«Eppure li ha fermati», ribatté l’uomo.
Joao annuì. Cominciava a nutrire dei sospetti sulla loro posizione in quel luogo. Guardò Rhin. «Dottor Kelly, dov’è finito il resto dei suoi uomini?» Con un’occhiata, passò in rassegna il personale dell’OIE. «Sono certo che il corpo dei ricercatori dell’OIE sia composto da più di sei uomini.»
Rhin strinse le labbra e rimase in silenzio.
Più Joao la guardava e più le appariva sofferente. «Allora?» insistette. Lanciò un’occhiata alle tende e si accorse che erano piuttosto malconce. «Il vostro equipaggiamento? Gli autocarri? Il laboratorio?»
«Strane domande, le sue», disse Rhin, ma dal suo tono beffardo trapelava una nota d’incertezza, e d’isterismo. «A circa un chilometro da qui, nel fitto della giungla», indicò alla sua sinistra, «c’è il rottame di un autocarro con la maggior parte del nostro… equipaggiamento, come lei lo definisce. Le bobine dell’autocarro sono state distrutte dall’acido prima ancora che ci accorgessimo che qualcosa non funzionava. Anche il rotore di sollevamento… tutto».
«Acido?»
«Dall’odore sembrava acido ossalico, ma dall’effetto poteva essere acido cloridrico», spiegò uno dei suoi compagni, un biondo nordico con una bruciatura da acido proprio sotto l’occhio destro.
«Raccontate dall’inizio», incitò Joao.
«Eravamo bloccati qui, in questo luogo…» s’interruppe per guardarsi attorno.
«Otto giorni fa», proseguì Rhin.
«Già», disse il giovane biondo. «Ci hanno distrutto la radio, l’autocarro… sembravano pulci gigantesche. Sono in grado di spruzzare acido a una distanza di quindici metri.»
«Come quella che avete visto nella Plaza di Bahia?» chiese Joao.
«Ci sono tre esemplari morti in provetta, nel nostro laboratorio da campo», disse Rhin. «È una vera e propria organizzazione, una cooperativa di alveari. Guardi lei stesso.»
Joao si umettò le labbra con aria pensierosa.
«Ho udito parte di quello che ha detto ai suoi uomini», riprese Rhin. «Non penserà che noi le crediamo?»
«Che voi mi crediate o no, non ha importanza», replicò Joao. «Come siete arrivati fin qui?»
«Abbiamo abbandonato l’autocarro e ci siamo fatti strada fin qui usando un mezzo di fortuna», spiegò il biondo. «Li abbiamo tenuti a bada per un po’, quindi siamo fuggiti portandoci dietro tutto quello che potevamo del nostro equipaggiamento. Abbiamo scavato una trincea attorno al nostro accampamento, l’abbiamo cosparsa di insetticida in polvere, gelatina spray e per finire di olio copahu… ed eccoci qui.»
«In quanti siete?» chiese Joao.
«Eravamo in quindici nell’autocarro», rispose Rhin. Fissò Joao, studiando le sue reazioni. Il suo atteggiamento, le sue domande, tutto faceva supporre che fosse in buona fede. Si sforzò di meditare su questa ipotesi, ma la sua mente era troppo confusa, non riusciva a coordinare le idee. Fin dal primo attacco, aveva avuto la netta sensazione che nelle punture degli insetti ci fosse qualcosa di molto simile a una droga. Purtroppo il loro laboratorio non era sufficientemente attrezzato per scoprire di quale sostanza si trattasse.
Joao si massaggiò la nuca. Le punture degli insetti cominciavano a farsi sentire. Passò in rassegna i suoi uomini controllando le loro condizioni fisiche, l’equipaggiamento di ognuno, contò quattro fucili a gas e vide che portavano a tracolla dei caricatori di riserva.
E c’era la sua capsula al sicuro nella trincea. Forse l’insetticida a spruzzo, di cui era cosparsa la cabina, aveva danneggiato i circuiti di controllo; rimaneva pur sempre l’aerocarro là nella savana.
«Cerchiamo di farci strada fino al carro», disse.
«Il vostro aerocarro?» chiese Rhin guardando la savana. «Penso che sia ormai fuori uso, bandeirante», aggiunse con una risata isterica. «Sono certa che d’ora innanzi ci saranno sempre meno traditori. Vi state intrappolando con le vostre stesse mani.»
