«Quella mattina trovai anche un’altra cosa. Nel cassetto delle posate. Ora te lo mostro. Vieni.»
Laura seguì Gloria in uno degli sgabuzzini al primo piano, dove lei salì su una scaletta e si allungò a prendere qualcosa sullo scaffale più alto. Poi ridiscese con un oggetto avvolto in un fazzoletto e lo porse a Laura. Per fortuna aveva smesso di piangere. «L’ho conservato perché sapevo che era una cosa strana. E quando scoprirono il corpo mi resi conto di cosa fosse e mi spaventai a morte. Ci ho sicuramente lasciato le mie impronte digitali, e la polizia adesso mi accuserà dell’omicidio. Ma non l’ho ammazzato io.»
Laura aprì l’involucro con estrema cautela. Quando però vide l’oggetto contenuto le scappò un urlo e si fece il segno della croce. Al che Gloria perse il suo già precario autocontrollo e scoppiò di nuovo a piangere.
Gudrun — o Gurra come la chiamavano gli amici — fece appello a tutte le sue forze per resistere alla tentazione di mangiarsi le unghie. Era trascorso così tanto tempo da quando aveva smesso di farlo, che non si ricordava nemmeno più quando era stata l’ultima volta. Era stato prima o dopo aver sposato Alli? Gurra si guardò le mani fresche di manicure e rimpianse di non essersi messa lo smalto, altrimenti avrebbe almeno potuto rosicchiare quello per sfogare il suo nervosismo. Nel tentativo di distrarsi, decise di andare in cucina. Era sabato e da brava moglie avrebbe potuto preparare una bella cenetta. Alli lavorava tutti i giorni tranne la domenica, per cui il sabato sera era l’unico momento in cui poteva rilassarsi senza pensare al domani. Guardato l’orologio, si rese conto che era ancora troppo presto per cominciare a cucinare. La donna sospirò. La casa era pulita e lucida, cosicché non poteva nemmeno mettersi a spolverare o cose del genere. Ma qualcosa doveva pur fare per passare il tempo, se non voleva impazzire. Qualcosa che le facesse dimenticare per un attimo la sua angoscia. Quanto si era preoccupata quando la polizia aveva bussato alla sua porta con il mandato di perquisizione per l’appartamento al piano superiore. Che ricordo spiacevole. Ma poi non era successo niente, incredibile ma vero, e lei aveva ricominciato a fare la solita vita. Fino a qualche giorno prima.
Che diamine voleva quella gente? Perché si erano messi a ficcare il naso in casa sua? Si ritenevano più furbi della polizia? Che motivo c’era di rivangare l’intera faccenda?
Gurra emise un sospiro profondo. Che le era venuto in mente? Certo, il povero Alli era irritante e ormai completamente disinteressato al loro matrimonio, ma non era certo il caso di farselo sfuggire proprio adesso. Per tenerselo buono aveva investito parecchio nel proprio aspetto esteriore, visto che a quarantatrè anni proprio non se la sentiva di ritornare sul mercato delle donne in cerca di marito.
Che cretina era stata. Andare a letto con l’inquilino del piano di sopra! E pensare che quell’appartamento lo avevano affittato a ragazzi ben più attraenti di quel balordo del tedesco. Che tipo strampalato. Doveva essere impazzita per andarci a letto non soltanto una volta, ma almeno due o tre. Comunque, il sesso con quell’individuo era stato eccitante, questo non poteva negarlo. Il flirt aveva avuto un alone di avventura, il fascino del proibito. Inoltre Harald era decisamente più giovane di suo marito e perciò assai più dinamico ed esuberante a letto. Peccato che fosse così ricoperto di cicatrici, piercing e quant’altro.
