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«Sono ancora lì», lo informò Chen-Lhu, «sulla spiaggia e più in là ci sono altri gruppi».

Joao si guardò attorno. Rhin era ritornata al suo posto, aveva il fucile a tracolla, la testa appoggiata allo schienale e gli occhi chiusi. Chen-Lhu era in­ginocchiato sul cassone e scrutava la sponda di si­nistra.

D’un tratto Joao ebbe l’impressione che ogni og­getto nella cabina assumesse tonalità grigie e ver­di. Sapeva che quegli oggetti erano di altri colori, ma in quel momento li percepiva soltanto grigi e verdi… persino la pelle di Chen-Lhu… e quella di Rhin.

«I colori… non distinguo più… i colori», mormorò.

«Un parziale daltonismo», fece Chen-Lhu, «può essere un sintomo».

Joao guardò fuori del finestrino di destra e in­travide fra gli alberi un’enorme distesa di vette color grigio e, ancor più su, un sole grigioverde.

«Chiudi gli occhi e rilassati», disse Rhin.

Joao appoggiò il capo allo schienale e lo volse per guardarla.

Rhin aveva messo in disparte il fucile e si stava piegando su di lui. Prese a massaggiargli le tempie. «Scotta», disse rivolta a Chen-Lhu.

Joao chiuse gli occhi. Sentiva le mani di lei, fre­sche e rilassanti. Aveva il cervello offuscato dall’estrema stanchezza… e là, nella gamba destra sen­tiva una fitta martellante: l’impacco energetico.

«Cerca di dormire», mormorò Rhin.

«Rhin, come ti senti?» chiese Chen-Lhu.

«Mi sono applicata un impacco durante la pri­ma tregua», rispose lei. «Le dosi di ACTH sembrano dare un sollievo immediato, sempre se la puntura è superficiale.»

«E, secondo te, Johnny è stato punto più di noi?»

«Là fuori? Ma certamente.»

Joao riusciva a captare solo i suoni confusi delle loro parole, ma ne capiva il significato con una chia­rezza impressionante. Fu stranamente affascinato dai toni contrastanti delle loro voci. Quella di Chen-Lhu era carica di finzione, quella di Rhin rivelava una paura soffocata e un genuino interesse nei suoi riguardi.

Rhin gli accarezzò ancora una volta la fronte, quindi scivolò sul suo sedile. Si passò una mano sui capelli e guardò fuori, verso occidente. Qualcosa si muoveva, sì: un agitato batter d’ali… «cose» che sembravano di dimensioni ancor più grandi. Alzò gli occhi e il suo sguardo raggiunse densi cirricumuli che facevano da aureola agli alberi raggrup­pati sulle colline. Lentamente il tramonto li colorò di rosso. Distolse lo sguardo e lo posò sulla super­ficie d’acqua di fronte a lei.

Il fiume in quel punto compiva una curva a mez­za luna, che trasportava la capsula quasi in direzio­ne nord, quindi si apriva in un corso d’acqua più ampio. Le onde lambivano la sponda con sfumature luminose color malva e argento.

Dalla riva opposta riecheggiò un cupo tubare di piccioni selvatici. Rhin si guardò attorno, ma avver­tì solo immobilità e silenzio.

Il sole calava dietro le vette lontane, mentre pattu­glie notturne di pipistrelli svolazzavano, planavano e si lanciavano in picchiata. Poi al ritmico cinguettio de­gli uccelli subentrarono i suoni della notte: il lontano ruggito di un giaguaro, fruscii, stormir di fronde e un tonfo assai vicino.

E ancora una volta immobilità e silenzio.

Qualcosa che ogni essere vivente della giungla te­me, pensò Rhin.

Una luna color ambra prese ad arrampicarsi su nel cielo. La capsula scivolava lungo il riverbero lunare simile a una libellula gigante in equilibrio sull’ac­qua. Una farfalla notturna si posò sul parabrezza, agitò le ali trasparenti come la filigrana, quindi scomparve.

«Continuano a tenerci sotto controllo», disse Chen-Lhu.

Joao sentiva il calore dell’impacco energetico scor­rergli nelle vene, ma persisteva in lui quel senso di stordimento: come se fossero tante persone in una volta. Dischiuse gli occhi e posò lo sguardo sul sof­fice tappeto luminoso delle colline. Era certo di quel­lo che vedeva, tuttavia una parte di lui si sentiva avvinghiata al telone del soffitto, come se realmente stesse per rintanarsi lì. E la luna era una luna a lui estranea, qualcosa di cui non aveva mai conosciuto l’esistenza, il suo alone formato dalla luce riflessa della terra era troppo grande, il suo spicchio illu­minato dal sole troppo risplendente. Sembrava una luna posticcia su uno scenario dipinto, la cui mae­stosità lo faceva sentire piccolo, come una micro­scopica meteora vagante negli spazi infiniti dell’uni­verso.

