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«Mi pare di capire che non l’ha consegnato alla polizia.»

«No, appunto. Avevo intenzione di farlo, ma nella confusione del momento me ne sono dimenticata. Così l’ho appena ritrovato accanto al telefono in cucina.»

«Che tipo di documento è?»

«Beh, pare una vecchia lettera. Antichissima. Mi sono ricordata che voi stavate appunto cercando una cosa simile e ho pensato che magari sarebbe stato meglio consegnarla a voi anziché alla polizia.» Thora udì la signora tirare il fiato prima di continuare. «Gli investigatori hanno già tanto su cui indagare. Non vedo come questa lettera possa riguardarli.»

Thora scarabocchiò sul foglio di prima le parole «Lettera antica???» Matthew sollevò le sopracciglia e si prese un altro biscotto.

Al telefono Thora disse: «Ci farebbe molto piacere darle almeno un occhiata. Potremmo venire a trovarla adesso?»

«Ehm, va bene. Sono a casa. C’è soltanto una cosa.» La donna tacque.

«Che cosa?» chiese Thora guardinga.

«Ho paura di aver stretto un po’ troppo la lettera nella fuga. Ero completamente sotto choc. Ma non è proprio del tutto rovinata…» Poi ammise: «È per questo motivo che non ho avuto il coraggio di riferirlo alla polizia. Non volevo che si mettessero a fare tante storie vedendo che l’ho praticamente stracciata. Spero invece che voi mi capiate.»

«Non si preoccupi. Ora veniamo.» Thora riattaccò a si alzò in piedi. «Devi portarti i biscotti con te. Mi dispiace, ma stiamo per uscire. Forse abbiamo ritrovato la lettera danese scomparsa!»

Matthew prese in fretta e furia due biscotti e un altro sorso di caffè. «La lettera che il professore stava cercando?»

«Sì, lo spero.» Thora afferrò la borsetta e si avviò verso la porta. «Se è veramente quella, possiamo andare a restituirla a Gunnar e cogliere l’occasione per farci dire qualcosa di Briet.» Contenta per come stavano andando le cose, Thora lanciò un sorriso malizioso a Matthew. «Anche se non si trattasse di quella famosa lettera, potremmo far finta di non saperlo.»

«Stai forse pensando di ingannare quel poveraccio?» le chiese Matthew fingendosi scandalizzato. «Non direi che sia una bella cosa da fare, non ti pare? Anche considerando tutto quello che ha dovuto sopportare negli ultimi tempi.»

Thora si voltò verso di lui mentre percorreva il corridoio e gli sorrise di nuovo. «L’unico modo per scoprire se la lettera sia quella incriminata è di andare personalmente da Gunnar, no? E se così fosse, il sollievo per averla ritrovata ce lo renderà particolarmente grato e pronto a tutto per aiutarci. Due o tre domande su quella Briet non saranno certo un grosso peso per lui.»

Thora non sorrideva altrettanto entusiasticamente mentre sedeva al tavolo della cucina di Gudrun con la lettera fra loro tre. Gunnar non sarebbe affatto rimasto entusiasta nel ricevere il prezioso documento in quelle condizioni. Magari avrebbe preferito addirittura che rimanesse smarrito. «Lei è sicura che non fosse già danneggiata quando la tirò fuori dalla scatola?» domandò Thora mentre cercava di appiattire con prudenza gli spessi fogli senza far staccare il pezzo che era stato praticamente strappato via.

La signora abbassò vergognosa lo sguardo sulla carta. «Sicurissima. Devo averla rovinata così nell’agitazione. Ero uscita di senno in quel momento.» Sorrise come per scusarsi. «Forse è possibile incollarla di nuovo insieme, no? E darle una stirata?»

«Sì, certo, crediamo che si possa fare», rispose Thora nonostante sospettasse che il restauro della lettera sarebbe stato assai più problematico di quella semplificazione casalinga. «La ringraziamo profondamente per essersi messa subito in contatto con noi. Ha fatto bene, questo è sicuramente il documento che stavamo cercando, e non ha niente a che vedere con l’indagine della polizia. Ci penseremo noi a restituirlo ai legittimi proprietari.»

