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Quando li riaprì, Matthew si era rimesso sotto le coperte, con il bicchiere d’acqua in mano che frizzava. Si fece coraggio, si mise a sedere sul letto e bevve quell’intruglio tutto d’un fiato. Poi rimise subito la testa sul cuscino e attese che le passasse lo stordimento. Dopo essere rimasta distesa per qualche minuto in quel modo, si sentì picchiettare la spalla con un dito da sotto le lenzuola. Aprì gli occhi.

«Senti», disse Matthew guardandola sornione. «Che ne dici se ne riparlassimo?»

«Di cosa?» decise di stare al gioco lei. A quel punto aveva cominciato a sentirsi meglio.

«Potremmo rivalutare la tua posizione nei confronti di quanto abbiamo fatto questa notte, no? Pensi ancora che sia stato un errore? Se vuoi posso rimettermi le mie scarpe eleganti.»

Thora si risvegliò di nuovo al rumore dell’acqua che scorreva nella doccia e balzò in piedi come una molla, saltellando qua e là per recuperare gli abiti che giacevano sul pavimento. Non riuscì a trovare uno dei calzini, ma indossò qualcosa al volo, prese il resto dei vestiti tra le braccia e gridò in direzione del bagno che lo avrebbe atteso al tavolo della colazione. Quando si richiuse alle spalle la porta della propria camera, si sentì finalmente di nuovo a suo agio.

Dopo essersi fatta una lunga doccia calda, risollevata nel corpo e nell’anima, prese il cellulare e digitò il numero della sua amica Laufey.

«Ma non sai che ore sono?» borbottò lei con voce assonnata.

Thora ignorò le sue proteste, dato che si erano già fatte le dieci, e disse: «Indovina cosa ho fatto?»

«Vista la tua eccitazione, sicuramente qualcosa di tremendo.» Uno sbadiglio fece seguito a quell’affermazione.

«No, sono andata a letto con un uomo.» La reazione non si fece attendere. Laufey doveva essersi alzata dal letto nel sentire quella notizia, poiché subito dopo si udì un fracasso infernale.

«Non mi dire! Raccontami, chi è?»

«Matthew, il tedesco. Per il resto della storia devi aspettare, ora sto andando a colazione e lo incontro di nuovo. Siamo in albergo.»

«In albergo? Ma non mi dire! Non ti si può lasciar sola un momento.»

«Ci sentiamo più tardi. Sono un po’ nervosa, comunque, e gli devo far capire che è stata una cosa senza importanza. Non sono pronta per una nuova relazione.»

Dall’altra parte della linea si udì una risata fragorosa. «Pronto? Dove sei vissuta negli ultimi tempi? Hai guardato troppo i cartoni animati? Pochissimi uomini single di quell’età sono alla ricerca disperata di una relazione. Non ti preoccupare di lui.»

Thora salutò l’amica sentendosi un po’ delusa dall’informazione che avrebbe dovuto rincuorarla e fece per uscire dalla stanza, ma poi tornò indietro a disfare il letto affinché il personale dell’albergo non la considerasse una donnetta da poco.

Matthew sedeva a un tavolo per due sotto la finestra della sala e beveva il suo caffelatte. A Thora non sfuggì la sua prestanza, che aveva rifiutato di riconoscere la sera prima. Il suo volto aveva una spigolosità molto sensuale. Mascella forte, denti sani e bianchi, zigomi marcati e occhi intelligenti. Senza dubbio un’eredità genetica di cui doveva ringraziare le sue antenate, che si erano fatte affascinare dall’aspetto mascolino che indicava forza, costanza e laboriosità: il perfetto cacciatore. Thora si sedette di fronte a lui. «Finalmente, che fame mi è venuta», disse per rompere il ghiaccio.

Matthew versò del caffè dalla brocca d’acciaio nella sua tazzina. «Hai dimenticato una calza nella mia camera. E pensare che non era di lana: incredibile!»

Niente del loro comportamento durante la colazione indicava che fossero divenuti più intimi di quanto lo fossero stati a cena la sera precedente, tranne il fatto che Matthew posò la sua mano su quella di Thora e le fece l’occhiolino scherzoso. Lei gli sorrise per risposta ma non disse niente. Poco dopo Matthew tolse la mano dalla sua e continuò a mangiare. Al termine dell’abbondante colazione, si ritirarono ognuno nella propria camera e si misero a fare le valigie.

