Com’era complicata la natura degli esseri umani, bisognava dimostrar loro… forse in modo drammatico, la condizione di schiavitù in cui si trovavano. L’ape regina si agitava fra il fresco terriccio, incitata all’azione dalle sue api guardiane. Il contatto unificativo attraversò tutte le parti del corpo alla ricerca di quelle superstiti, distribuendo forze. Questa volta avevano imparato nuovi sistemi per sfuggire all’attenzione degli esseri umani. Gli sciami successivi avrebbero fatto buon uso di questa conoscenza. Alla fine uno di loro si sarebbe messo in contatto con la città situata nei pressi del Rio delle Amazzoni, dove sembrava avesse origine la distruzione totale.
Uno di loro doveva farlo.
CAPITOLO SECONDO
Nuvole di fumo color pastello galleggiavano nell’aria del cabaret. Ognuna, che fungeva da contrassegno, si alzava da un orifizio situato al centro di ciascun tavolo: qui un viola pallido, di fronte un rosa delicato come la pelle di un neonato, là un verde che ricordava la garza indiana tessuta con erbe della pampa. Erano le nove di sera e il cabaret A’Chigua, il migliore di Bahia, aveva appena iniziato lo spettacolo. Un suono di campane tintinnanti aveva intonato le prime note di un ritmo sensuale, dando il via a un gruppo di ballerini in posa, ciascuno avvolto in un costume stilizzato raffigurante una formica. Le finte antenne e le mandibole ondeggiavano attraverso le nuvole di fumo.
I clienti abituali dell’A’Chigua occupavano dei bassi divani. Le donne, splendenti di colori tropicali vivaci come fiori della giungla, sedevano di fronte agli uomini vestiti di bianco e qua e là, come punti interrogativi, spiccavano le candide uniformi dei bandeirantes. In questa zona Verde, i bandeirantes potevano rilassarsi e divertirsi dopo aver prestato servizio nella giungla Rossa o alle barriere.
Un cicaleccio continuo in una dozzina di lingue diverse aleggiava nel locale.
«Stasera mi è capitato un tavolo rosa. È il colore del seno delle donne, non è vero?» «Così ho cosparso il formicaio con una schiuma insetticida e l’ho vuotato completamente… era pieno di formiche come quelle della Piratininga. Dovevano essere dieci o venti miliardi.»
La dottoressa Rhin Kelly era rimasta in ascolto per una ventina di minuti, la sua attenzione era sempre più attratta dalle tensioni e dagli stati d’animo di cui era carica l’atmosfera.
«Già, il nuovo metodo di disinfestazione…» fece un bandeirante seduto a un tavolo alle sue spalle che stava affrontando il problema dei superstiti «… contro gli insetti più resistenti. L’operazione di ripulitura finirà con l’essere un lavoraccio manuale, proprio come in Cina, dove sono costretti a uccidere gli ultimi insetti con le mani».
Rhin udì il suo compagno rigirarsi sul divano e pensò: Deve aver sentito. Levò lo sguardo al di sopra della colonnina di fumo color ambra e incontrò gli occhi a mandorla del suo accompagnatore. Lo vide sorridere e pensò, come aveva già fatto altre volte, che questo dottor Travis Huntington Chen-Lhu era un «personaggio» veramente distinto.
Era alto, con un viso squadrato dalla carnagione olivastra, sormontato da una massa di capelli tagliati corti, ancora neri nonostante la sessantina. Si piegò verso di lei e bisbigliò: «Non c’è modo di evitare le chiacchiere, eh?»
Lei scosse il capo, domandandosi forse per la decima volta come mai una persona di riguardo come il dottor Chen-Lhu, direttore di zona dell’Organizzazione Internazionale di Ecologia, avesse insistito ad accompagnarla là quella sera, la sua prima sera a Bahia. Non si faceva illusioni sul motivo per cui l’avesse invitata a lasciare Dublino: senza dubbio aveva un problema da risolvere che richiedeva l’intervento dei servizi di spionaggio dell’OIE. Come al solito, il problema avrebbe finito con l’implicare la manipolazione di qualcuno. Chen-Lhu gliene aveva accennato brevemente quel giorno stesso. Ma doveva ancora pronunciare il nome dell’uomo che lei avrebbe attirato con l’inganno.
