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Joao pensò: non ce la faremo mai. Nulla può so­pravvivere a questa catastrofe.

Sentì che Rhin gli cingeva la vita con entrambe le braccia e, in preda al terrore, implorava: «Ti prego, falla fermare, falla fermare».

Vide il muso della capsula sollevarsi e abbassar­si, acqua schiumosa attraversare l’apertura prima ricoperta dalla calotta. Vide un fucile a gas balza­re nel fiume attraverso l’apertura e si sentì sempre più schiacciato fra i sedili e il cruscotto. Gli dole­vano le dita della mano che stringeva la cloche. Un movimento brusco della capsula gli fece voltare il capo e vide le braccia di Chen-Lhu avvinte al suo schienale.

Il cinese sentiva il rumore come una diretta pres­sione sui suoi nervi che superava ogni limite di sop­portazione, un ritmo incontrollabile che penetrava nel suo essere dominandolo: una dissonanza assor­dante divenuta discorde nei contrappunti, un maelstrom stridente, scricchiolante, grattante. Aveva la sensazione di essere diventato un ricettore visivo, uditivo, sensitivo, privo di qualsiasi altra funzione.

Rhin premette il viso contro il petto di Joao. Tut­to ciò che percepiva era l’odore del corpo di lui e l’incessante movimento. Sentiva la capsula sollevar­si… su… su… precipitare, girare, roteare. Su. Giù. Su. Giù. Su. Giù. Su. Giù. Come il movimento fre­netico di un rapporto sessuale.

Joao era proteso a percepire immagini: immagini intense e terrificanti. Guardava fisso nel vuoto at­traverso un foro che non c’era; le immagini gli ap­parivano confuse: la corrente impetuosa che aziona un mulino, una scura cavità d’acqua, solidi spruzzi, umide ombre verdi lungo un dirupo. Sentiva la ma­no paralizzata. Le spalle gli dolevano.

Un colpo d’onda melmosa simile alla corazza di una tartaruga, rotolò di fronte all’apertura della ca­bina. Joao sentì la capsula slittare su quella massa viscosa con un movimento che gli dava l’illusione di essere trasportato dolcemente sulla superficie dell’ac­qua. Vide il fiume scomparire dietro sé.

Non ce la fa più, si disse.

Il muso della capsula si stava inabissando sem­pre più. Joao si aggrappò al cruscotto e vide la cresta verde scura di un’onda sollevare il troncone di un’ala… su… su… su.

La capsula andò a sbattere contro l’onda.

Acqua e verde oscurità si riversarono nella cabi­na, come una cascata. Giunse uno stridio di metal­lo. La coda della capsula si abbassò con violenza sull’acqua e Joao, proiettato verso l’alto, poté vedere la pallida luce del mattino. A fatica, tentò di raggiun­gere il sedile, trascinandosi dietro Rhin. Vide Chen-Lhu ancora abbracciato al sedile, e l’acqua che si ri­versava nella cabina dalla fiancata squarciata. La capsula fu sommersa da una massa di acqua tu­multuosa e la coda si schiantò contro gli scogli.

Un raggio di sole accecante!

Joao si volse, semiabbagliato da quella luce e guardò la gola del fiume attraverso lo spazio pri­ma occupato dai motori. Il rumore rombante del­l’acqua, la violenza delle onde gli fecero pensare: Come abbiamo fatto a resistere finora?

Sentì l’acqua alle caviglie, si volse di scatto aspettandosi di vedere un’altra serie di rapide; si ac­corse invece che la capsula era stata trasportata in un ampio specchio d’acqua scura che assorbiva la turbolenza della gola rivelando in superficie so­lo bollicine scintillanti e i solchi delle correnti dei ruscelli convergenti.

La capsula rollò con violenza. Joao barcollò nel­l’acqua aggrappandosi al bordo della cabina di fron­te a ciò che rimaneva dell’ala destra e che ora gal­leggiava a pelo d’acqua.

La voce stranamente pacata di Rhin ruppe il si­lenzio. «Non sarebbe meglio uscire? Stiamo affon­dando.»

Joao cercò di scuotersi di dosso la sua sensazione di distacco, abbassò lo sguardo e la vide seduta al suo posto. Udì Chen-Lhu che cercava a stento di al­zarsi tossendo; lo vide emergere dietro di lei.

Giunse un gorgoglio e un rumore metallico e l’a­la destra si inclinò sotto la superficie.

