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«Ma perché lo ha fatto?» chiese Thora, che non poteva immaginarsi come una persona, giovane per di più, potesse scegliere di farsi deformare così.

«Lo sa solo Dio il perché», rispose Matthew. «Harald non è mai stato una persona come tutte le altre. Dal giorno in cui entrai in contatto con la sua famiglia l’ho sempre visto immischiato con gruppi estremisti: ecologisti d’assalto, no global militanti… Quando finalmente scelse di studiare Storia all’università pensai che avesse ritrovato il suo equilibrio interiore.» Matthew diede un colpetto alla copertina gialla. «Per quale motivo abbia scelto di fare una cosa del genere, non riesco proprio a capirlo.»

Thora non disse niente mentre continuava a ripensare alle foto e alla sofferenza che Harald aveva dovuto subire. «Ma che cosa si era fatto fare, esattamente?» chiese, affrettandosi ad aggiungere: «Cercherò di resistere, questa volta!»

Nello stesso istante entrò la cameriera con il caffè e le ordinazioni. La ringraziarono e aspettarono che si allontanasse, poi Matthew riprese la parola. «Si tratta di una lunga serie di operazioni chirurgiche e interventi di ogni tipo. La cosa che mi ha colpito di più è stata la forma della sua lingua. Ti sei sicuramente resa conto che una delle foto raffigurava la cavità orale di Harald, no?» Thora annuì e lui continuò: «Se l’era fatta tagliare in due per il lungo. Probabilmente per farla assomigliare alla lingua di un serpente, il che, confesso, gli è riuscito perfettamente».

«Come si fa a parlare normalmente con una lingua del genere?» domandò Thora.

«A quanto afferma il medico, non è improbabile che la sua pronuncia fosse peggiorata dopo un simile trattamento, ma non possiamo dirlo con certezza. Comunque, ci ha tenuto a precisare che quell’operazione non è certo diffusa, ma Harald non era affatto un precursore in materia.»

«Però non se l’è certamente fatta da solo una lingua così. Chi esegue questo genere di operazioni?» chiese Thora stupita.

«Il patologo pensa che si tratti di un intervento recente, non essendosi ancora rimarginata del tutto la cicatrice. Comunque non aveva la benché minima idea di chi potesse essere stato, anche se era convinto che chiunque avesse disposto di farmaci anestetici, pinze e bisturi, avrebbe potuto eseguire una tale operazione a occhi chiusi. E non solo medici, ma anche infermieri di sala operatoria o dentisti cioè chiunque sia in grado di prescrivere antibiotici e antidolorifici, o per lo meno garantirne l’accesso.»

«Che roba da matti!» esclamò Thora. «E tutto il resto? Le sfere, la freccetta, i segni, i corni e Dio solo sa cos’altro ancora… Che cos’erano?»

«Secondo quanto dice il medico, Harald si era fatto inserire tutta quella serie di oggettini sotto l’epidermide per farne risaltare il profilo a fior di pelle, come quei cornetti che gli affioravano dalle spalle. È una pratica che viene chiamata implantation, e sta prendendo piede tra i cultori del piercing estremo. Il patologo afferma di aver rimosso trentadue piccoli oggetti, tra cui anche le sfere di vetro che, come avrai visto nella foto, erano cucite nei genitali.» Matthew diresse il suo sguardo imbarazzato a Thora, che beveva rumorosamente il suo caffè. Lei gli sorrise di rimando per rassicurarlo a sua volta di non essersi affatto scandalizzata. Allora Matthew proseguì: «Inoltre c’erano degli altri simboli, che si collegano tutti alla magia nera e al satanismo. Harald era un vero ‘appassionato’: gli rimanevano ormai pochi spazi sul corpo privi di tatuaggi o ornamenti di qualsiasi tipo». Matthew fece una breve pausa per mangiare una tartina, poi proseguì. «Anzi, sicuramente i tatuaggi tradizionali non gli bastavano per niente, poiché quelli che gli hanno trovato addosso erano delle grandi cicatrici.»

«Delle cicatrici?» chiese Thora. «Vuoi dire che se li era fatti rimuovere?»

