«Dall’odore sembra acido ossalico», affermò Martinho. «Deve essere anche più potente. Fa’ attenzione, adesso. Non dobbiamo mancare il bersaglio.»
«Perché non provi con una bomba fumogena?»
«Vierho!»
«Ahhh, sì, l’acqua.»
La creatura cominciò a scivolare lungo la fontana alla loro destra. Vierho girò lo scudo per difendersi dal nuovo attacco. La creatura si fermò, quindi retrocesse.
«Aspetta un momento», disse Martinho. Studiò la creatura attraverso un punto nitido del vetro.
Si spostava avanti e indietro, chiaramente visibile sullo sfondo oscuro della folla. Aveva le stesse caratteristiche del suo piccolo omonimo, esattamente come una caricatura potrebbe evidenziarle. Le sezioni del suo corpo erano sorrette da zampe nervate ricoperte di ispida peluria. Le antenne, rigide e bagnate sulla punta, brillavano alla luce dei fari. D’un tratto sollevò la proboscide e schizzò una gran quantità di liquido in direzione dello scudo.
Martinho si abbassò di scatto. «Dobbiamo avvicinarci ancora», disse, «non dobbiamo darle il tempo di riprendersi, dopo averla stordita».
«Con che cosa è caricato il fucile, capo?»
«Con una miscela speciale: solfuro diluito e sublimato corrosivo in una capsula di butile che a contatto dell’aria si condensa. Voglio fare in modo che le zampe si aggroviglino.»
«Mi auguro che tu abbia anche qualcosa per otturare il foro della proboscide.»
«Muoviti, vecchio mio», lo esortò Joao.
Vierho avvicinò a sé lo scudo e si sporse per scrutare attraverso la nube provocata dall’acido.
La pulce gigante saltò lateralmente, si girò, sfrecciò a destra lungo il bordo della fontana. D’un tratto fece un giro su se stessa e spruzzò un abbondante getto d’acido nella loro direzione. Il liquido, illuminato dai fari dei camion, scintillava come una cascata di gioielli.
Vierho riuscì a stento a spostare lo scudo per difendersi da questo ulteriore attacco. «Al diavolo i diecimila cruzados!» brontolò. «Non mi va di rischiare la pelle in questo modo. Non siamo dei toreri, noi.»
«Questo non è un toro, fratello. Non ha le corna.»
«Ti dirò che preferirei avesse le corna.»
«Stiamo perdendo tempo in chiacchiere», fece Martinho. «Avviciniamoci ancora, d’accordo?»
Vierho spinse in avanti lo scudo fino ad arrivare a soli due metri dalla creatura. «Spara!» sibilò.
«Un colpo solo», disse Martinho. «Non dobbiamo danneggiare l’esemplare. Il dottor Chen-Lhu lo vuole intatto.»
E pensò: Anch’io lo voglio.
Puntò il fucile contro la creatura, ma questa balzò prima sull’aiuola, poi ritornò sul bordo della fontana. Un urlo si levò dalla folla.
Martinho e Vierho si acquattarono per osservare la loro preda che continuava a saltare avanti e indietro sull’aiuola.
«Perché diavolo non si ferma un momento?» fece Martinho.
«Capo, se dovesse saltare sotto lo scudo, saremmo rovinati. Che cosa aspetti? Falla fuori!»
«Devo essere sicuro di centrarla.»
Fece oscillare il fucile da una parte e dall’altra, seguendo i movimenti dell’instancabile insetto. Ogni volta sfuggiva alla loro visuale per spostarsi sempre più verso destra. Improvvisamente si girò e sfrecciò verso il lato opposto attorno al bordo della fontana. Ora l’intera cortina d’acqua li separava dalla preda, ma i fari ne avevano seguito la ritirata e potevano segnalarne la posizione. In quel momento Martinho fu colto dal sospetto che la cosa stesse cercando di attirarli in un tranello. Sollevò lo schermo visivo della tuta e si asciugò la fronte con la mano sinistra. Era madida di sudore. La notte era calda, sebbene lì, vicino alla fontana, ci fosse una frescura carica di umidità, mescolata all’odore amarognolo dell’acido.
«Siamo nei guai», mormorò Vierho. «Con la fontana di mezzo, come faremo a catturarla?»
