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Il vecchio Martinho prese un rotolo di carta per schiacciare l’insetto, ma Joao lo trattenne con una mano. «Aspetta. È un tipo di insetto piuttosto inso­lito. Non ne ho mai visti come questo. Dammi una torcia, dobbiamo scoprire dove va ad annidarsi.»

Il prefetto bofonchiò, trasse dal cassetto della scrivania una piccola torcia tascabile e la porse a suo figlio.

Joao illuminò l’insetto e lo scrutò. «Com’è stra­no», disse. «Guarda come si armonizza col colore dell’avorio.»

L’insetto si fermò e puntò le antenne verso i due uomini.

«Ultimamente sono accaduti fatti strani», prose­guì Joao. «Sembra che un insetto come questo sia stato avvistato il mese scorso nei pressi di uno dei villaggi della barriera. Si trovava all’interno della zona Verde… in un sentiero che costeggia un fiume. Ti ricordi il rapporto? Lo hanno scoperto due conta­dini mentre seguivano un uomo malato.» Guardò suo padre. «Come tu sai, fanno molta attenzione alle malattie, nelle nuove zone Verdi. Sono scoppiate delle epidemie… e c’è dell’altro.»

«Non vedo il nesso», ribatté suo padre. «Senza insetti portatori di germi, le malattie dovrebbero es­sere meno diffuse.»

«Forse», convenne Joao, ma dal tono della sua voce era chiaro che non ci credeva. Volse nuovamen­te lo sguardo sullo strano insetto che strisciava sul crocefisso. «Non credo che i nostri esperti di eco­logia abbiano una preparazione adeguata. E non mi fido dei consulenti cinesi. Nel loro linguaggio tecni­co ci descrivono i vantaggi derivanti dall’eliminazio­ne degli insetti nocivi, ma non ci permettono di ispe­zionare le zone Verdi. Scuse, sempre scuse. Ho idea che siano in difficoltà e non desiderino farcelo sa­pere.»

«Sciocchezze», brontolò Martinho senior. Dal suo tono Joao capì che non ci teneva a difendere la sua posizione. «Sono uomini d’onore, salvo poche ecce­zioni che non nomino. Il loro modo di vivere si avvi­cina di più al nostro socialismo che al decadente capitalismo del Nord America. Il guaio è che tu tendi a vederli con gli occhi di coloro che hanno provve­duto alla tua istruzione.»

«Scommetto che è un insetto che ha subito una metamorfosi spontanea», disse Joao. «Sembra quasi che questi insetti appaiano in seguito a un preciso piano… trovami qualcosa per catturare questa crea­tura, poi portala in laboratorio.»

Il vecchio Martinho rimase fermo vicino alla sedia. «Dove dirai di averlo trovato?»

«Qui, naturalmente.»

«Allora non esiterai a esporci ulteriormente allo scherno, non è vero?»

«Ma padre…»

«Non riesci a immaginare quello che diranno? Una singolare specie di insetto. Strano che sia stato trovato proprio in casa sua. Forse li sta allevando per infestare nuovamente le zone Verdi.»

«Adesso sei tu che stai farneticando, padre. La metamorfosi è un processo abbastanza comune nelle specie di insetti minacciati da agenti esterni. E non possiamo negare che lo siano: veleni, vibrazioni alle barriere, trappole. Dammi il contenitore, non posso perdere d’occhio questa creatura.»

«Allora dirai dove l’hai trovato?»

«Non posso fare altrimenti. Dobbiamo setacciare l’intera zona alla ricerca dei nidi. Potrebbe essere… un fatto accidentale naturalmente, ma…»

«Oppure vuoi deliberatamente crearmi una situa­zione imbarazzante.»

Joao alzò lo sguardo e scrutò il volto del padre. C’era questa possibilità, naturalmente. Il prefetto aveva dei nemici. Per esempio i Carsonites, dei fana­tici che avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di rag­giungere il loro scopo. Tuttavia…

Joao prese una decisione. Fissò nuovamente l’in­setto immobile sul crocefisso. Suo padre doveva con­vincersi e adesso sapeva di aver l’argomento adatto per fare leva sulla sua testardaggine. «Guarda questa creatura», lo esortò.

Con riluttanza, il vecchio posò lo sguardo sull’in­setto.

