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«No, le epidemie non c’entrano.» Matthew la guardò negli occhi. «La caccia alle streghe, piuttosto. Torture ed esecuzioni capitali, niente di particolarmente ameno. Purtroppo, Harald nutriva tali interessi.»

«Capisco», disse Thora, nonostante non avesse capito affatto. «Forse è meglio mangiare prima e poi discuterne.»

«Non ce n’è bisogno, dal momento che tutti i dati relativi al caso si trovano nel dossier preparato per lei.» Matthew afferrò di nuovo il menu. «Più tardi riceverà anche alcune casse, contenenti gli effetti personali di Harald, che la polizia ha già restituito. Si tratta di materiale relativo alla sua tesi di master, che le fornirà informazioni più dettagliate; sto inoltre aspettando la restituzione del suo computer e di altri oggetti personali che potrebbero aiutarci nella ricerca.»

Entrambi lessero il menu in silenzio.

«Pesce», disse Matthew senza sollevare lo sguardo. «Se ne mangia parecchio qui da voi.»

«È ovvio», fu l’unica cosa che a Thora venne in mente di rispondergli.

«Il pesce non rientra tra i miei piatti preferiti», commentò Matthew.

«Dice sul serio?» Thora chiuse il suo menu. «A me invece piace da morire. Penso di ordinare una sogliola al forno.»

Matthew optò, alla fine, per una sfogliata. Non appena il cameriere si fu allontanato, Thora domandò per quale motivo la famiglia di Harald pensasse che la polizia avesse arrestato la persona sbagliata.

«Per diverse ragioni: in primo luogo Harald non avrebbe mai sprecato il suo tempo a litigare con un infimo spacciatore di droga.» La guardò fissa negli occhi. «Non è un mistero che Harald facesse uso saltuario di sostanze stupefacenti e che bevesse. Era giovane. Comunque, non era né un drogato né un alcolizzato, come potrebbe pensare.»

«Si tratta ovviamente soltanto di una questione di definizioni», lo interruppe Thora. «A mio parere, il ripetuto consumo di sostanze allucinogene non è altro che tossicodipendenza.»

«Sulla tossicodipendenza ne so molto più di quanto lei pensi.» Matthew fece una pausa, poi si affrettò a correggersi: «Non intendo dire personalmente, ma a causa del mio lavoro. Harald non era affatto un tossicodipendente, nonostante fosse sulla via di diventarlo, ma, ripeto, non è stato questo il motivo per cui è stato ucciso».

Thora si rese conto di non avere la più pallida idea del motivo per cui avessero inviato in Islanda l’individuo seduto di fronte a lei. Certamente non per invitarla a pranzo e criticare il pesce islandese. «Lei quali funzioni svolge, esattamente, per la famiglia Guntlieb? La signora mi ha detto che lavora per suo marito.»

«Mi occupo di tutti i sistemi di controllo della banca. Il che include, tra l’altro, la verifica dei dati personali di tutti i futuri impiegati, la gestione dei meccanismi di sicurezza e il trasporto di valuta.»

«Niente a che fare con la droga, mi pare.»

«No. Mi riferivo al mio lavoro precedente. Per dodici anni sono stato ispettore della polizia investigativa di Monaco.» La guardò di nuovo negli occhi. «Di omicidi ne so abbastanza per assicurarle senza alcun dubbio che l’indagine della polizia islandese su questo caso presenta numerose lacune. Non ho nemmeno avuto bisogno di incontrare i membri della squadra investigativa per rendermi conto che l’ispettore non ha la minima idea di cosa stia facendo.»

«Come si chiama l’ispettore?»

Thora sospirò quando capì, nonostante la pessima pronuncia dell’islandese, la risposta di Matthew: Arni Bjarnason. «Conosco quel tipo da altri casi: un asino con la coda. Che sfortuna capitare proprio con lui!»

«Esistono inoltre altri motivi per cui la famiglia ritiene che lo spacciatore non c’entri niente.»

Thora sollevò lo sguardo: «Per esempio?»

«Poco prima della sua morte, Harald aveva prelevato un’ingente somma di denaro dal suo conto bancario. E ancora non hanno scoperto che fine abbiano fatto quei soldi. Si tratta di una cifra assai maggiore di quanto avrebbe potuto spendere per della droga, neanche se avesse voluto bucarsi per molti anni!»

