Выбрать главу

Con cautela puntò nuovamente il fucile contro la testa tricorne e in dieci secondi svuotò il caricatore. Il mostro si impennò minaccioso e parve lottare con­tro la nube appiccicosa di gas, quindi indietreggiò e scomparve nella sua tana.

«Capo, andiamocene da qui», insisteva Vierho. «Per favore, capo.» Girò lo scudo in modo che fun­gesse da barriera tra loro e l’insetto gigantesco. «Per favore», ripeté, tentando di far retrocedere Mar­tinho con lo scudo.

Martinho prese un altro caricatore, lo infilò nel fucile e con la mano sinistra afferrò una bomba schiu­mogena. Era come svuotato di qualsiasi emozione, ma sentiva impellente la necessità di attaccare quel mostro e di ucciderlo. Fece per lanciare la bomba quando si accorse che il carrello era come inchiodato al terreno. Alzò lo sguardo e scorse una massa com­patta di liquido che dalla creatura mostruosa si ri­versava sul carrello.

«Scappa!» urlò Vierho.

Fecero un balzo indietro, trascinando via lo scudo.

Non appena si trovarono fuori bersaglio, l’attacco cessò. Martinho si fermò e guardò indietro. Sentiva Vierho tremante accanto a sé. L’oscura creatura sta­va lentamente scomparendo nella sua tana. Era la ritirata più minacciosa a cui Martinho avesse mai assistito. Dai suoi movimenti trapelava chiaramen­te l’intenzione di ritornare all’attacco. In breve scom­parve dalla vista e la sezione dell’aiuola si chiuse dietro di essa.

Come se quello fosse stato un segnale, le grida del­la folla si alzarono tutt’intorno alla Plaza. Martinho poteva captare la paura nelle voci della gente anche se non riusciva a distinguere le parole.

Sollevò lo schermo visivo della tuta e rimase in ascolto. Gli giungevano parole simili a grida acute, frasi spezzettate: «È un insetto mostruoso?» «Hai udito le voci che giungono dalla costa?» «L’intera regione rischia di essere infestata!» «…al convento del Monte Ochoa… l’orfanotrofio…»

La stessa domanda veniva continuamente ripetuta in ogni angolo della Plaza: «Che cos’era?» «Che cos’era?» «Che cos’era?»

Martinho avvertì la presenza di qualcuno alla sua destra, si volse e scorse Chen-Lhu con gli occhi fissi nel punto in cui la forma nera era scomparsa. Non c’era traccia di Rhin Kelly.

«Sì, Johnny», disse Chen-Lhu. «Che cos’era?»

«Sembrava un enorme cervo volante», rispose Martinho, sorpreso della calma che traspariva dalla sua stessa voce.

«Era più alto di un uomo», mormorò Vierho. «Capo… quelle voci sulla Serra Dos Parecis…»

«Ho udito la folla parlare del Monte Ochoa e del­l’orfanotrofio», fece Martinho. «Di che cosa si trat­ta?»

«Rhin è andata a fare delle indagini per suo con­to», spiegò Chen-Lhu. «Si sentono delle voci molto preoccupanti. Sto facendo sgombrare la piazza e di­sperdere la folla.»

«A che cosa si riferiscono le voci?» chiese Mar­tinho.

«Deve essere successa una tragedia sulla costa e anche al convento del Monte Ochoa, all’orfanotro­fio.»

«Che tipo di tragedia?»

«È ciò che Rhin sta cercando di scoprire.»

«Ha visto quella cosa là nell’aiuola», chiese Martinho. «Ora non avrà più dubbi circa le nostre re­lazioni di questi ultimi mesi.»

«Ho visto un automa che spruzzava acido e un uomo mascherato da cervo volante», disse Chen-Lhu. «Sarei curioso di sapere se lei era al corrente di que­sta simulazione.»

Vierho imprecò sommessamente.

Martinho fece una pausa per soffocare un improv­viso impeto d’ira e si limitò a dire: «Non mi è parso affatto un uomo mascherato». Scosse il capo. Non poteva permettere che l’emozione gli annebbiasse la ragione, non era il momento. Gli insetti non possono raggiungere quelle dimensioni. La forza di gravità… Di nuovo scosse il capo. Allora che cos’era? «Do­vremmo almeno prelevare dei campioni di acido là nell’aiuola», disse. «Ed esaminare attentamente il buco.»