Pensa, pensa. Respira piano e a lungo. Come avrebbero fatto a scoprirlo? Non lo sapeva nessuno della sua scappatella, o perlomeno lei non l’aveva detto ad anima viva. Il suo buon senso le aveva impedito persino di vantarsene con la sua migliore amica. Quanto ad Harald, non si era sicuramente messo a raccontare in giro le sue prodezze con lei, dato il flusso continuo di belle ragazze nel suo appartamento. Se avesse sentito il bisogno di sbandierare le sue conquiste amorose, avrebbe di certo preferito loro a lei. Gurra si concentrò su quel particolare. In effetti, il flusso continuo altro non erano che due ragazze, una alta e con i capelli rossi, l’altra bassa e bionda. Ma perché mai avrebbe dovuto parlare proprio di lei con loro? Una cosa era certa: la polizia non sapeva ancora niente della relazione. Quando aveva parlato con gli investigatori, quella faccenda non era mai stata tirata fuori. Né dalle loro parole, né dai loro gesti era trasparito il sospetto che tra di loro ci fosse altro del normale rapporto tra locatario e inquilino. E in realtà verso la fine era proprio quello che era successo: Harald le aveva detto di non volerne sapere più di quella storia perché era troppo impegnato con gli studi e così via. A ripensarci sentì un tuffo al cuore. Avrebbe preferito essere stata lei a lasciarlo, comunque il congedo era avvenuto in termini amichevoli e gentili, e il ragazzo l’aveva persino ringraziata per le belle ore passate insieme. Invece la sua reazione era stata indegna di lei. Come se ne vergognava ora! E come avrebbe perso la faccia se si fosse saputo quello che aveva fatto. Ma l’aveva irritata il fatto che Harald le avesse tenuto nascosto il vero motivo della rottura. Si era trovato una fidanzata. Gurra li aveva visti entrare e uscire dall’appartamento diverse volte, la settimana precedente il delitto. Era una nuova ragazza, una che non aveva mai messo piede prima di allora a casa di Harald, ne era sicura. Tra di loro parlavano tedesco, e lei ne aveva dedotto che si trattasse di una sua connazionale — ormai le islandesi non lo accontentavano più, evidentemente. E poi, lei aveva messo in pericolo il suo matrimonio, tutta la sua esistenza, e invece lui l’aveva scaricata per una misera fidanzatina da strapazzo. Che disgraziato!
Ma che ci poteva fare ormai? Ora era tutto finito, e non serviva a niente rivangare il passato. Anzi, sperava fosse sepolto per sempre. Gurra pensò di occuparsi della lavanderia, che da tempo non era stata sistemata come si deve. Lo stanzino si trovava sotto la scala d’ingresso ed era accessibile a entrambi gli appartamenti. Girò la chiave nella serratura ed entrò. Sì, c’era proprio bisogno di mettere a posto lì dentro. Si vedevano addirittura le impronte dei cani antidroga, che avevano cercato dappertutto eventuali sostanze stupefacenti. Per fortuna non avevano trovato niente di simile. Ci mancava solo che lei e suo marito finissero nell’elenco dei sospettati o in qualche altra lista, nel caso fosse stata scoperta della droga nel locale in comune. Comunque gli agenti avevano voluto che i coniugi fossero presenti durante la perquisizione. Gurra era rimasta tutto il tempo sulle spine: lei non aveva mai provato nessuna droga, chissà invece cosa prendeva Alli in quei suoi viaggi senza fine. In ogni modo andò tutto a finire bene, i cani non annusarono niente di interessante e i poliziotti se ne andarono senza aver trovato niente di niente. Uno dei cani aveva infilato il muso nell’asciugatrice e nella lavatrice e ce l’aveva tenuto a lungo, ma poi se n’era andato come se niente fosse.
La donna aprì l’armadietto e tirò fuori scopa e secchio. Chinandosi, notò una cassa e la fissò stupita. L’ultima volta che aveva fatto le pulizie lì dentro di casse come quella non ce n’erano, ne era assolutamente certa. Gurra la estrasse dall’armadietto con estrema attenzione. Doveva essere appartenuta ad Harald. Quando aveva pulito lì dentro l’ultima volta? Mio Dio, ora si ricordava: stava proprio sistemando lo stanzino quando il ragazzo l’aveva piantata. Lui era entrato per fare una lavatrice quando lei gli aveva fatto capire, senza mezzi termini, che le andava di fare all’amore. E lui le aveva comunicato con il sorriso sulle labbra che era ora di farla finita con quella storia. Perciò la cassa doveva essere stata messa nell’armadietto dopo quella scenata e prima del delitto. Ma perché? Harald non aveva mai utilizzato gli scaffali della lavanderia, anche se ce n’erano quattro vuoti destinati agli affittuari. Che avesse voluto nascondere qualcosa alla sua nuova fidanzata, infilandolo in quella scatola? Tenuto conto del suo modo di vivere e del suo appartamento così stranamente arredato e pieno di bizzarrie in bella mostra, quella le sembrava una spiegazione improbabile.