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Joao gli spalmò dell’unguento sulle ferite, quindi si avvicinò a Lon. L’uomo, che stava già perdendo la pelle della schiena, aspettava pazientemente di es­sere curato.

Rhin venne in aiuto di Joao con rotoli di garza sterilizzata e numerosi cerotti, ma si rifiutò di par­lare, persino di rispondere alle più semplici domande.

«Ne ha ancora di questa pomata?»

Silenzio.

«Ha preso dei campioni di acido?»

Silenzio.

«Come sta Chen-Lhu?»

Silenzio.

Joao si scoprì il braccio sinistro colpito dall’acido in tre punti e vi spalmò la pomata neutralizzante, quindi coprì le ferite con delle larghe strisce di ce­rotto.

«Dove sono gli esemplari di pulce che avete cat­turato?»

Silenzio.

«Lei è stupida, disonesta e megalomane», sbottò Joao senza scomporsi. «E non mi provochi troppo.»

Il volto della donna si sbiancò e i suoi occhi verdi lampeggiarono, ma non aprì bocca.

Joao provava un dolore acuto al capo, il braccio gli pulsava e gli pareva che i suoi occhi non riuscisse­ro a distinguere bene i colori. Il silenzio della donna lo esasperava, eppure provava una strana sensazione di distacco, come se quel sentimento d’ira non fosse il suo. «Si comporta come una che voglia essere violentata», disse. «Desidera che l’affidi ai miei uo­mini? Le assicuro che non aspettano altro.» Mentre parlava le sue parole gli suonavano strane… come se avesse voluto dire qualcos’altro senza esserne ca­pace.

Il volto di Rhin era in fiamme. «Come osa!» strillò.

«Ah, adesso le va di parlare», disse Joao. «Andia­mo, non sia melodrammatica. Non ho intenzione di darle questa soddisfazione.» Scosse il capo; non era esattamente ciò che voleva dire.

Rhin lo fissò sdegnata. «Lei è un insolente…»

«Dica quello che vuole», la interruppe il giovane, «tanto i miei uomini non avranno il piacere della sua compagnia».

Dal silenzio che seguì trapelava un senso di lon­tananza, di separazione, e a Joao parve addirittu­ra che Rhin fosse diventata più piccola. Prese co­scienza di un rumore lontano, come una specie di muggito, o forse era solo lui che lo sentiva. «Quel rumore», disse.

«Capo?» chiese Vierho alle sue spalle.

«Cos’è quel rumore?»

«È il fiume, capo.» Indicò un masso di roccia scura che si ergeva in lontananza al di sopra della giungla. «C’è un baratro laggiù e, quando soffia il vento, il rumore arriva fin qui. Senti, capo…»

«Che cose c’è» Joao provò un impeto d’ira nei confronti di Vierho. Non poteva parlare chiaramente?

«Devo dirti qualcosa.» Lo guidò verso il biondo nordico che sostava presso l’entrata di una tenda.

Joao guardò Rhin. Gli aveva voltato le spalle e rimaneva in piedi a braccia conserte. La sua posa rigida e severa aveva un che di ridicolo. Joao re­presse a stento una risata e si lasciò condurre dal giovanotto. Come si chiamava? Ah, sì, Hogar.

«Questo signore qui», Vierho indicò Hogar, «dice che la dottoressa è stata punta dagli insetti».

«La prima sera», bisbigliò Hogar.

«Da allora non è più la stessa», fece Vierho. «Nel­la testa, capisci? Dobbiamo adattarci ai suoi umori.»

Joao si passò la lingua sulle labbra aride.

«Gli insetti che l’hanno punta erano simili a quel­li che hanno assalito lei», precisò Hogar.

Si sta prendendo gioco di me! pensò Joao.

«Voglio vedere Chen-Lhu», disse Joao. «Adesso.»

«Il dottor Chen-Lhu è molto grave», rispose Ho­gar. «Credo che stia morendo.»

«Dov’è?»

«Nella tenda.»

«È cosciente?»

«Sì, ma non è assolutamente in condizioni di…»

«Sono io che do gli ordini qui!» scattò Joao.

Hogar e Vierho si scambiarono una strana oc­chiata.

Vierho disse: «Capo, forse…»

«Vado a trovare Chen-Lhu adesso.» Così entrò nella tenda.

All’interno il luogo era buio e gli ci vollero alcu­ni istanti per abituare gli occhi all’oscurità. Hogar e Vierho lo seguirono nella tenda.

«La prego, signor Martinho», disse Hogar.

«Capo, forse più tardi…» mormorò Vierho.

«Chi c’è là?» La voce era bassa ma controllata e giungeva da una branda sistemata in un angolo della tenda.

