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Marta Mist era appoggiata alla parete del corridoio, spazientita per il ritardo con cui la donna delle pulizie terminava il suo dovere. Non è poi che ci fosse così tanto da fare in quella stanza: buttare via delle lattine, risciacquare qualche tazza e passare lo straccio sui pavimenti. La ragazza gettò un’occhiata all’orologio del cellulare. Maledizione, quella stupida si era certamente sdraiata sul divano. Con gesti rapidi richiamò il numero di telefono di Briet nella memoria dell’apparecchio. C’erano poche cose che le davano sui nervi come il sospetto che i destinatari delle sue telefonate guardassero il display e, riconoscendo il numero, si rifiutassero di rispondere. Ma le sue apprensioni si rivelarono infondate.

«Ciao», rispose Briet.

Marta Mist tralasciò i convenevoli di rito. «Non l’ho trovato. Sei sicura di averlo messo nel cassetto?» chiese in tono secco.

«Merda di una merda!» imprecò Briet con voce tremante. «Ne sono sicurissima, l’ho infilato proprio là. Anzi, tu stessa mi hai visto farlo!»

Marta Mist emise una risata sprezzante. «Scordatelo, non ero nemmeno in grado di mettere a fuoco quello che mi passava davanti!»

«L’ho messo nel cassetto. So bene di averlo fatto», ripeté Briet con ostinazione tirando un profondo sospiro. «Che gli dico ora a Dori? Quello farà il matto.»

«Niente. Non gli dici proprio un cazzo a quello!»

«Ma…»

«Niente di niente, capito? Non è più nel cassetto, e allora? Che altro puoi farci tu?»

«Va bene… Ma non lo so», concluse Briet in tono di sconfitta.

«Comunque, è un bene che io lo sappia», riprese prontamente Marta. «Ho già parlato con Andri, e anche lui è d’accordo con me. Noi non diciamo mente e non facciamo niente, anche perché c’è ben poco da dire e da fare.» Si trattenne dall’aggiungere che c’erano voluti più di venti minuti per convincere Andri a non dire niente, di tutto quanto, ad Halldor. Invece addolcì il tono e concluse: «Non ti preoccupare. Se si trattasse di una cosa seria l’avrebbero già scoperto».

La porta della sala si spalancò e ne uscì la donna delle pulizie. A giudicare dal suo volto, c’erano delle grosse notizie dal mondo degli strofinacci! Aveva l’aspetto di una costretta a ingoiare del rabarbaro inacidito. Quanto tempo perso, pensò Marta Mist staccandosi di scatto dalla parete. «Briet», disse al telefono, «la tizia delle pulizie è appena uscita. Ora posso mettermi a cercare meglio. Ti chiamo più tardi», e chiuse la conversazione telefonica senza salutare. I soliti impicci della malora.

11

Thora sedeva alla scrivania di Harald Guntlieb, intenta a sfogliare una catasta di documenti. A un certo punto, sollevò gli occhi dai fogli, si stiracchiò e sbirciò Matthew, il quale sedeva in una poltrona nell’angolo dello studio, a sua volta immerso nella lettura. Avevano entrambi deciso di mettersi subito a indagare sugli atti indiziari che la polizia aveva prelevato durante la perquisizione dell’appartamento e di recente restituito. Si trattava di tre voluminosi scatoloni di cartone pieni di documenti di ogni tipo e, dopo meno di un’ora di lettura e catalogazione, Thora stava cominciando a perdere di vista il senso di quella ricerca. Le carte provenivano da diverse fonti: la maggior parte di esse era legata in un modo o nell’altro agli studi di Harald, poi c’erano estratti conto bancari, delle carte di credito e di altre istituzioni. Dal momento che quasi tutto era scritto in islandese, Matthew non si stava dimostrando di grande aiuto.

«Che cosa stiamo cercando di preciso?» chiese Thora di punto in bianco.