«Si dice che certe piante muoiano per mancanza di impollinazione.» Adesso era una donna alle sue spalle che parlava e Rhin si irrigidì. Una conversazione pericolosa, quella.
Ma il bandeirante dietro di lei disse: «È meglio se tieni la bocca chiusa, bambola. Parli come quella signora che hanno pizzicato a Itabuna».
«Quale signora?»
«Una che distribuiva volantini dei Carsonites, proprio nel villaggio oltre la barriera. La polizia l’ha bloccata prima che potesse sbarazzarsi di una ventina di opuscoli. Gran parte del materiale è stato recuperato in tempo prima che potesse diffondersi, sai come vanno a finire queste cose, specialmente là, vicino alla zona Rossa.»
Del chiasso, proveniente dall’entrata, disturbò l’atmosfera del locale. Si udì una voce che gridava: «Johnny, ehi Johnny! Fortunato te!»
Rhin e gli altri clienti volsero lo sguardo in direzione delle voci e Rhin notò che Chen-Lhu fingeva indifferenza. Vide che anche i bandeirantes erano rimasti fermi ai loro posti come bloccati da una forza misteriosa.
Ritto davanti a loro c’era un bandeirante che portava, attaccato al risvolto della giacca, un distintivo d’oro da capogruppo, raffigurante una farfalla. Rhin lo studiò con improvviso interesse e notò che era un uomo di media statura, dalla carnagione scura e dai capelli neri ondulati; era tarchiato, ma si muoveva con una certa agilità. Il suo corpo, che sprigionava forza, contrastava col viso magro e aristocratico, dominato da un naso sottile con una gibbosità pronunciata. Evidentemente i suoi antenati annoveravano senhores de engenho.
Rhin lo definì «di una bellezza brutale». Ancora una volta notò l’atteggiamento indifferente di Chen-Lhu e pensò: Ora capisco perché siamo qui.
Quel pensiero la rese stranamente consapevole del proprio corpo. Provò una momentanea sensazione di repulsione per il suo ruolo, mentre pensava: Mi sono data da fare e mi sono venduta per essere qui in questo momento. E che cosa mi rimane? Nessuno voleva le prestazioni professionali di Rhin Kelly, entomologo. Ma Rhin, una bellezza irlandese, era una donna che traeva piacere da «altre» sue prestazioni… questa Rhin Kelly era molto richiesta.
Se non mi piacesse questo lavoro, forse non l’odierei tanto, pensò.
Sapeva di non passare inosservata in quel luogo pieno di donne indigene dalla pelle scura. Aveva i capelli rossi, gli occhi verdi, la carnagione delicata punteggiata di lentiggini. In quel locale, vestita con un abito lungo che si armonizzava col colore dei suoi occhi e con un distintivo dorato dell’OIE appuntato sul petto, in quel locale, rappresentava il tipo esotico.
«Chi è quell’uomo all’ingresso?» chiese.
Un sorriso simile al soffio di una leggera brezza increspò i lineamenti finemente cesellati di Chen-Lhu. Lanciò uno sguardo verso l’entrata. «Quale uomo, mia cara? Ce ne sono almeno… sette.»
«Smettila di fingere, Travis.»
Gli occhi a mandorla si posarono su di lei, quindi ruotarono verso il gruppo che sostava all’entrata. «È Joao Martinho, jefe degli Irmandades e figlio di Gabriel Martinho.»
«Joao Martinho», fece lei. «Deve essere quello di cui mi hai parlato, che dovrebbe aver carta bianca per ripulire la Piratininga.»
«Ha già avuto il denaro, mia cara. Per Johnny Martinho, è ciò che conta di più.»
«Quanto?»
«Ah, che donna pratica», disse lui. «Si sono spartiti cinquecentomila cruzados.» Chen-Lhu si appoggiò allo schienale del divano, aspirò l’aroma pungente dell’incenso che si levava dalla colonnina di fumo del loro tavolo. Pensò: Cinquecentomila! Saranno sufficienti per distruggere Johnny Martinho… se riesco a dimostrare le mie ragioni contro di lui. E con Rhin, come potrei fallire? Questo branco di idioti di Bahia sarà ben felice di accogliere una donna affascinante come Rhin. Sì, avremo presto il nostro capro espiatorio: Johnny Martinho, il capitalista, il gran senhor addestrato dagli yankee.