Joao si volse di scatto per guardare il carro Irmandade e vide che si stava inclinando sul fianco sinistro. «Padre!» urlò. «Tommy! Vince! Andate…» S’interruppe nel vedere l’aerocarro sprofondare ulteriormente.
«L’avverto», disse Rhin, «stia lontano dal bordo della fossa, se prima non ha spruzzato l’insetticida dall’altro lato. Il loro getto d’acido può raggiungere anche quindici metri di distanza… come può vedere», fece un cenno verso l’aerocarro, «l’acido corrode il metallo e persino la plastica».
«Lei è pazza», disse Joao, «perché non mi ha avvertito immediatamente? Avremmo potuto…»
«Avvertirla?»
L’uomo biondo disse: «Dottor Kelly, forse avremmo…»
«Taci, Hogar», lo interruppe lei, lanciandogli una occhiata. «Piuttosto, va’ a vedere come sta il dottor Chen-Lhu.»
«Travis? È qui?» chiese Joao.
«È, arrivato ieri con un collega che purtroppo è morto quasi subito», rispose Rhin. «Ci stavano cercando e sfortunatamente per loro ci hanno trovati. Credo che il dottor Chen-Lhu non sopravviverà fino a domattina.» Guardò il suo collega. «Hogar!»
«Sissignora», fece l’uomo e, alzando le spalle, si diresse verso le tende.
«Abbiamo perso otto uomini per colpa dei suoi soci, bandeirante», disse Rhin. Guardò lo sparuto gruppo degli Irmandades. «La morte di otto di voi… traditori, non sarebbe sufficiente per ripagare la vita dei miei uomini!»
«Lei è pazza da legare», replicò Joao sentendo sorgere dentro di sé un’ira furibonda. Chen-Lhu era lì… morente? Poteva aspettare, per prima cosa c’era del lavoro da sbrigare.
«La smetta di fare la commedia, bandeirante», disse Rhin. «Li abbiamo visti i suoi amici, laggiù. Abbiamo visto i suoi ‘compagni di gioco’ e adesso è tutto chiaro: eravate troppo avidi e il gioco vi è sfuggito di mano.»
«Lei non può accusare i miei Irmandades, non ne ha le prove», dichiarò Joao. Si rivolse a Thome: «Tommy, tieni d’occhio questi pazzi. Non permetterere loro di intralciare il nostro lavoro». Prese un fucile a gas e delle cartucce di riserva, poi fece un cenno a tre uomini armati. «Voi, venite con me.»
«Capo, che cosa hai intenzione di fare?» chiese Vierho.
«Salvare il salvabile dall’aerocarro», rispose Joao.
Vierho sospirò, prese fucile e cartucce e fece segno agli altri di rimanere con Thome.
«Andate pure a farvi ammazzare», disse Rhin. «Non crediate che ve lo impediremo.»
Joao si trattenne a stento dal rivolgerle una serie di ingiurie. Gli doleva fortemente il capo e non aveva voglia di litigare. Si diresse verso il bordo della trincea, il più vicino possibile all’aerocarro, spruzzò una nube d’insetticida sull’erba al di là della fossa, quindi fece cenno agli altri di seguirlo e balzò oltre la fossa.
In seguito Joao non volle più ripensare a quei momenti vissuti nella savana. Avevano superato la trincea da appena venti minuti che già dovettero ritirarsi nell’isola di tende. Joao e i suoi tre compagni erano stati colpiti dall’acido e avevano riportato gravi ustioni. E avevano tratto in salvo solo una piccola parte del materiale che giaceva nell’aerocarro, per lo più cibo. Non avevano potuto ricuperare la trasmittente.
L’attacco giunse da tutte le parti, da creature nascoste tra l’alta erba. La schiuma insetticida servì a immobilizzarli solo temporaneamente. Nessuna sostanza velenosa sparata col fucile sembrò avere altro effetto che intontire le creature. L’attacco ebbe fine soltanto quando gli uomini si misero in salvo dietro le trincee.
«È evidente che quei mostri hanno distrutto per prima cosa le nostre apparecchiature radio», balbettò Vierho. «Come potevano saperlo?»
«Non cerco di indovinare», rispose Joao. «Non muoverti mentre ti curo le ferite.»
Vierho aveva una guancia e una spalla gravemente ustionate dall’acido e i suoi abiti cadevano a brandelli.