Thora sottrasse il braccio alla sua presa. «Le persone reagiscono in maniera differente ai traumi. Forse lei è una di quelle che di fronte a scene scioccanti va in trance. E poi non ho alcuna voglia di parlarle. Che se ne occupi la polizia.»
«Se non credi che sia una pazza, parla con quelli dell’università. Lei e Harald lavoravano insieme a un progetto che andò subito in malora. Non devi far altro che chiedere in giro.» Halldor la guardò con sguardo supplichevole.
«A che progetto alludi, e cosa successe precisamente?» chiese Thora lentamente. Ecco che di nuovo spuntavano dei rapporti con le ricerche di Harald.
«Qualcosa che riguardava la catalogazione di tutte le fonti contemporanee relative al vescovo Brynjolfur Sveinsson conservate nei vari istituti di studi storici. Briet aveva avanzato la teoria, probabilmente infondata, che alcuni di quei documenti fossero stati rubati. Ma era tutta una perdita di tempo. Una vera e propria follia. Quella ragazza è una squilibrata, e l’ho capito solo ora. Parla con i professori. Fallo per me, è l’unica cosa che ti chiedo.»
«Con quale docente avevano avviato il progetto?» domandò Thora, pentendosi subito della domanda. Non voleva che Halldor si convincesse di poterla manipolare con quelle teorie raffazzonate al momento.
«Non saprei, probabilmente quel Thorbjörn, ma dovrebbero dirtelo in segreteria. Va’ a informarti da loro. Te ne prego, non te ne pentirai.»
Thora si alzò in piedi. «Ci vediamo, cuoco dei miei stivali. Se vuoi ti trovo un avvocato di fiducia.»
Halldor scosse il capo e si guardò i palmi delle mani. «Credevo che mi avresti capito. Tu volevi aiutare Hugi, e pensavo che avresti aiutato anche me!»
A Thora fece subito pena. Il suo istinto materno stava prendendo il sopravvento. O forse era il suo istinto nonnesco? «Chi ha detto che non ti aiuterò? Stiamo a vedere cosa uscirà dalle mie indagini. Una cosa invece è certa: che non ti potrò mai rappresentare in qualità di avvocato difensore. Comunque sarò presente al processo da spettatrice, non me lo perderei per niente al mondo.»
Halldor sollevò lo sguardo e le rivolse un debole sorriso. Poi Thora bussò alla porta e si fece aprire. Mancava poco alla soluzione del caso. Se lo sentiva.
12 dicembre 2005
32
Thora sedeva alla sua scrivania e picchiettava ritmicamente il bordo con una matita. Matthew la osservò in silenzio per un po’. «Ho sentito dire che i Rolling Stones stanno cercando una nonna alle percussioni», disse alla fine.
Thora smise di tamburellare e posò la matita. «Non ci crederai, ma fare così mi aiuta a pensare meglio.»
«A pensare? Perché ti metti a pensare proprio ora?»
Il giorno prima Thora gli aveva raccontato il tentativo disperato di Halldor di far ricadere l’attenzione su Briet, ma dopo aver passato una notte insonne a pensarci, la colpevolezza della ragazza non le sembrava più così improbabile.
«Mi pare che la nostra indagine stia procedendo bene, se si escludono alcuni punti ancora oscuri.», riprese a parlare Matthew, «ma credimi, quando la polizia comincerà a mettere sotto torchio quello studente, salteranno subito fuori i soldi scomparsi e forse anche il manoscritto, se mai esiste.»
E guardando fuori della finestra aggiunse: «Andiamo piuttosto da qualche parte a fare un brunch, anche se in ritardo». Era appena arrivato all’ufficio di Thora, dopo essersi svegliato troppo tardi.
