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«Quella dannata ragazza si era montata la testa… e se non fosse stato per l’intervento di Harald, il dipartimento sarebbe finito nei guai.» Gunnar si allentò il nodo della cravatta.

«Di cosa si trattava, esattamente?» domandò Thora mentre osservava con attenzione il fermacravatta del professore, che le faceva suonare un vago campanello d’allarme.

Gunnar abbassò lo sguardo sulla cravatta quando si rese conto che Thora la stava guardando con troppa curiosità. Per sicurezza la spolverò con la mano, quasi per togliere eventuali avanzi di cibo, ma così facendo si graffiò con il bordo affilato del fermacravatta e tirò via la mano con un guizzo. «Di cosa si trattava, ha detto? Vediamo un po’. Se ben ricordo, Harald e Briet avevano deciso di catalogare tutte le fonti conosciute su Brynjolfur Sveinsson come tesina per un corso che frequentavano entrambi. Io penso comunque che l’idea fosse venuta ad Harald e non a Briet, abituata com’era ad appoggiarsi agli altri nelle sue ricerche.»

«Era qualcosa che si ricollegava alle ricerche di Harald?» tentò Thora, ritenendo probabile che il ragazzo volesse scoprire se il vescovo Brynjolfur fosse entrato in possesso del manoscritto del Malleus maleficarum.

«No, assolutamente da escludere», rispose deciso Gunnar. «Quello studente era totalmente dispersivo, come vi ho già detto. Invece di usare le ricerche effettuate nei suoi corsi minori come una sorta di preparazione alla tesi finale, gli piaceva spaziare qua e là a suo capriccio. Ciò comunque non riguardava il vescovo, che come ben sapete visse nel diciassettesimo secolo.»

«Era lei il relatore della tesina?» chiese Thora.

«No, mi sembra di ricordare che fosse stato Thorbjörn Olafsson. Se volete controllo nel computer.» Gunnar indicò lo schermo sulla scrivania.

Thora lo ringraziò, ma gli disse che non importava. «Vorremmo solamente sapere da lei cos’era successo di così grave, altro al momento non c’interessa. Abbiamo poco tempo a nostra disposizione.»

Gunnar guardò il suo orologio. «Lo stesso vale comunque anche per me, ho fretta di far riavere la lettera a Maria.» A giudicare dal suo aspetto, il compito non lo entusiasmava affatto. «Allora, i due andarono in tutte le biblioteche e gli archivi della città: l’Archivio di Stato, la Sala dei Codici e altri luoghi in cui poterono registrare tutti i documenti e le lettere in cui si menzionava il nome del nostro vescovo. E stavano facendo enormi progressi, da quanto ho potuto capire, finché Briet si mise in testa di aver scoperto che una lettera era stata trafugata dall’Archivio di Stato.»

«Ma non poteva avere ragione?» chiese Thora gettando uno sguardo al malconcio documento sulla scrivania. «Voglio dire, non sarebbe la prima volta che accade un fatto del genere…»

«Può anche darsi, ma nel loro caso si trattava solamente di un errore umano nella gestione degli archivi. Pur non essendo affatto chiaro dove sia andata a finire quella lettera, Briet diede la colpa del furto a una persona ben precisa, che però in quel caso era al di sopra di ogni sospetto.»

«E chi sarebbe questo insospettabile?» chiese Thora.

«Chi siede qui davanti a voi», rispose Gunnar, fissandoli in volto come per sfidarli a mettere in dubbio la sua innocenza.

«Capisco», riprese Thora, che aggiunse, guardandolo a sua volta decisa in viso: «Mi scusi la curiosità, ma perché mai a Briet venne in mente una sciocchezza del genere?»