Premette forte le palpebre, muovendo a se stesso un rimprovero: non devo lasciarmi trasportare da simili pensieri altrimenti impazzirò! Dio mio! Che cosa mi succede? Si accorse che la capsula era im­mersa in un silenzio opprimente. Rimase teso all’a­scolto per captare anche il più piccolo rumore: il respiro controllato di Rhin, Chen-Lhu che si schia­riva la voce.

Il bene e il male sono opposti creati dall’uomo: esiste solo l’onore. Il pensiero riecheggiò nella sua mente, come se avesse già sentito pronunciare quel­le parole. Sì, quelle erano le parole di suo padre… suo padre, le cui sembianze erano state plagiate per produrne un simulacro, apparsogli sulla riva del fiu­me.

La vita dell’uomo è ancorata tra il bene e il male, pensò.

«Sai, Rhin, questo è un fiume marxiano. Tutto nel mondo scorre come questo fiume. Nella vita qualsiasi cosa cambia continuamente aspetto. Ma nulla può fermare la dialettica; non si dovrebbe mai porre un limite alla dialettica. Non c’è niente di sta­tico. Non c’è mai niente di uguale due volte.»

«Oh, smettila», brontolò Rhin.

«Voi, donne occidentali, non capite l’importanza della dialettica.»

«Perché non lo dici agli insetti?» disse Rhin con ironia.

«Come è ricca questa terra», mormorò Chen-Lhu. «Hai idea della quantità di persone del mio paese che queste terre potrebbero contenere? Naturalmen­te si dovrebbero apportare leggere modifiche: disbo­scamenti, coltivazioni a terrazze… In Cina abbiamo imparato a rendere produttive e abitabili, per milio­ni di persone, estensioni di terre come queste.»

Rhin si rizzò e fissò Chen-Lhu negli occhi. «Ci ri­siamo?»

«Questi stupidi brasiliani non hanno mai imparato a far buon uso delle fortune che hanno. La mia gen­te…»

«Capisco. La tua gente viene qui e mostra loro che cosa si deve fare, è così?»

«Si potrebbe anche fare», disse Chen-Lhu, e pen­sò: Fa’ le tue dovute considerazioni, mia cara Rhin. Quando ti accorgerai che cosa c’è in palio, capirai qual è il prezzo che si può anche pagare.

«E i brasiliani allora, alcuni milioni, ammassati nelle città e negli appezzamenti di terreno della Nuo­va Colonizzazione mentre è in pieno sviluppo la lotta per l’equilibrio ecologico?»

«A poco a poco si stanno abituando allo stato attuale delle cose.»

«Possono solo sopportarlo perché sperano in un futuro migliore!»

«Oh, no, mia cara Rhin, ti sbagli, sei troppo in­genua. Gli uomini al potere possono manipolare la gente per ottenere ciò che ritengono necessario.»

«E che cosa dici degli insetti?» chiese Rhin. «Del­la Grande Crociata?»

Chen-Lhu alzò le spalle. «Li abbiamo sopportati per migliaia di anni… prima.»

«E quelli abnormi, le nuove specie?»

«Intendi dire gli esseri creati dalle mani dei tuoi amici bandeirantes? Quelli li distruggeremo con pia­cere.»

«Non sono convinta che siano stati i bandeirantes a dar vita a quelle… creature là fuori. Sono certa che Joao sia al di fuori di ogni sospetto.»

«Sì?… Allora chi è stato?»

«Forse gli stessi che non vogliono ammettere il fallimento della loro Grande Crociata.»

«Ti assicuro che non è vero!» sbottò Chen-Lhu.

Rhin abbassò lo sguardo su Joao che respirava profondamente. Era possibile? No!

Chen-Lhu si appoggiò contro la paratia pensando: Considera ben bene queste cose, mia piccola cara, e se poi sarai tormentata dai dubbi, mi seguirai co­me un agnellino. Johnny Martinho… che ideale ca­pro espiatorio: addestrato nel Nord America, è di­ventato un burattino senza scrupoli nelle mani de­gli imperialisti! Un uomo privo di pudore, che fa l’amore sotto i miei occhi con una rappresentante dell’OIE. I suoi lo crederanno capace di tutto!