«Impossibile. Oggi è la giornata di riposo dei ristoratori», mentì Thora. «I locali non riaprono prima di mezzogiorno». Matthew sospirò. «Ma sopravviverai anche a questo. Di là ci sono dei biscotti, te li faccio portare subito», e prese il telefono per chiamare la segretaria. «Bella, mi servirebbe il pacco di biscotti vicino alla caffettiera.» Nell’aria aleggiava il secco «Vieniteli a prendere» di risposta, cosicché si affrettò ad aggiungere: «Non è per me, ma per il nostro ospite.» Poi riattaccò e si rivolse di nuovo a Matthew: «Non ti sembra il caso di verificare le accuse contro Briet? Forse sono fondate.»
Matthew rovesciò il capo all’indietro e si mise a fissare il soffitto per un instante, prima di risponderle. «Ma non ti rendi conto che Halldor è stato messo con le spalle al muro?» Thora annuì. «Nient’altro di ciò che abbiamo sentito o visto avvalora un coinvolgimento di Briet nel nostro caso, se non il fatto che è una ragazza squilibrata, che ha preso parte a liturgie diaboliche con tanto di membra umane arrostite.»
«Ma forse ci è sfuggito qualcosa di importante», ribadì Thora con poca convinzione.
«Del tipo? No, mi dispiace, mia cara, ma alla fin fine sembrerebbe proprio che Hugi sia il vero omicida di Harald e che il suo amico abbia completato l’opera. L’unica questione ancora irrisolta è quella del denaro scomparso. La cosa più probabile è che i due abbiano inventato la storia del manoscritto ritrovato per ingannare Harald, facendogli credere che loro sapevano dove si trovava. Devi riconoscere che Halldor era in una posizione privilegiata per poter creare una storia credibile, in qualità di traduttore del suo amico. Niente di più facile che prendere i soldi per il fantomatico acquisto e far fuori Harald per metterlo a tacere. La spiegazione che Halldor ha fornito circa la maglietta di Hugi non sta in piedi.»
«Ma…» In quell’istante Bella fece il suo ingresso trionfale senza bussare. Aveva disposto i biscotti su un vassoio e versato del caffè in una tazza. Una sola tazza. Thora era certa che se i biscotti fossero stati per lei, Bella le avrebbe lanciato dalla porta il pacco ancora chiuso, mirando alla testa.
«Mille grazie», disse Matthew nel ricevere quelle delizie. «Certe persone non comprendono l’importanza della colazione», aggiunse indirizzando un’occhiata ironica a Thora e facendo l’occhiolino a Bella, la quale guardò Thora con sufficienza prima di sorridere da un orecchio all’altro a Matthew e uscire soddisfatta.
«Le hai fatto l’occhiolino», esclamò Thora meravigliata.
Matthew le fece due volte l’occhiolino. «Ora l’ho fatto due volte a te. Sei contenta?» continuò mettendosi in bocca un biscotto con grande teatralità.
«Stai attento, lei non è fidanzata e potrei dirle in quale albergo stai pernottando.» In quel momento squillò il suo cellulare.
«Salve, sto parlando con Thora Gudmundsdottir, vero?» chiese una voce femminile che Thora non riconobbe.
«Sì, sono io.»
«Sono Gudrun, la proprietaria dell’appartamento affittato ad Harald», si presentò la donna.
«Sì, salve.» Thora scrisse il nome su un foglio e lo mostrò a Matthew. Poi aggiunse due punti di domanda in fondo per fargli capire che ne sapeva quanto lui della chiamata.
«Non so se sto telefonando alla persona giusta, ma siccome avevo il suo biglietto da visita sottomano… Sa, il fatto è che ho trovato una scatola qui dentro, pochi giorni fa. Era di Harald ed era piena di…» La donna esitò come per cercare le parole.
«Sì, ne sono al corrente», intervenne Thora per risparmiarle la fatica di descrivere le parti di corpo cucinate.
«Ah, sì? Ottimo.» Dalla voce traspariva il sollievo. «Come può ben immaginare, presi uno spavento terribile e solamente ora mi sono resa conto che, nel panico del momento, mentre correvo via dalla lavanderia avevo stretto nel pugno un documento antico.»