«No, no. Erano scarificazioni, cioè tatuaggi realizzati facendosi tagliare la pelle o rimuovendola per formare con la ferita una qualche figura o simbolo che fosse. Certo, una strana decisione quella di farsi fare una cosa del genere. Da quello che ho capito dalla spiegazione del medico, per togliersi una cicatrice di quel tipo bisogna farsi applicare un’epidermide nuova con un intervento di chirurgia plastica, e per giunta si formerebbe una nuova cicatrice ancora più grande!»

«Ma va’ un po’ a immaginare…» disse Thora allibita. Al mondo se ne sentivano di tutti i colori! Quando lei era giovane, la cosa più estrema era farsi tre buchi sul lobo dell’orecchio.

«Il medico ha anche aggiunto che uno dei simboli sul corpo di Harald era stato inciso dopo la sua morte. Dapprima si pensava che fosse uno dei suoi tatuaggi più recenti, ma a un controllo più accurato si è scoperto che le cose stavano diversamente. Si tratta a quanto pare di una runa magica che gli è stata incisa sul torace.» Matthew tirò fuori una penna dal taschino della sua giacca e sul tovagliolino di carta tracciò il simbolo. Finito il disegno, lo passò a Thora. «Il medico mi ha detto che è una runa finora sconosciuta, o per lo meno la polizia non è ancora riuscita a trovarne degli esempi noti. È probabile che l’assassino l’abbia inventata sul momento. Oppure che fosse tanto agitato da trasformare il simbolo in uno scarabocchio. Tagliare la pelle non è certo una cosa semplice.»

Thora osservò meglio il disegno, che era composto da quattro linee intersecate a forma di cassa, come nel gioco del tris. Ma alla fine di ogni linea era tracciata un’altra linea più breve, mentre al centro del quadrato c’era un cerchietto.

Thora riconsegnò il tovagliolo al collega. «Purtroppo la mia conoscenza delle rune magiche è pressoché nulla. Una volta avevo una collana con un segno runico, ma non ricordo nemmeno cosa volesse dire.»

«Dovremmo consultare qualche esperto. Non è improbabile che la polizia abbia sorvolato su questo dettaglio nella sua frettolosa investigazione. Chissà che il significato recondito di questa runa non contenga la soluzione del caso», disse Matthew ripiegando in quattro il tovagliolo. «Comunque sia, chi ha ucciso Harald ha certamente voluto comunicare qualcosa, perdendo tempo così. I più non penserebbero che a squagliarsela il prima possibile, dopo aver commesso un omicidio, e a fuggire a centinaia di chilometri dal luogo del delitto.»

«Forse si tratta invece di uno psicopatico», buttò lì Thora. «Non è certo indice di sanità mentale mettersi a tracciare delle rune su un cadavere e strappargli i bulbi oculari!» Il solo pensiero la fece rabbrividire. «Oppure era sotto gli effetti di qualche sostanza stupefacente, il che avvalorerebbe l’ipotesi della colpevolezza del poveraccio già arrestato.»

Matthew scrollò le spalle. «Forse.» Poi si servì una tazza di caffè. «O forse no. Non ci resta altro che fargli visita in prigione, e molto presto.»

«Mi metterò in contatto con il suo avvocato d’ufficio», si offrì Thora. «Non dovrebbe aver problemi a farci avere un colloquio con il detenuto, anzi, ci guadagnerebbe ad aiutarci, dato che i nostri interessi sono ormai comuni. Inoltre ho già inviato alla squadra investigativa la richiesta formale per ottenere la consegna della trafila del caso. Si tratta di un procedimento normale e, a quanto ne sappia, i famigliari la ottengono senza difficoltà di sorta, a meno di noiose eccezioni per casi del tutto particolari.»

Matthew si allungò a prendere un’altra tartina e guardò l’orologio. «Che ne diresti di andare a dare un’occhiata all’appartamento di Harald? Ho con me le sue chiavi e la polizia ha già restituito parte degli oggetti sequestrati durante la perquisizione. Potremmo appunto renderci conto di quali oggetti hanno interessato gli investigatori e se si può ricavarne qualcosa di utile.»