell’estrazione. LuAnn vince la lotteria. Vivace incontro fra LuAnn e Romanello. Morte improvvisa di Romanello. Conferenza stampa per presentare la vincitrice. LuAnn Tyler, una giovane di vent’anni, mezzo ignorante, con tanto di bambina di otto mesi sul gobbo, filtra in tutta tranquillità attraverso le maglie della barriera eretta dalla polizia di New York e dagli agenti federali e svanisce senza lasciare traccia…

No, non aveva senso. LuAnn Tyler, semplicemente, non poteva esserci riuscita da sola. Una cosa di una simile complessità richiedeva una lunga, attenta e capillare pianificazione. Il che conduceva a un’unica conclusione: LuAnn Tyler sapeva in anticipo che avrebbe vinto la Lotteria Nazionale degli Stati Uniti.

Dieci anni prima, una simile ipotesi non si era neppure affacciata alla mente di Masters. Dieci anni prima, il suo compito era stato semplicemente quello di fermare una donna ricercata dalla polizia per omicidio. Ma dieci anni prima, lui non si era ancora imbattuto nella morte sospetta di Anthony Romanello.

Masters non era abbastanza vecchio per ricordare tutti gli episodi di corruzione nella Lotteria Nazionale dell’ultimo secolo, ricordava però i grandi scandali degli anni Cinquanta. Tuttavia, al confronto del caso Tyler, apparivano quanto meno ridicoli.

Dati alla mano, c’era effettivamente una possibilità che dieci anni prima qualcuno avesse truccato la Lotteria Nazionale degli Stati Uniti. E probabilmente anche più di una volta. Le implicazioni che ne potevano scaturire erano da incubo. Era attraverso gli introiti della vendita di quei biglietti che il governo federale finanziava un certo numero di programmi sociali. Programmi ormai così politicamente strategici da rendere assolutamente impossibile eliminarli. Ma se la fonte di quei fondi fosse stata contaminata, come avrebbe reagito il popolo americano?

Masters aprì un cassetto della scrivania, prese un flacone di aspirina e inghiottì un paio di compresse per combattere le avvisaglie del mal di testa. Poi si mise al telefono. — Voglio il Direttore del Bureau. Massima priorità.

Attese con il ricevitore stretto in pugno. Non esisteva via d’uscita. L’onda d’urto si sarebbe allargata, ufficio dopo ufficio, di livello in livello, dal Direttore dell’Fbi al Ministro della Giustizia, al Capo dello Staff della Casa Bianca. Tutta la strada fino al Presidente degli Stati Uniti.

Se le sue conclusioni sul Caso Tyler erano giuste, ce n’era proprio per tutti.

45

Nella sua camera d’albergo, Jackson era in attesa davanti allo schermo del suo computer portatile. Nonostante LuAnn Tyler si fosse già incontrata con Riggs svariate volte, non gli aveva ancora fatto alcun rapporto. Jackson decise di concederle ancora qualche ora, dopodiché sarebbe stato costretto a stabilire lui il contatto. Era deluso dal comportamento di lei, ma anche da se stesso. Non aver messo sotto controllo il telefono di Wicken’s Hunt si era rivelato un errore che a quel punto era troppo tardi per correggere. Inoltre, nel tentare di mettere Lisa al sicuro rapidamente, LuAnn era in qualche modo riuscita a prenderlo in contropiede. Dovendo distaccare un suo uomo perché stesse dietro a Charlie e alla bambina, Jackson aveva ridotto le proprie capacità di osservazione a Charlottesville. Infatti, non sapeva che LuAnn si era già incontrata con Donovan.

Un’alternativa era mettere in campo altra gente, in modo da coprire tutte le basi. Ma Charlottesville era una piccola città, popolata da pettegoli faccendieri come John Pemberton. La presenza di qualche faccia estranea di troppo avrebbe destato sospetti, e i sospetti erano l’ultima cosa della quale Jackson aveva bisogno in quel momento così critico. Soprattutto a causa della mina vagante più pericolosa di tutte: Matthew Riggs.

Usando come vettore d’identificazione le impronte digitali raccolte nel villino tra i boschi, era su Riggs che Jackson aveva fatto eseguire la ricerca più in profondità. Finalmente, blocchi di informazioni comparvero sullo schermo del computer. Jackson corrugò la fronte, chiedendosi se non aveva commesso un errore nel rilevare le impronte digitali. Ma questo non era possibile, perché aveva osservato con attenzione, nascosto nell’armadio, le zone toccate dall’uomo che si faceva chiamare Matthew Riggs. Jackson sollevò il ricevitore e compose un numero.

— Abbiamo chiaramente un problema con questa identificazione — disse al suo interlocutore.

— In realtà, signor Jackson, non è un problema ma un doppio livello di copertura. Alla prima richiesta, fatta sui normali canali per evitare ogni sospetto, abbiamo avuto la risposta: nessuna impronta disponibile.

— Dopodiché siete passati ai canali alternativi.

— È esatto, e ciò che le abbiamo trasmesso è il risultato.

— Quello che mi avete trasmesso è il nominativo di un uomo morto, ed è diverso da quello che l’uomo sta usando.

— Anche questo è esatto, signor Jackson. Come lei sa, quando un criminale muore, la procedura standard è inviare le sue impronte digitali al computer centrale dell’Fbi per l’identificazione definitiva. Completata questa procedura, l’algoritmo di ricerca di quelle impronte viene cancellato dalla banca dati.

— Per cui, tecnicamente, l’archivio non contiene le impronte dei soggetti deceduti. E allora come si spiega il vostro reperimento?

— Il fatto è, signor Jackson, che il nome che l’uomo sta attualmente utilizzando è falso, mentre il nome che noi le abbiamo trasmesso, Daniel Buckman, è vero. È rubricato come “deceduto” perché i Federali vogliono che tutti lo credano morto, anche quelli che hanno accesso al loro archivio. Non è insolito che l’Fbi si serva di questa procedura.

— A quale scopo?

Jackson ascoltò attentamente la spiegazione, poi depose lentamente il ricevitore, lo sguardo fisso oltre la finestra. Ora tutto aveva un senso.

LuAnn se n’era andata da pochi minuti, quando Matthew Riggs ricevette una telefonata.

— Abbiamo un problema.

— Che genere di problema?

— Qualcuno ha avuto accesso senza autorizzazione alla tua pratica attraverso il sistema automatico di identificazione delle impronte digitali. E ci sapeva fare, perché ce ne siamo accorti solo dopo il fatto. Stiamo indagando, fai attenzione.

Riggs sbatté giù il ricevitore e schizzò alla scrivania. Aprì un cassetto ed estrasse due pistole, due caricatori e una piccola fondina. Mise in tasca la pistola più grossa e l’altra nella fondina che applicò a una caviglia.

Afferrò l’unità di ricezione radio e si precipitò in macchina, pregando il cielo che LuAnn non avesse rimosso la microspia dalla BMW.

46

— Voleva un rapporto da me. Non è così?

— Lo voglio ancora. E sono certo, LuAnn, che lei abbia molti argomenti interessanti di cui parlarmi.

— Non proprio.

Nell’etere ci fu una pausa prolungata. LuAnn era alla guida della BMW, una mano stretta sul volante, l’altra che stringeva il cellulare. Aveva composto il numero di Jackson e lasciato un messaggio. Lui l’aveva richiamata nel giro di mezzo minuto.

— In che senso non proprio?

— Non credo abbiamo alcun vero problema.

— Sul serio? Oh, che sollievo.

— Vuole ascoltarmi o no? — ribatté LuAnn con asprezza.