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Non devo lasciarmi trasportare da inutili speran­ze, pensò.

Tuttavia, si avviò verso la capsula… tutto era pos­sibile.

La vernice bianca della carrozzeria era stata ri­pulita dalle macchie, dalle strisce e dalle incrosta­zioni d’acido. I pattini galleggianti, che normalmen­te si estendevano oltre il muso arrotondato della capsula, erano stati piegati a mano e saldati. For­mavano un basso gradino che portava alle semiali e all’interno della cabina. L’intera capsula era lunga circa cinque metri e mezzo, compresi i due metri del motore a razzo. Il blocco motore, che era inse­rito nella sezione sganciabile dell’aerocarro, era staccato ai due lati. La capsula, anch’essa divisa in sezioni trasversali, era di forma ovale, costituita da due superfici a mezza luna che si aprivano nella paratia posteriore della cabina. La mezza luna di sinistra era un intrico di morsetti serrafili che una volta collegavano la capsula all’aerocarro. La parte destra era chiusa ermeticamente per mezzo di un portello che ora conduceva alla cabina e a uno dei pattini galleggianti.

Joao controllò il portello, si accertò che i morset­ti fossero ben collegati e lanciò un’occhiata al pat­tino galleggiante di destra. Notò che uno squarcio laterale era stato rappezzato con tessuto e butile.

Avvertendo un forte odore di benzina, si chinò e controllò il fondo del serbatoio. Vierho aveva pompato fuori la benzina, tappato il foro all’esterno con una sostanza chimica e all’interno con un pro­dotto a spray, quindi aveva travasato la benzina nel serbatoio.

«Dovrebbe reggere se non subisce urti», osservò Vierho.

Joao annuì, si arrampicò sull’ala sinistra e guar­dò giù nella cabina. L’abitacolo, di circa due metri quadrati e alto due metri e mezzo, comprendeva due sedili di comando e in coda dei cassoni imbot­titi. I finestrini anteriori guardavano sul muso af­fusolato della capsula. Quelli laterali finivano all’al­tezza delle ali sulla parte frontale e si allargavano in coda. Un pannello trasparente di materiale pla­stico magnetico scorreva sopra il compartimento posteriore.

Joao si calò sul sedile di comando di sinistra e prese a controllare i comandi a mano. Notò che erano piuttosto lenti. Nel cruscotto erano stati in­stallati un nuovo indicatore di carburante e un al­tro bottone di avviamento, entrambi contrassegnati da rozze etichette scritte a mano.

«Ho dovuto utilizzare i pezzi che avevo a dispo­sizione, capo. Non c’era molto, ma se non fosse sta­to per l’incoscienza di quelli dell’OIE…»

«Hmm?» fece Joao in tono assente mentre pro­seguiva l’ispezione.

«Quando hanno abbandonato l’autocarro, hanno preso le tende. Io personalmente avrei preso un maggior numero di armi. Comunque dalle tende ho potuto ricavare le funi e le toppe per le ripara­zioni.»

Joao ultimò la verifica dell’indicatore di carbu­rante. «Nel sistema di alimentazione non ci sono le valvole automatiche», disse.

«Non si potevano riparare, capo… in ogni caso non hai molta benzina a disposizione.»

«A sufficienza per mandarci tutti all’inferno…. se non si riesce a controllare.»

«È per questo che ho messo lì quel grosso pul­sante, capo. Te l’ho detto. Va acceso e spento con rapidi scatti, non ci sono problemi.»

«A meno che, per sbaglio, dovessi aspirare troppa benzina.»

«Guarda là sotto, capo: quel pezzetto di legno fa da interruttore. L’ho collaudato con dei conteni­tori infilati sotto il dispositivo di iniezione. Non avrai un’imbarcazione molto veloce… ma piuttosto che niente.»

«Quindici minuti», rifletté Joao.

«È solo un’ipotesi, capo.»

«Lo so, forse basta per centocinquanta chilome­tri se tutto funziona come crédiamo; altrimenti cen­tocinquanta metri… e salteremo per aria.»

«Centocinquanta chilometri», aggiunse Vierho, «non ti bastano nemmeno per essere a metà stra­da dalla civiltà.»

«Non ci sono dubbi.»

«Allora, è tutto pronto?» tuonò Chen-Lhu la cui voce aveva un tono di falsa cordialità.