«Andiamo», disse Martinho. «Se rimane dov’è, faccio uscire un’altra squadra. Allora non potrà sfuggirci.»
Vierho prese a manovrare lo scudo lateralmente attorno alla fontana. «Sono ancora dell’idea che avremmo dovuto utilizzare il camion», affermò.
«Troppo grande e ingombrante», replicò Martinho. «Inoltre avrebbe potuto spaventarla tanto da indurla a cercare riparo fra la folla, mentre così può pensare di avere una via di scampo.»
«Sono d’accordo con te, capo.»
In quel momento la pulce gigante sfrecciò verso di loro, poi si fermò e strisciò all’indietro tenendo la proboscide rivolta verso lo scudo. Sembrava un bersaglio sicuro, ma la grande quantità di acqua che sgorgava fra la bestia e Martinho impedì a quest’ultimo di sparare.
«Abbiamo il vento alle spalle, capo», osservò Vierho.
«Lo so. Speriamo che non le salti in mente di spruzzare acido in questo momento. Il vento ce lo farebbe ricadere sulla schiena.»
La pulce si ritrasse in una zona in cui la struttura superiore della fontana la riparava dalla luce accecante dei fari. Andava avanti e indietro nella zona buia, un movimento oscuro attraverso la cortina di acqua.
«Capo, ho idea che quella cosa non rimarrà laggiù a lungo.»
«Tieni lo scudo un momento», disse Martinho. «Credo che tu abbia ragione. Dobbiamo sgombrare la piazza. Se le saltasse in mente di assalire la folla, qualcuno potrebbe farsi del male.»
«Hai detto una cosa giusta.»
«Vierho, prendi la torcia e vedi di abbagliarla, nel frattempo mi sposterò sulla destra e cercherò di colpirla a distanza.»
«Capo!»
«Hai un’idea migliore?»
«Almeno spingiamo il carrello più avanti, là nell’aiuola. Così non saresti troppo vicino se…»
Ancora nascosta all’ombra della fontana, la pulce balzò sull’aiuola.
Vierho alzò la torcia e un fascio di luce bianco-azzurra inondò la creatura. «Dio mio, capo! Ammazzala.»
Martinho fece roteare il fucile per puntarlo nella nuova direzione, ma la fessura dello scudo gli bloccò il movimento a metà. Imprecò e afferrò la leva di comando, ma, prima che potesse girare lo scudo, una sezione dell’aiuola, illuminata a giorno dalla luce della torcia, si sollevò dietro la pulce come una botola. Una sagoma nera, sormontata da qualcosa che sembrava una testa tricorne, emerse parzialmente dal buco con un suono simile a uno stridulo richiamo.
La pulce sfrecciò oltre la sagoma misteriosa e scomparve nel buco.
Adesso la folla urlava, un frastuono assordante misto a rabbia, paura ed eccitazione selvaggia riempiva l’atmosfera della Plaza.
Ciononostante, Martinho poté udire la voce di Vierho che recitava una preghiera, quasi una cantilena: «Santa Maria, Madre di Dio…»
Martinho cercò di spinger lo scudo verso la creatura nascosta nel buco, ma Vierho, che invece voleva retrocedere, glielo impedì. Lo scudo fece un giro su se stesso e i due rimasero allo scoperto, mentre là nell’aiuola la sagoma nera si sollevava di un altro mezzo metro. Martinho poteva vederla distintamente immersa nel chiarore della torcia: la cosa assomigliava a un gigantesco cervo volante, alto più di un uomo e con tre corna.
Disperatamente, Martinho sfilò il fucile e lo puntò contro la sagoma mostruosa.
«Capo, capo, capo!» insisteva Vierho.
Martinho puntò l’arma e fece partire una scarica in direzione della creatura.
La miscela velenosa la investì in pieno e l’avvolse.
La creatura, con la gigantesca mole contorta per l’effetto dello spruzzo, esitò, quindi emerse ulteriormente dalla tana con un grido stridulo simile a un grugnito che risuonò distintamente al di sopra delle urla della folla.
All’improvviso un silenzio agghiacciante scese sulla Plaza, mentre la creatura enorme sovrastava la folla… un mostro corazzato verde, nero e luccicante, con una mole che superava di un metro quella di un uomo.
Martinho poté udire un suono, uno strano gorgoglio simile a quello della fontana, ma più distinto.