«I nostri primi veleni», disse Joao, «uccideva­no gli insetti più deboli e selezionavano quelli immuni all’azione degli insetticidi. Rimanevano solo questi da allevare. I veleni che usiamo ora, almeno in parte, non danno via di scampo… e le vibrazioni mortali alle barriere…» Alzò le spalle. «Eppure que­sto è una specie di scarafaggio, padre, e in qualche modo si è infiltrato attraverso le barriere. Ti mostro qualcosa». Estrasse un fischietto di metallo dal ta­schino del gilet. «Un tempo questo aggeggio provo­cava la morte di innumerevoli scarafaggi. Non do­vevo far altro che sintonizzarlo sul loro spettro di assorbimento.» Avvicinò il fischietto alle labbra, ci soffiò dentro, muovendo per tutto il tempo l’estre­mità.

Nessun suono udibile da orecchio umano uscì dallo strumento, ma le antenne dello scarafaggio vi­brarono.

Joao si tolse il fischietto di bocca.

Le antenne smisero di vibrare.

«Vedi, è rimasto fermo», fece notare Joao. «È uno scarafaggio e dovrebbe essere attratto da que­sto fischietto, invece non si è mosso. Io credo, padre, che ci siano segni evidenti di un’intelligenza diabo­lica in questi insetti. Sono lungi dall’estinguersi… e ho idea che stiano cominciando a reagire.»

«Intelligenza diabolica, puah!» esclamò suo padre.

«Devi credermi», riprese Joao. «Nessuno dà ascol­to a noi bandeirantes quando raccontiamo quello che abbiamo visto. Ridono, dicono che soffriamo di allucinazioni. E che prove abbiamo per convincerli? Dicono che sono tutte storie, roba da dare in pasto agli ignoranti… ai contadini superstiziosi… e allora cominciano a dubitare e a sospettare di noi.»

«E ne hanno motivo, secondo me.»

«Non credi a tuo figlio?»

«Che cosa ha fatto mio figlio per convincermi?» Adesso suo padre era soltanto il prefetto. Ritto di fronte a lui lo guardava con freddezza.

«Il mese scorso nel Goyaz», disse Joao, «il bandeirante Antonil Lisboa ha perduto tre uomini che…»

«Cose che capitano.»

«Furono uccisi dall’acido formico e dall’olio di copahu.»

«Evidentemente facevano un incauto uso dei loro veleni. Può capitare che alcuni trascurino di…»

«No! L’acido formico era particolarmente potente, altamente concentrato, identico a quello di certi insetti. Gli uomini ne erano inzuppati.»

«Vuoi insinuare che insetti come questo…» il pre­fetto indicò la creatura immobile sul crocefisso, «che insetti cieci come questo…»

«Non sono ciechi.»

«Non intendevo ciechi alla lettera, ma privi di in­telligenza», sottolineò il prefetto. «Non puoi seria­mente affermare che queste creature attacchino gli esseri umani uccidendoli.»

«Resta da definire con esattezza in che modo fu­rono uccisi quegli uomini. L’unica prova che abbia­mo sono le ferite lasciate dall’acido sui corpi. Ma ci sono stati altri decessi, padre, uomini dispersi e voci su strane creature che attaccano i bandeirantes. Ogni giorno che passa siamo sempre più convinti che…» Tacque nel vedere lo scarafaggio strisciare dal crocefisso sulla scrivania. Notò che era diventato più scuro, quasi marrone e si mimetizzava col color legno della scrivania. «Per favore, dammi un con­tenitore.»

Lo scarafaggio raggiunse il bordo della scrivania e si fermò. Le antenne si spostavano prima all’indietro, poi in avanti.

«Ti darò il contenitore se mi prometti che sarai discreto nel tuo rapporto circa il luogo del ritrova­mento», disse il prefetto.

«Padre, io…»

D’un tratto lo scarafaggio saltò in mezzo alla stanza, si lanciò verso la parete e strisciando su di essa scomparve in una fessura di fianco alla finestra.

Joao accese la torcia per far luce nel buco che ave­va inghiottito l’insetto. Poi attraversò la stanza e lo esaminò. «Da quanto tempo esiste questo buco?»

«Da anni. Una crepa nelle muratura… a causa di un terremoto avvenuto molti anni fa, prima che tua madre morisse.»

Joao si diresse a lunghi passi verso la porta, attra­versò un corridoio col soffitto ad arcata, discese una rampa di scale di pietra, aprì una porta che dava in una angusta anticamera, la percorse e attraverso un cancello di ferro battuto si trovò nel giardino esterno. Accese la torcia e diresse la luce azzurra su una zona del muro, sotto la finestra dello studio.