«Ho già incaricato il nostro Servizio di Sicurez­za», dichiarò Chen-Lhu, mentre meditava su come avrebbe steso il rapporto per i suoi superiori dell’OIE e quello speciale per il suo governo.

«Non ha notato come sembrava dissolversi nel buco quando l’ho colpito con lo spruzzo?» chiese Martinho. «Il veleno può essere doloroso, Travis. Un uomo avrebbe urlato.»

«Un uomo in una tuta protettiva», disse Chen-Lhu. Cominciò ad avere dei dubbi sul conto di Martinho. La sua perplessità sembrava genuina. Pazienza. In ogni modo l’incidente si sarebbe dimostrato utile. Questo, Chen-Lhu l’aveva capito.

«Ma è uscito di nuovo dalla tana», disse Vierho. «L’ha visto con i suoi occhi.»

Improvvisamente un suono simile a un lamento riecheggiò lugubremente fra la folla che veniva al­lontanata dalla Plaza.

Martinho si volse e chiamò: «Vierho».

«Sì, capo?»

«Va’ a prendere le carabine dal camion.»

«Subito, capo.» Vierho attraversò di corsa l’aiuola e si diresse verso l’autocarro, ora parcheggiato in una zona scoperta e attorniato da un gruppo di bandeirantes.

Martinho notò che gli uomini di Alvarez erano i più numerosi; c’erano anche gli Hermosillo e i Junitza.

«Che cosa vuole fare con la carabina?» chiese Chen-Lhu.

«Vado a dare un’occhiata in quel buco.»

«I miei uomini saranno qui da un momento al­l’altro. Meglio aspettarli.»

«Ci vado adesso.»

«Martinho, le dico che…»

«Lei non è un rappresentante del governo brasi­liano, dottore. Sono stato incaricato dal mio gover­no di portare a termine un determinato compito e lo farò comunque.»

«Martinho, se lei distrugge la prova di…»

«Lei non si trovava in prima linea, dottore, ma era al sicuro nelle retrovie, mentre io mi stavo gua­dagnando il diritto di guardare in quel buco.»

I lineamenti di Chen-Lhu si irrigidirono per l’ira, ma egli si impose di non ribattere finché non fosse riuscito a controllare la sua voce. Quindi disse: «In tal caso verrò con lei».

«Come vuole.»

Martinho si girò e notò che i bandeirantes stavano sfilando le carabine dalla rastrelliera dell’autocar­ro. Vierho le prese e riattraversò l’aiuola.

Un negro di alta statura, completamente calvo e con il braccio destro al collo, gli si mise di fianco. Indossava un’uniforme bianca da bandeirante, con il distintivo dorato da caposquadra sulla spalla destra. I suoi grossi lineamenti erano tirati in una smorfia di sofferenza.

«Ecco Alvarez», disse Chen-Lhu.

«Già.»

Chen-Lhu si mise di fronte a Martinho e con un mesto sorriso in armonia con il tono della sua voce, disse: «Johnny, non dobbiamo litigare. Lei sa per­ché l’OIE mi ha inviato in Brasile».

«Lo so. La Cina ha già portato a termine il pro­gramma di ricerca di un nuovo equilibrio ecologico.»

«Non ci rimangono che le api abnormi adesso, Johnny… non una sola creatura che diffonda malattie o che si nutra del cibo destinato agli esseri umani.»

«Lo so, Travis. So anche che lei è qui per facili­tare il nostro lavoro.»

Chen-Lhu aggrottò la fronte captando un tono di paziente incredulità nella voce di Martinho. «Esat­tamente», disse.

«Allora perché non permette ai nostri osservatori o a quelli dell’ONU di andare loro stessi a control­lare?»

«Johnny! Certamente non ignora le sofferenze pa­tite dal mio popolo sotto il dominio degli imperiali­sti bianchi. Tra la nostra gente c’è chi è convinto che il pericolo sia ancora latente. Vedono spie ovunque,»

«Ma lei è un uomo di mondo, è un uomo intelli­gente, eh, Travis?»

«Certamente! La mia bisnonna era inglese, una Travis-Huntington. L’apertura mentale è sempre sta­ta una caratteristica della nostra famiglia.»

«Strano che il suo paese le accordi fiducia», os­servò Martinho. «Lei è in parte un imperialista bian­co.» Si volse per salutare Alvarez. «Ciao, Benito. Mi dispiace per il tuo braccio.»