Joao guardò in basso e vide che l’uomo, appoggia­to all’ala di sinistra, era curvo e aveva un aspetto sofferente. Ebbe il sospetto che quella non fosse altro che una sofferenza simulata.

È stato il primo a riprendersi, pensò, anche se ci ha messo molto a rimettersi in forze. Ma… era in fin di vita. Forse lavoro troppo di immaginazione.

«È pronto o no?» insistette Chen-Lhu.

«Spero di sì», rispose Joao.

«Corriamo dei rischi?»

«Sarà come fare una passeggiatina domenicale», disse Joao in tono ironico.

«Dobbiamo salire a bordo subito?»

Joao volse lo sguardo verso le ombre che si al­lungavano dietro le tende, una varietà di sfumature arancione riflesse dai raggi del sole. Si accorse di respirare faticosamente, senza dubbio la tensione nervosa gli stava giocando brutti scherzi. Provò a tirare un respiro profondo e fu pervaso da una improvvisa calma; certo non era del tutto rilassato, ma libero da qualsiasi sensazione di timore.

Fu Vierho a rispondere: «Fra una ventina di mi­nuti circa, dottore.» Posò una mano sulla spalla di Joao. «Capo, che le mie preghiere ti accompa­gnino.»

«Sei sicuro di non voler prendere il mio posto?»

«Non è più il caso di discuterne, capo.»

Rhin Kelly uscì dalla sua tenda con una borsetta in mano, si diresse verso di loro e andò a mettersi di fianco a Chen-Lhu.

«Fra venti minuti, mia cara», le annunziò lui.

«Non credo di avere diritto a un posto là den­tro», disse Rhin. «Forse è più giusto che un al­tro…»

«Ormai è deciso così», tagliò corto Chen-Lhu quasi con rabbia. È incosciente, pensò, che cosa le salta in mente? «Nessuno ti permetterà di rimane­re qui.» Inoltre, mia cara Rhin, posso aver biso­gno di te per influenzare quel brasiliano. Joao Martinho dovrà essere manipolato con estrema attenzione, e a volte una donna ci riesce meglio di un uomo.

«Rimango del mio parere.»

Chen-Lhu si volse verso Joao. «Forse può convin­cerla lei, Johnny. Sono certo che non vorrà lasciar­la qui.»

Qui o là, non fa molta differenza, pensò Joao, ma disse: «Come ha già detto, la decisione è ormai pre­sa. Ora fareste meglio a salire a bordo e ad allac­ciarvi le cinture di sicurezza.»

«Dove dobbiamo sistemarci?» chiese Chen-Lhu.

«Lei è più pesante, quindi si metta dietro», con­sigliò Joao. «Sarà improbabile che io riesca a de­collare prima di urtare contro la superficie del fiu­me, ma, se così fosse, preferirei che il muso della capsula fosse rivolto verso l’alto.»

«Anch’io devo prendere posto dietro?» chiese Rhin e si rese conto di aver inconsciamento aderi­to alla loro decisione. Perché no, pensò fra sé, non immaginando di dividere il pessimismo di Joao.

«Capo!»

Joao si avvicinò a Vierho che aveva appena finito di controllare i galleggianti.

Rhin e Chen-Lhu intanto si erano diretti verso la fiancata di destra e stavano salendo a bordo.

«Come ti sembra?»

«Ti consiglio di tenere il galleggiante di destra più sollevato rispetto all’altro», fece Vierho. «Avre­sti maggiori probabilità di farcela.»

«Va bene. Manderemo soccorsi non appena pos­sibile», disse Joao ma, pronunciando quelle parole, si rese conto della loro vacuità.

«Certo, capo.» Vierho indietreggiò e preparò un lanciabombe.

Gli altri uscirono dalle tende carichi di armi e cominciarono a sistemarle nel veicolo.

Niente addii, pensò Joao. Sì, è la cosa migliore. Deve sembrare una partenza come le altre, una nor­male routine.

«Rhin, che cosa c’è dentro quella borsa?» chiese Chen-Lhu.

«Oggetti personali… e…», si interruppe, in preda alla commozione, «alcuni di loro mi hanno dato delle lettere da consegnare».

«Ah», fece Chen-Lhu, «un pizzico di sentimenta­lismo che si adatta alla situazione».