«Benissimo, prima mi sbarazzo di tutto quello che mi ricorda Harald, prima dimentico tutto quello che è successo. Non sono certo state delle giornate felici per me e mio marito quelle passate dall’omicidio. Inoltre vorrei che faceste sapere alla sua famiglia che è mio espresso desiderio liberare al più presto l’appartamento. Soltanto allora potrò cominciare a riprendermi.» Posate le esili mani sul tavolo, si mise a fissare le dita piene di anelli. «Non che quel ragazzo mi stesse antipatico, anzi. Non fraintendetemi.»

«No, no», la rassicurò Thora con voce amichevole. «Posso ben immaginare il disagio creatovi dall’intera vicenda.» Seguì una breve pausa. «Così, tanto per concludere la nostra conversazione, vorrei chiederle se lei abbia conosciuto il gruppo di amici di Harald. Li ha mai visti o sentiti?»

«Cos’è, una battuta?» domandò la donna improvvisamente ostile. «Se li ho sentiti? Si può dire che praticamente erano in casa mia, a giudicare dal fracasso che facevano.»

«Che intende dire?» chiese di nuovo Thora. «Urla? Litigi?»

La donna sbuffò. «Per lo più si trattava di musica ad altissimo volume. Se si può chiamarla musica. E poi forti tonfi, come se stessero tutti a saltare e battere i piedi sul pavimento. Ogni tanto si udivano ululati, grida e strilli. Avevo l’impressione che l’appartamento fosse diventato un manicomio.»

«Ma perché allora non gli deste la disdetta?» chiese Matthew, che fino a quel momento si era tenuto in disparte. «Se ben ricordo, nel contratto d’affitto c’è un articolo riguardante il comportamento degli affittuari come causa di recesso.»

La donna arrossì violentemente, e Thora se ne chiese il motivo. «No, il ragazzo mi piaceva, pagava l’affitto sempre puntualmente e, a parte le feste scatenate, era un ottimo inquilino.»

«Erano allora i suoi amici a fare tutto quel baccano?» le domandò.

«Sì, a pensarci bene era colpa loro», rispose in fretta la donna. «O perlomeno le cose peggioravano sempre durante le loro visite. Certo, Harald era abituato a tenere la musica alta e camminare con il passo pesante, ma quando lo andavano a trovare gli amici, la situazione precipitava.»

«Ha mai avuto l’impressione che Harald e quei suoi amici litigassero?»

«No, non mi pare. Anche la polizia mi ha fatto la stessa domanda. L’unica cosa che ricordo è un battibecco, anzi una scenata nella lavanderia tra Harald e una ragazza. Non che mi fossi messa a ficcanasare, ma dovevo preparare i dolcetti di Natale, e li sentii discutere mentre passavo davanti alla porta dello stanzino. Non volevo essere indiscreta.» Il rossore le invase di nuovo le guance. Il fatto era che la donna aveva già mostrato a Thora e Matthew il suddetto stanzino, e aveva spiegato loro come e dove aveva rinvenuto la scatola. Anche alla luce di quelle spiegazioni era impensabile che la signora si fosse trovata a passare davanti alla porta dello stanzino per cucinare. Ora era importante per Thora trovare il modo di farle raccontare che cosa avesse sentito senza accusarla di essersi attaccata alla porta per origliare.

«Oh!» sospirò piena di comprensione. «Anch’io ho abitato in un appartamento nel quale una porta comune si apriva verso il mio salotto. Che cosa non ho dovuto soffrire! Si sentiva praticamente tutto quello che dicevano i vicini, un vero tormento.»

La donna la fissò guardinga. «Harald in genere si faceva il bucato da solo, per fortuna. Non so se quella ragazza lo stesse aiutando a riempire la lavatrice oppure se l’avesse solamente accompagnato, fatto sta che si erano scaldati entrambi per un documento smarrito, se ben ricordo. Quasi sicuramente questo qui. Harald la pregava di lasciar perdere, dapprima molto cortesemente, poi in modo più brusco. La ragazza gli ripeteva continuamente che la lettera le avrebbe offerto un’occasione da non perdere per i suoi studi, ma non ho capito bene che cosa intendesse con quelle parole. Però non riuscii a sentire altro, dato che, come vi ho già detto, mi trovavo semplicemente a passare davanti alla porta.»

«Ha per caso riconosciuto di chi era la voce? Poteva essere quella della biondina che faceva parte del gruppo?» sondò Thora speranzosa.