Matthew abbassò la pila di fogli in inglese che teneva tra le mani e la posò sul tavolino al suo fianco, stropicciandosi poi gli occhi per la stanchezza. «Innanzitutto stiamo cercando qualcosa che è sfuggita agli investigatori e che ci spieghi, per esempio, dove sia andato a finire il denaro prelevato da Harald poco dopo il trasferimento dal suo conto in banca tedesco alla banca islandese. Inoltre potremmo anche imbatterci in…»

Thora lo interruppe. «Tutto ciò non mi è di nessun aiuto. Quello che intendevo dire è che forse faremmo meglio a riflettere su chi potrebbe essere implicato nell’omicidio o, per lo meno, chi ne ricaverebbe un qualche utile. Io non ho nessuna esperienza di indagini per omicidio e vorrei sapere come si procede di solito, prima di andare avanti con questa lettura apparentemente mutile. Certo, non mi entusiasmerebbe rimettermi a leggere tutte queste carte dall’inizio quando mi spiegherai cosa cercare.»

«No, hai ragione», convenne Matthew. «Però non sono affatto sicuro di sapere cosa risponderti. In effetti non stiamo cercando niente di preciso in anticipo. Mi dispiace ammetterlo. E in un certo senso non stiamo cercando niente in assoluto. Quello che stiamo facendo ora è delineare il tipo di vita svolto da Harald prima e fino al momento della sua morte, per tentare di capire quali circostanze abbiano portato all’omicidio. E se nel frattempo troviamo anche qualcosa che ci porti a indiziare qualcuno, è solamente un colpo di fortuna. Ma se ti serve per demarcare le piste da seguire, posso dirti che il più delle volte i motivi che spingono una persona a commettere un omicidio sono la gelosia, l’ira, i soldi, la vendetta, un attimo di pazzia, la legittima difesa e le psicosi sessuali.»

Thora si attendeva qualcosa di più, ma era chiaro che Matthew aveva terminato la sua elencazione. «Beh, ci dovrà pur essere dell’altro, no?»

«Ti ho già detto di non essere un esperto in materia», rispose Matthew innervosito. «Esistono certamente numerose altre ragioni, ma quelle che ti ho elencato sono per il momento le uniche che mi vengono in mente.»

Thora meditò su quell’osservazione prima di riprendere la parola. «D’accordo, diciamo che questi sono i motivi principali. Ma quale di essi potrebbe riguardare l’omicidio di Harald? Aveva per caso dei rapporti intimi con qualche donna? Potrebbe trattarsi di un delitto passionale?»

Matthew scosse il capo. «No, non penso che avesse delle relazioni fisse. Ma non è da escludere che la gelosia possa aver giocato qualche ruolo in questa vicenda. Forse qualcuno lo amava senza esserne ricambiato.» Per un istante Matthew tacque, poi riprese: «Però le donne molto raramente strangolano le loro vittime; no, non credo si tratti di un delitto passionale».

«No, appunto», disse Thora pensierosa. «A meno che il delitto passionale non sia stato commesso da un altro uomo. Harald era omosessuale, che tu sappia?»

Matthew rimase impassibile. «No, non penso proprio. Anzi, ne sono sicuro.»

«Come lo sai?»

«Lo so e basta», rispose Matthew che, scorgendo l’espressione scettica di Thora, aggiunse: «È una mia dote istintiva, io me lo sento subito se qualcuno gioca per l’altra squadra. Non so come spiegarlo, ma il mio intuito è finissimo».

L’avvocatessa decise di non impelagarsi in una discussione del genere, pur dubitando che le presunte facoltà di Matthew nel riconoscere le tendenze sessuali altrui fossero maggiori di quelle di qualunque altra persona. Anche il suo ex marito, per esempio, era posseduto da simili preconcetti campati in aria, e che di solito crollavano miseramente alla prova dei fatti. Meglio cambiare argomento. «Non essendoci né segni di violenza sessuale né tracce di atti osceni, potremmo forse escludere il delitto passionale.»