Joao vide una figura umana distesa sulla branda, la macchia bianca di una fasciatura e riconobbe, nella penombra, il volto di Chen Lhu. «Sono Joao Martinho», disse.

«Ah, Johnny», mormorò Chen-Lhu alzando leggermente il tono della voce.

Hogar si inginocchiò vicino a lui e disse: «La pre­go, dottore, non deve stancarsi troppo».

C’era uno strano accento di familiarità nelle sue parole, ma Joao non riuscì a spiegarsene la ragione.

Si avvicinò alla branda e guardò Chen-Lhu. Le sue guance erano scavate come dopo un lungo digiuno e gli occhi sembravano immersi in due oscure cavità.

«Johnny», disse Chen-Lhu in un bisbiglio, «allora siamo salvi».

«Non siamo salvi», rispose Joao.

«Ahhh male, molto male», mormorò Chen-Lhu. «Allora moriremo tutti insieme, eh?» E pensò: Quale ironia! Io e il mio capro espiatorio presi nella stessa trappola. Che futilità!

«C’è ancora speranza», intervenne Hogar.

Joao scorse Vierho farsi il segno della croce e pensò: Stupido ignorante!

«Quando c’è vita, eh?» disse Chen-Lhu. Guardò Joao. «Sto morendo Johnny, ma parte del mio pas­sato mi sfugge.» E pensò: Moriremo tutti, qui e nel mio paese… anche loro moriranno. Fame o ve­leni, che differenza fa?

Hogar guardò Joao e disse: «Senhor, la prego, lo lasci in pace».

«No», si oppose Chen-Lhu, «rimanga. Ho alcune cose da dirgli».

«Non deve stancarsi, dottore», insistette Hogar.

«Che cosa importa, ormai?» mormorò Chen-Lhu. «Abbiamo marciato a occidente, eh, Johnny? Vorrei poterci ridere su!»

Joao scosse il capo. La schiena gli doleva e prova­va un fastidioso formicolio alle braccia. Improv­visamente l’interno della tenda parve rischiararsi.

«Ridere?» bisbigliò Vierho. «Madonna santa!»

«Vuole sapere perché il mio governo non ha fat­to entrare i vostri osservatori?» chiese Chen-Lhu. «Che ironia! La Grande Crociata ha avuto l’esito opposto nel mio paese. Il suolo sta diventando sem­pre più sterile. Non c’è rimedio che tenga: fertiliz­zanti, prodotti chimici, niente.»

Joao non capiva che cosa volesse dire. Sterile? Sterile?

«Andiamo incontro alla più grande carestia che la storia abbia mai descritto», asserì Chen-Lhu.

«Per via della mancanza di insetti?» chiese Vierho.

«Naturalmente!» rispose Chen-Lhu. «Cos’altro è cambiato? Abbiamo spezzato gli anelli-chiave della catena ecologica. Sappiamo anche quali… ma ades­so è troppo tardi.»

Suolo sterile, pensava Joao. Un’idea molto inte­ressante, ma in quel momento gli doleva troppo il capo per meditarci su.

Vierho, angosciato dal silenzio di Joao, si chinò su Chen-Lhu e disse: «Perché il suo popolo non am­mette il fatto, in modo da avvertire gli altri prima che sia troppo tardi?»

«Non sia sciocco», esclamò Chen-Lhu con una sfumatura di autoritarismo nella voce. «Siamo di­sposti ad arrenderci su tutti i fronti, ma perdere la faccia, mai! Ve lo rivelo perché sto morendo e perché sono certo che anche voi non sopravviverete a lungo.»

Hogar si alzò e si allontanò dalla branda come se temesse qualche contagio.

«Vede, avevamo bisogno di un capro espiatorio», spiegò Chen-Lhu. «È per questo motivo che sono venuto qui… per trovarlo. Stiamo lottando per qual­cosa molto più importante delle nostre vite.»

«Potete sempre incolpare i nordamericani», disse Hogar in tono amaro.

«Abbiamo già esaminato questa possibilità», di­chiarò Chen-Lhu. «Ma non c’è via d’uscita. Abbiamo fatto tutto da noi stessi, capisce? No… l’unica solu­zione era di trovare qui un capro espiatorio. Gli inglesi e i francesi ci avevano procurato parte dei veleni. Li abbiamo esaminati a fondo, ma senza suc­cesso. Anche i russi ci avevano aiutati… ma nel lo­ro paese la questione del nuovo equilibrio ecologi­co non è stata risolta in modo globale… soltanto fino alla linea degli Urali. Ci avrebbero dimostrato di avere gli stessi problemi e… capisce? Avremmo fatto una pessima figura.»