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«Mi ha detto di essere un avvocato. Quale funzione sta svolgendo per conto della famiglia di Harald? Qualcosa che riguarda l’eredità? Quello che vedo qui appeso alle pareti deve avere un valore inestimabile.»

«No, non si tratta di niente del genere. Stiamo vagliando le indagini sull’omicidio condotte dalla squadra investigativa, dato che la famiglia non è affatto soddisfatta delle sue conclusioni.»

Gunnar la squadrò con gli occhi spalancati. Il pomo di Adamo gli andava su e giù. «Che intendete dire? Non hanno già scoperto l’assassino, quello che spacciava?»

Thora non si scompose. «Riteniamo che alcuni particolari del caso escludano la sua colpevolezza», spiegò, rendendosi subito conto che Gunnar non era affatto contento di quelle novità. Allora aggiunse: «Comunque è ancora tutto da vedere. Forse ci stiamo sbagliando. O forse no».

«La cosa forse non mi riguarda, ma che cosa avete scoperto che possa scagionare il detenuto? La polizia sembra convinta di avere in mano il vero colpevole. Sapete per caso qualcosa che loro non sanno?»

«No, non stiamo nascondendo agli agenti delle informazioni segrete, se è ciò che intende», rispose Thora recisa. «Solo che non siamo per nulla soddisfatti delle loro deduzioni su alcuni particolari di un certo peso.»

Gunnar sospirò. «Dovete perdonare la mia irriverenza, ma quando si parla di quello che è accaduto perdo il controllo. Desideravo tanto che si potesse ormai archiviare il caso, che è risultato gravoso per me personalmente, ma di cui anche l’intera facoltà ha subito le conseguenze negative.»

«La capisco benissimo. Ciò non significa però che si possa condannare la persona sbagliata per preservare la reputazione della sua facoltà, non le sembra?»

Gunnar si rese immediatamente conto del suo errore. «No, no, no. Certo che no. Si corre sempre il rischio di pensare troppo alla propria pelle. Ovviamente ci sono dei limiti, non mi fraintenda.»

«Ma tornando al dunque, per quale motivo si trova qui ora?» domandò Thora, chiedendosi al contempo che fine avesse fatto Matthew.

Gunnar spostò lo sguardo dal volto di Thora a uno dei quadri alle pareti. «Io… speravo di potermi mettere in contatto con qualcuno che si occupa degli affari di Harald. E mi pare di esserci riuscito al primo colpo.»

«A che scopo?»

«Poco prima di essere ucciso, Harald aveva… come si può dire… cioè, aveva appena ricevuto in prestito un documento custodito dall’università, che non è mai stato restituito. Ed è quello che sto cercando.»

«Che tipo di documento? Qui ce ne sono a iosa.»

«Si tratta di un’antica missiva inviata all’inizio del sedicesimo secolo al vescovo di Roskilde. Era in prestito dalla Danimarca e perciò è di vitale importanza che non vada smarrita.»

«La cosa suona alquanto grave», ammise Thora. «Avete già sporto denuncia di furto alla polizia?»

«No, ci siamo accorti solamente da poco della sparizione. Quando venni sottoposto agli interrogatori non ne sapevo ancora nulla, altrimenti lo avrei sicuramente detto. Venendo qui oggi speravo di risolvere il problema in maniera più semplice, senza dovermi rivolgere alla questura. Non me la sento proprio di stilare l’ennesimo verbale. Non ne posso più di tutta questa storia. Comunque questo documento non ha niente a che vedere con il delitto, glielo posso garantire.»

«No, probabilmente no. Intanto posso dirle che non l’ho visto tra le carte di Harald, anche se stiamo ancora analizzando il materiale in casa sua. Può anche darsi che venga fuori.»

Matthew entrò concitato tenendo in mano alcuni fascicoli, si sedette su un divano e con un enfatico gesto della mano invitò gli altri due a fare la stessa cosa. Thora si accomodò sulla poltrona, mentre Gunnar si mise a sedere sul divano di fronte a Matthew. Thora spiegò al suo collega il motivo della visita di Gunnar, e Matthew ribadì al professore le stesse cose che la donna gli aveva già detto: non avevano rinvenuto nessun documento del genere, ma ciò non significava che non lo potessero trovare in seguito. Poi depositò il fascio di fogli sul tavolo e si rivolse a Gunnar. «Lei era il correlatore della tesi di master di Harald, se non sbaglio, e lo assisteva nelle ricerche, vero?»

