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«Perché, si collegava con le persecuzioni, per caso?» chiese Thora.

«Ovviamente», rispose Thorbjörn. «Era lui il vescovo in quel periodo, e aveva una fama di persona mite e tollerante. È cosa risaputa che avesse evitato la condanna al rogo di alcuni seminaristi di Skalholt, nelle cui dimore era stato rinvenuto un opuscolo contenente formule magiche. Approfondendo invece le ricerche, si venne a scoprire l’altro verso della medaglia. Per esempio, non aveva fatto nulla per porre un freno all’operato di suo cugino, don Pall di Selardalur, che era uno dei promotori più ferventi della caccia alle streghe locale. Nella giurisdizione di quel parroco vennero addirittura mandate al rogo sette persone sospettate di aver provocato delle malattie nella fattoria di sua proprietà.»

«Harald era particolarmente interessato all’opuscolo a cui accennava?» domandò Matthew.

Thorbjörn scrollò il capo lentamente. «No, non mi pare affatto. Si tratta di un volume comunemente nominato Skalholtskraeda, che significa ‘il libretto di Skalholt’, ed è probabile che il vescovo Sveinsson l’avesse distrutto già a suo tempo, anche se si era ricopiato per sé le ottanta rune magiche descritte, se ben ricordo. Harald invece aveva un interesse morboso per la biblioteca privata del religioso, che comprendeva libri e codici di vario genere e interesse. Anche la sua storia personale aveva attratto la sua attenzione, com’è ovvio.»

«Come mai?» domandò Matthew allargando le braccia. «Io di storia islandese non ne so proprio niente.»

Thorbjörn gli rivolse uno sguardo di commiserazione. «Per farla breve, il vescovo ebbe sette figli, di cui solamente due sopravvissero all’infanzia, Ragnheidur e Halldor che però morì giovane», cominciò a spiegare. «Ragnheidur concepì un figlio illegittimo nove mesi dopo che suo padre le aveva fatto giurare, alla presenza di numerosi preti, che era ancora vergine immacolata. Il giuramento era stato necessario per controbattere le voci che la ragazza avesse una relazione sessuale con un giovane assistente di suo padre, un certo Dadi. Il figlio che nacque da quell’unione venne lasciato in affido ai parenti del padre, e Ragnheidur morì alcuni anni dopo, mentre Brynjolfur Sveinsson si trovava all’estero per motivi di studio. Il vescovo tornò così a prendersi l’unico discendente che gli era rimasto, Thordur figlio di sua figlia, che aveva ormai sei anni. Il bambino divenne immediatamente il pupillo dei nonni, ma la moglie di Sveinsson morì tre anni dopo l’arrivo del piccolo a Skalholt. E per coronare il ciclo di sventure, il povero Thordur morì di tubercolosi all’età di dodici anni. Al che il vescovo, una delle figure più importanti dell’intera storia nazionale, rimase solo, senza famiglia e senza discendenti. Harald mi sembrò affascinato da questa triste vicenda, e dalle interpretazioni a cui la si poteva sottoporre. Se il vescovo, per esempio, si fosse rivelato più tollerante verso sua figlia nel momento del bisogno, probabilmente le cose sarebbero andate meglio per lui e per tutta la sua famiglia. Ragnheidur infatti aveva reagito all’affronto con l’affronto, cioè aveva dovuto giurare pubblicamente alla Chiesa di essere vergine, ma la sera stessa si era incontrata con Dadi per vendicarsi dell’umiliazione inflittale dal suo stesso padre.»

«Non mi sorprende l’interesse di Harald per questa storia», disse Thora. Di certo il ragazzo aveva compatito la povera Ragnheidur. «Stava per caso ancora studiando la vita di Brynjolfur Sveinsson quando venne ucciso, oppure era già passato a qualche altro argomento?»

«Se mi ricordo bene, il suo interessamento per il vescovo era diminuito, dopo che ne aveva indagato la vita per filo e per segno. In ogni modo, mi è stato detto che la settimana precedente il delitto si era preso un periodo di vacanza, cosicché non saprei dire che cosa stesse facendo negli ultimi tempi.»