«Forse aveva investito il denaro nello spaccio di stupefacenti, non crede?»

Matthew sbuffò ironicamente: «Da escludere. Harald non aveva bisogno di denaro. Lui stesso era ricchissimo, avendo ereditato una somma spropositata da suo nonno».

«Capisco.» Thora non voleva continuare quella sorta di primo grado, però le interessava sapere se ci fosse altro dietro tutta la faccenda. Magari passione per i gesti spericolati o semplicemente stupidità.

«La polizia non è riuscita a dimostrare che lo spacciatore abbia preso il denaro svanito. La sola connessione venuta in luce tra Harald e il mondo dello spaccio riguarda l’acquisto saltuario di dosi per uso personale.»

Finalmente l’ordinazione arrivò sul tavolo e i due mangiarono senza rivolgersi la parola. Thora si sentiva a disagio, purtroppo, però, non le era mai venuto naturale parlare tanto per parlare, per cui decise di rimanere zitta.

Alla fine del pranzo ordinarono il caffè e quasi immediatamente ne comparvero due tazze bollenti, la zuccheriera e una brocca d’argento con il latte.

Thora sorseggiò il caffè, infine ruppe il silenzio: «Ha con lei il contratto a cui dovevo dare un’occhiata?»

Matthew si allungò verso la valigetta sulla sedia accanto alla sua e tirò fuori una cartella sottile che consegnò all’avvocatessa: «Tenga. Lo porti pure via: domani lo potremo leggere insieme per apporre le eventuali modifiche da parte sua, previa approvazione della famiglia Guntlieb. Comunque, si tratta di un accordo equo e onesto, che dubito possa sollevare qualche obiezione.» Matthew infilò di nuovo la mano nella valigetta e vi estrasse un’altra cartella, molto più spessa.

«Prenda con sé anche il dossier di cui le ho parlato e gli dia un’occhiata prima di prendere una decisione definitiva. Dalla lettura emergeranno dettagli tristi e disgustosi, di cui vorremmo sia al corrente in anticipo.»

«Ma lei crede davvero che io non me la senta?» chiese Thora, un po’ offesa dal suo tono paternalistico.

«In verità non so proprio cosa dirle, ed è per questo che la prego di dare una rapida scorsa al fascicolo. Contiene anche le foto della scena del delitto, che non sono certo per stomachi deboli, oltre a pagine di descrizioni alquanto ripugnanti. Tramite una persona di cui non ho alcuna intenzione di rivelare l’identità sono riuscito a procurarmi ulteriori dettagli riguardanti l’indagine della polizia». Matthew posò la mano sulla cartella. «Qui si trovano anche informazioni sulla vita privata di Harald, particolari del tutto confidenziali e assai delicati che solo pochi conoscono. È sottinteso che, nel caso decida di rinunciare all’incarico, tali informazioni dovranno rimanere segrete. La famiglia Guntlieb non tollererà fughe di notizie di alcun genere.» L’uomo tolse la mano dal dossier e guardò Thora negli occhi: «Non ho intenzione di appesantire ancor di più il loro fardello».

«Capisco», rispose Thora. «Le posso garantire che non sono abituata a spettegolare del mio lavoro.» Lo fissò di rimando e aggiunse decisa: «Mai».

«Perfetto.»

«Ma se avete già raccolto tutti questi dati, per quale motivo vi siete rivolti a me? Non mi sembra che abbiate avuto difficoltà a ottenere ciò che volevate anche senza il mio aiuto.»

Matthew tirò un respiro profondo: «Le dirò subito il perché. Io sono uno straniero qui. Occorrerà parlare con persone che, sicuramente, a me non diranno mai la verità. Finora non ho fatto altro che grattare la superficie, e la stragrande maggioranza delle informazioni sulla vita privata di Harald le ho ottenute in Germania. Non sono il tipo a cui gli altri amano rivelare dettagli personali delicati e scabrosi».

«Il che non mi sorprende…» si lasciò sfuggire Thora.

Matthew sorrise per la prima volta. Lei si meravigliò di quel sorriso sereno, in un certo senso puro e semplice, nonostante il biancore eccessivo e la perfezione dei denti. Non poté far altro che ricambiarlo aggiungendo con voce imbarazzata: «Di quali scabrosi dettagli dovrò discutere con i vari testimoni?»