«Come vi ho appena detto, si trattava di una svista nella gestione degli archivi. Secondo quanto riferiva l’elenco dei prestiti, sarei stato io l’ultima persona a consultare quel particolare documento, ma in realtà io non l’avevo mai toccato. Quindi, o qualcuno lo ha preso in prestito a mio nome, oppure qualcuno ha pasticciato con i numeri del registro. Brynjolfur Sveinsson non rientra affatto nel mio campo d’interesse, e non mi sarebbe mai venuto in mente di mettermi a fare ricerche su documenti che lo riguardano. Ma ciò che rese l’intero fatto ancora più seccante e triste fu che la ragazza cercò di avvantaggiarsi del sospetto appena sollevato per ricattarmi. Voleva che la aiutassi a farla avanzare negli studi. Mi disse di punto in bianco che se la facevo promuovere in alcune materie avrebbe taciuto e mi avrebbe salvato dallo scandalo. Io ne parlai con Harald, che mi promise di farla recedere dalle sue intenzioni insensate. Poi mi misi in contatto con i miei conoscenti all’archivio per pregarli di indagare sul caso. Non volevo che una stupida ragazzina credesse di avermi in pugno con una falsa accusa. Invece quelli non riuscirono a trovare niente a proposito, essendo trascorso circa un decennio dall’ultimo prestito. Alla fine hanno riconosciuto che doveva essersi trattato di un madornale errore da parte loro, e che il documento doveva essere andato a finire assieme ad altre carte, e prima o poi sarebbe stato ritrovato. Briet intanto ebbe la felice idea di smettere di perseguitarmi.»

«Ma che cosa si sa della lettera?» chiese Thora. «Voglio dire, qual era il contenuto?»

«Si tratta di un’epistola inviata nel 1702 da un prete di Skalholt ad Arni Magnusson. Sembra che fosse la risposta alla sua richiesta d’informazioni circa la fine che aveva fatto una porzione dei manoscritti stranieri in possesso di Brynjolfur Sveinsson, che era morto pochi anni prima, cioè nel 1675. Non c’è alcun dubbio che la lettera avesse fatto parte integrante della raccolta conservata nell’archivio, anzi, molti si ricordavano personalmente di averla letta. Una storia veramente strana.»

«E nient’altro?» intervenne Thora. «Niente che riguardasse dei codici nascosti o trafugati da Skalholt per metterli in salvo?»

Gunnar la fissò con sguardo penetrante. «Perché me lo chiede, quando sa benissimo la risposta?»

«Che intende dire?» domandò Thora meravigliata. «Io non so niente di quella lettera, eccetto quello che lei ha appena finito di riferirmi.» I suoi occhi si posarono di nuovo sul fermacravatta del professore. Che diavolo aveva quella spilla per farla agitare così tanto? E che razza di reazione era quella appena mostrata dall’uomo?

«È una strana coincidenza allora», disse Gunnar seccamente, convinto che i due ne sapessero più di quanto dessero a intendere. «Se volete, possiamo anche continuare a fingere e mentirci a vicenda. Nella lettera c’è un paragrafo che gli esperti hanno avuto grosse difficoltà a decifrare, un testo oscuro riguardante la salvaguardia di alcuni pezzi pregiati da mettere al sicuro contro le mire di un funzionario danese, e di un nascondiglio accanto a una croce antica. La maggior parte degli studiosi concordano nel riconoscere nella croce quella della chiesa di Kadlanes, che venne rimossa con l’avvento del luteranesimo a seguito del divieto di esporre reliquie sacre.»

«Vedo che ne sa molto di quella lettera», intervenne Matthew, che fino a quel momento aveva taciuto, «se si pensa che non l’ha mai vista né studiata.»

«Ovviamente mi informai del suo contenuto quando venni accusato del furto», gli rispose il professore adirato. «La lettera è ben conosciuta nell’ambiente degli storici e alcuni hanno scritto degli ottimi saggi sull’argomento.»

Thora fissava il fermacravatta come in trance. Era un oggetto insolito, apparentemente d’argento. «Dove ha comprato quel fermacravatta?» chiese a un tratto come una stupida, indicando la cravatta blu a righe oblique.

Gunnar e Matthew la guardarono stupefatti. Il professore afferrò la cravatta e si mise a controllare il fermaglio, poi lo lasciò ricadere quando le rispose: «Devo ammettere di essere sconcertato dalla piega che la nostra conversazione sta prendendo. Ma dal momento che lei dimostra un interesse smodato per questo oggetto, le rispondo che l’ho ricevuta in regalo per il mio cinquantesimo compleanno». Poi si alzò. «Penso sia inutile continuare il nostro incontro, dato che non ho affatto intenzione di mettermi a chiacchierare sul mio abbigliamento. Ora mi attende un altro incontro altrettanto deprimente con Maria, la direttrice dell’istituto, per cui non ho tempo da perdere con le vostre sciocchezze. Vi faccio i miei migliori auguri di buon proseguimento delle indagini, ma vi consiglio nello stesso tempo di attenervi al presente, dato che il passato non ha niente a che vedere con l’omicidio di Harald.»