«Lei sa se Harald, oltre agli studi, fosse venuto in Islanda per altri motivi personali? Se stesse cercando, tanto per dire, qualche reperto antico, che potesse avere un valore storico?» domandò Matthew.

Thorbjörn rise. «Intende dire una specie di tesoro? No, non avevamo mai discusso una cosa del genere. Harald sembrava avere i piedi per terra. Era uno studente di ottimo livello e con me la collaborazione era ottima. Non fatevi ingannare dalle lagnanze di Gunnar.»

Thora decise di cambiare argomento e passare alla riunione del corpo insegnante che si era svolta nell’edificio la sera fatidica.

«Ai vostri ordini», disse Thorbjörn. Il lampo di ironia era ora scomparso dai suoi occhi. «Eravamo qui quasi tutti, noi insegnanti del dipartimento. State per caso facendo delle insinuazioni o cosa?»

«No, assolutamente no», rispose Thora senza indugi. «Chiedevo solamente, nella debole speranza che vi foste accorti di qualcosa che possa aiutare le nostre indagini. Qualcosa a cui non avevate fatto caso allora, e quindi non era stato riferito agli inquirenti. Spesso certe cose si ricordano molto più tardi.»

«Dubito che possiamo farlo. Eravamo andati via da un pezzo quando il colpevole entrò, se ho ben capito la ricostruzione della polizia. Brindavamo alla domanda di collaborazione, tramite il programma Erasmus, con un’università norvegese. E dato che non siamo certo conosciuti per dare feste emozionanti, potete immaginare che per mezzanotte ce ne eravamo già tornati tutti a casa.»

«Ne è proprio sicuro?» chiese Matthew.

«Sicurissimo al cento per cento. Sono stato io l’ultimo a uscire e a mettere l’allarme. Se qualcuno fosse rimasto lì dentro, l’allarme sarebbe scattato immediatamente in tutto l’edificio. Lo so bene perché è capitato proprio a me, e non è stata una bella esperienza, ve lo posso garantire.» Poi guardò fisso Matthew, che non appariva convinto, e aggiunse: «Il rapporto stampato del sistema d’allarme lo conferma».

«Non ne dubito», ribatté Matthew senza battere ciglio.

10 dicembre 2005

24

Come annunciato dalle previsioni del tempo, la sera precedente, era una splendida giornata. Si trovavano negli uffici della Scuola di Volo, dove il giorno prima Thora e Matthew avevano prenotato il noleggio di un biplano. Matthew era impegnato nella compilazione dei vari formulari per il pilota mentre Thora approfittava dell’occasione per sorseggiare la tazza di caffè offerta dalla scuola. Il prezzo del volo l’aveva sorpresa in positivo, dato che il tragitto per Holmavik — un paio d’ore fra andata e ritorno — costava meno che recarvisi in auto e pernottare nell’albergo del paese. Anzi, le avevano addirittura offerto un prezzo scontato se avessero accettato di farsi pilotare da uno studente di volo. Thora aveva deciso di viaggiare al prezzo intero.

«Va bene, allora siamo quasi pronti per partire», disse il pilota con il sorriso sulle labbra. La sua giovane età dimostrava che non era certo passato molto tempo da quando lui stesso veniva «noleggiato» a prezzo scontato.

Partirono dall’aeroporto interno di Reykjavik, che dall’alto appariva ben più grande che da terra. Matthew guardava con interesse il panorama sottostante, mentre Thora preferiva tenere lo sguardo fisso in avanti. Dopo meno di un’ora avvistarono l’aeroscalo di Holmavik. Thora si rese conto che era una pista d’atterraggio di quelle ghiaiose, tipiche dei paesini di campagna, con una baracca a fare da scalo. L’aeroporto era nelle immediate vicinanze del villaggio, dall’altra parte della statale. Il pilota sorvolò a bassa quota la pista per controllarne le condizioni, poi virò soddisfatto e compì un atterraggio morbido. I tre si tolsero le cinture di sicurezza e uscirono.

Matthew tirò subito fuori il suo cellulare. «Qual è il numero della stazione dei taxi», chiese al pilota.

«Stazione dei taxi?» rispose quello ridendo di cuore. «Qui non c’è nemmeno il taxi, figuriamoci la stazione. Guardate che dovete andare a piedi.»