Con uno strano senso di euforia, Joao si rese con­to che tutti e tre erano ancora vivi… ma la capsula era distrutta. A quel pensiero fu nuovamente assali­to dall’angoscia.

«L’abbiamo pagata cara questa corsa», disse Chen-Lhu, «ma siamo ormai arrivati al capolinea».

«Davvero?» brontolò Joao. Si sentì ribollire dall’i­ra e toccò la tasca che conteneva il vecchio schioppo di Vierho. Quel gesto istintivo, insensato lo fece sorridere.

Come si può pensare di uccidere quelle cose con questo aggeggio? disse fra sé.

«Joao?» chiamò Rhin.

«Sì.» Le fece un cenno col capo, si volse, uscì dal­la cabina e rimase in equilibrio sul bordo della cap­sula a studiare i dintorni. Fu investito da un soffio d’aria umida proveniente dalla gola.

«Questa cosa non rimarrà a galla ancora per mol­to», osservò Chen-Lhu. Si volse per guardare il bara­tro, improvvisamente riluttante ad accettare la realtà.

«Potrei nuotare fino a quel punto laggiù», disse Rhin. «E voi due?»

Chen-Lhu si volse ancora e vide nello specchio d’acqua una striscia di terra scura che si protendeva per circa un centinaio di metri sul fiume: un fragi­le tentacolo, formato di giunchi e fango, sospeso sul­l’acqua; sullo sfondo, un’alta parete di alberi. Lunghe impronte di animali striscianti spiccavano nel fango.

Tracce di coccodrilli, pensò Chen-Lhu.

«Ho visto tracce di coccodrilli», disse Joao. «È meglio restare nella cabina finché ci è possibile.»

Rhin si sentì assalire dal terrore. «Rimarrà a gal­la ancora per molto?» bisbigliò.

«Sì, se non facciamo alcun movimento», rispo­se Joao. «Probabilmente è rimasta dell’aria sotto di noi, forse dentro l’ala e il galleggiante di sinistra.»

«Nessuna traccia di… ‘loro’, qui», disse Rhin.

«Arriveranno fra poco», dichiarò Chen-Lhu, sor­preso dal tono di noncuranza della sua stessa voce.

Joao scrutò la piccola penisola.

La capsula prima fu portata al largo dalla corren­te, poi risospinta da un vortice verso riva finché solo pochi metri separarono la punta dell’ala, par­zialmente sommersa, dalla spiaggia melmosa.

Dove sono quei dannati coccodrilli? si domandò Joao.

«Non è possibile avvicinarsi di più», fece notare Chen-Lhu.

Joao annuì e disse: «Tu va’ avanti, Rhin. Rimani sull’ala finché puoi, ti seguiamo immediatamente». Mise una mano sulla pistola che aveva in tasca e l’aiutò con l’altra mano.

Rhin scivolò sull’ala che si inclinò ancora più giù finché toccò il fondo melmoso.

Chen-Lhu la seguì dicendo: «Andiamo!»

A guado attraversarono il breve tratto di fiume che li separava dalla spiaggia, affondando i piedi nella melma. Joao sentì odore di carburante e vide macchie d’olio che si disegnavano a spirale sull’ac­qua. Raggiunse l’argine di giunchi e fango e si se­dette accanto a Rhin e Chen-Lhu. Fissò lo sguardo sulla giungla.

«Sarebbe possibile ragionare con loro?» chiese Chen-Lhu.

Joao sollevò il fucile a gas e disse: «Questo è l’uni­co argomento che abbiamo». Si assicurò che il ca­ricatore fosse pieno e si volse a guardare ciò che ri­maneva della capsula. Giaceva parzialmente som­mersa con l’ala ancorata nella melma e lambita dal­la corrente che sciabordava attraverso i fori della cabina.

«Pensa che dovremmo tentare di recuperare le armi dalla capsula?» chiese Chen-Lhu. «A che sco­po? Tanto non ci muoveremo da qui.»

Ha ragione, pensò Joao. Si accorse che Rhin, al­le parole di Chen-Lhu, era stata colta da un fremito incontrollabile e le cinse le spalle con un braccio fin­ché il fremito cessò.

«Che simpatica scena domestica», esclamò Chen-Lhu guardandoli, e pensò: Sono l’unica moneta che posseggo, forse i nostri amici saranno disposti a trattare… loro due in cambio della mia salvezza.