«Sì e no, per così dire», rispose Gunnar con circospezione.

«In che senso?» disse Matthew con poco garbo. «Non è una certezza chi fa da correlatore alla tesi?»

«Sì, sì, certo», si affrettò a rispondere Gunnar. «Il fatto è che Harald non era così avanti con la sua trattazione da dover ricorrere all’assistenza del rappresentante di facoltà. Intendevo dire solamente questo. Inoltre Thorbjörn Olafsson si era incaricato di seguirlo. Io invece fungevo da soprintendente e me ne occupavo da lontano, non so se mi spiego.»

«Capisco. Però doveva già avervi consegnato uno schema, o almeno un’idea del lavoro che aveva intrapreso.»

«Ovviamente. Ci aveva fatto avere una specie di estratto, un sunto dell’elaborato, anzi, se ben ricordo ce l’aveva dato all’inizio del suo primo trimestre nel nostro dipartimento. Dopo aver controllato l’argomento, demmo alla tesi il nostro benestare. Thorbjörn era poi incaricato di seguirla nei minimi particolari, essendo un soggetto di sua competenza.»

«Qual era la materia della dissertazione?» domandò Thora.

«Il confronto tra i roghi delle streghe in Islanda e in Europa, soprattutto nelle regioni che oggi appartengono alla Germania, dove la persecuzione assunse le sue forme più atroci. Harald aveva già svolto studi relativi alle condanne al rogo nella sua tesi di laurea presso l’Università di Monaco.»

Matthew annuì pensieroso. «Da quello che ho capito, le condanne al rogo delle streghe qui in Islanda risalgono al Seicento.»

«Sì, appunto, anche se esistono fonti relative a singoli individui condannati per stregoneria già nei secoli precedenti. Comunque le persecuzioni vere e proprie qui non ebbero inizio prima del 1600. La prima condanna al rogo accertata da documentazione scritta risale all’anno 1625.»

«Sì, è precisamente ciò che pensavo», concordò Matthew con espressione stupita, poi sparse sul tavolo i fogli che erano appartenuti ad Harald. «Ora, dalla lettura di queste pagine emerge pochissimo sui roghi islandesi, anzi, non riesco proprio a comprendere per quale motivo Harald dimostrasse tanto interesse per avvenimenti collocabili in epoche così differenti. Lei ci potrebbe forse spiegare eventuali nessi storici al proposito, nessi che altrimenti ci sfuggirebbero.»

«A quali vicende si riferisce?» chiese Gunnar, piegandosi sulla pila di fotocopie e di fogli stampati.

Mentre il professore esaminava gli articoli, Matthew si mise a elencargli gli argomenti: «L’eruzione del vulcano dell’Hekla nel 1510; la peste in Danimarca all’inizio del Cinquecento; la riforma luterana in Islanda nel 1550; le grotte degli eremiti irlandesi precedenti alla colonizzazione del Paese e altri soggetti di questo tipo. Io, da parte mia, non vedo alcun collegamento, ma naturalmente non faccio lo storico di professione.»

Gunnar passò in rassegna tutto il materiale prima di riprendere la parola. «Beh, non è detto che tutti gli argomenti debbano per forza avere un nesso diretto con la tesi. Harald può anche essersi procurato questi articoli per altri corsi di laurea che stava frequentando. Devo però confessare che la colonizzazione islandese è la mia specializzazione e che Harald non frequentava nessuno dei miei corsi, per cui non riesco a spiegare la presenza di un saggio sui monaci irlandesi. In ogni modo ritengo che questi articoli si riferiscano ad argomenti trattati nei corsi che Harald frequentava, non alla tesi di master.»

Matthew fissò Gunnar negli occhi. «No, non sono d’accordo. La maggior parte di questi scritti proviene da una cartella etichettata Malleus — nome che lei dovrebbe sicuramente conoscere.» Matthew indicò i fori sul margine sinistro delle pagine. «La mia deduzione era stata invece che Harald avesse raccolto questo materiale proprio per le sue ricerche sulle pratiche magiche o simili argomenti.»