Mentre Thora attendeva Matthew nella sala adiacente alla reception, il suo cellulare suonò. Era Gylfi. Prima di premere il tasto della risposta si concentrò per non far trapelare che cosa aveva combinato quella notte. Nessuno doveva saperlo all’infuori della sua amica.

«Ciao, tesoro», rispose cercando di suonare normale e sincera.

«Ciao.» La voce di Gylfi era strascicata e passò del tempo prima che riprendesse a parlare. «Ti volevo dire… cioè… ma dove sei?»

«Mi trovo all’Hotel Ranga, questo fine settimana ho dovuto lavorare. Sei già tornato a casa?»

«Sì.» Dopo un altro minuto di silenzio, proseguì: «Tu quando ritorni?»

Thora guardò l’orologio, mancava qualche minuto alle undici. «Bah, sarò a casa per l’una, o giù di lì.»

«Va bene, ci vediamo.»

«Perché non sei ancora da tuo padre? Dov’è tua sorella?»

«Lei sta ancora da papà. Io me ne sono venuto via.»

«Perché? Avete per caso litigato?»

«In un certo senso sì», tergiversò Gylfi. «Ma ha cominciato lui!»

«Come?» Thora era sconcertata. Hannes di solito era dotato di un sesto senso per evitare gli scontri aperti, e fino a quel momento era riuscito brillantemente a tenersi buono il figlio, benché quest’ultimo non fosse certo un tipo molto divertente e socievole.

Gylfi sospirò. «Mi ha detto che mi voleva parlare da padre a figlio, o qualcosa del genere, e io ho pensato di potergli esporre una certa questione. Invece lui è andato su tutte le furie, si contorceva dalla rabbia come una biscia. Non mi andava proprio di stare lì a subirmi le sue sgridate, anche perché avevo sperato che mi capisse.»

I pensieri si confusero nella mente di Thora, andando a scontrarsi l’uno con l’altro. Però sospettava che la descrizione di Gylfi della reazione paterna fosse alquanto esagerata. Che cosa mai poteva essere accaduto? Thora si pentiva amaramente di aver incoraggiato il suo ex marito a parlare con il ragazzo. Non aveva che peggiorato le cose. «Senti, cos’è che ha fatto imbestialire tanto tuo padre? È quella cosa che mi vuoi dire quando torno?»

«Sì», si limitò a confermare laconicamente prima di risprofondare nel silenzio.

«Senti, sto arrivando. Io poi non sono per niente brava in ginnastica, cosicché preferirei discutere la faccenda senza contorcimenti, ti va? Ma tu non te ne andare prima del mio arrivo.»

«Però devi essere qui prima dell’una. Ti devo portare a incontrare della gente.»

Gente? Gente? Era per caso entrato in una setta religiosa? Thora ebbe un tuffo al cuore. «Gylfi, ti proibisco di andare a incontrare della gente prima che sia tornata io, capito?»

«Vieni per l’una», ribadì lui. «Ci sarà anche papà», e riattaccò.

Il cuore di Thora cominciò a battere convulsamente e lei si mise a comporre il numero di Hannes con la mano tremolante. Il cellulare risultava fuori rete oppure spento. Impossibile: il suo ex marito non spegneva mai il telefonino, anzi lo teneva anche sul comodino per rispondere persino se qualcuno lo avesse cercato nel cuore della notte. Inoltre le sue gite a cavallo erano calcolate in modo da non finire mai in qualche zona senza campo. Che cos’era successo? Provò il numero di telefono di casa, ma anche là non rispose nessuno. Che cosa aveva combinato suo figlio? Aveva cominciato a fumare? Bah. Era diventato tossicodipendente e stava entrando in comunità? No, impossibile. Se ne sarebbe accorta. Aveva fatto outing e voleva portarli a una riunione di omosessuali? Hannes non avrebbe mai avuto quella reazione spropositata a una notizia del genere perché, bisognava riconoscerglielo, era un tipo assai moderno. Inoltre lei aveva avuto l’impressione che Gylfi avesse preso una cotta per quella ragazzina di cui non ricordava mai il nome. No, non era certo quello il problema.