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A Ginevra ci fu un altro personaggio che, nonostante le circostanze, non perse la testa, e cioè il cittadino Jonal Constantine Herrera, presidente della Confederazione, il quale per prima cosa si preoccupò di mettere in stato di allarme il proprio incrociatore personale. Quando l’unità fu pronta a salpare e appena il pieno di carburante fu fatto, Herrera diede ordine di partire. Non era certo così stupido da rima­nere a Ginevra, in caso di vittoria dei ribelli, e d’altra parte, la sua morte non avreb­be risolto niente; mentre con una fuga, chissà...

C’era, in un punto dell’uni­verso, un lontano pianeta, po­co conosciuto, a cui Herrera aveva pensato da tempo, nel­l’eventualità di una fuga, ben­ché non avesse mai creduto sul serio di doversi rifugiare lassù. Il pianeta era pronto a riceverlo, ed era un posticino piace­volmente sistemato per acco­gliere, vita natural durante, il presidente Herrera, i suoi fede­li, i suoi amici, il suo harem, e da permettere al presidente quella vita lussuosa a cui era abituato. E quel pianeta era abbastanza lontano da permet­tergli di godere, in tutta tran­quillità, di quella vita.

25

Laggiù, nella stanza del calco­latore, nelle viscere del palazzo Operazioni della CNS, il presi­dente della Compagnia di Na­vigazione Solare scoppiò bru­scamente in una risata.

«Cittadino Emmett, co­mandante Janas» disse len­tamente Franken, continuan­do a ridere «non pensate che sia meglio arrendervi, finché siete in tempo?»

Qualcosa esplose all’interno di Robert Janas, che si voltò di scatto verso l’uomo che era stato suo amico e lo colpi con un destro violento. Altho Franken barcollò all’indietro con un gemito: poi, crollò sul pavimento, stralunando gli oc­chi e spalancando la bocca.

Janas si osservò la mano. Aveva le nocche spellate e sanguinanti, ma sorrise ugual­mente, con rabbia.

«Gli hai rotto la mascella» disse Jarl Emmett, con voce incolore.

«Dobbiamo cercare un medico» disse Janas. «Biso­gna che rinvenga subito, per firmare il contrordine.»

Emmett guardò lo schermo a 3D, su cui appariva il cielo, al di sopra dell’edificio. «Sta arrivando un’astronave, Bob.»

«Forse avremo ancora tempo» disse Janas, chinan­dosi su Altho Franken e met­tendolo senza troppi compli­menti in piedi. «Dobbiamo tentare, altrimenti ci spazze­ranno via dalla terra! Cerca subito un medico!»

Mentre Emmett dava dispo­sizioni perché un medico del Settore Operazioni scendesse nelle sale del calcolatore, Janas depose Franken su una sedia, poi si voltò verso il fratello, e cioè il vice-presidente della Compagnia.

«Firma quell’ordine» dis­se Janas, piano.

Bilthor lo guardò con gli occhi spalancati dalla paura.

«Ti ho detto: firma quel­l’ordine!» scattò Janas.

Bilthor venne avanti, prese la penna, tracciò lentamente il suo nome nel punto indicato. Poi fece un passo indietro, cercò, quasi a tentoni, una sedia, e vi si lasciò cadere so­pra.

Il medico arrivò più in fret­ta di quel che avesse previsto Janas. Diede un’occhiata a Franken, poi fissò Janas, con aria perplessa.

«Fatelo rinvenire» disse Janas.

Il medico non disse nulla, ma aprì la propria borsa, prese una siringa e la premette sul collo di Franken. Si senti un leggero sibilo, poi silenzio.

«Trenta secondi di tempo» disse il medico. «Il farmaco lo terrà sveglio soltanto per qualche minuto.»

«Ci basta» disse Janas.

Si voltò a guardare lo scher­mo 3D. La nave della Confede­razione, ormai, era perfetta­mente riconoscibile.

«Jarl!» era Juan Kai, che lo chiamava dalla stanza della ricevente.

«Che c’è?» gridò Emmett.

«L’astronave ci sta chia­mando per radio» rispose Kai. «Dobbiamo rispondere?»

«Si» disse Emmett.

«Che cosa devo dire?»

«Chiedi che cosa vogliono» rispose Emmett, con un sorriso ironico.

Franken, intanto, comincia­va a muoversi. Aprì gli occhi lentamente, guardando in su. Poi tentò di parlare, ma subito si rese conto che la mascella gliel’impediva.

«Non puoi parlare» disse Janas «ma puoi ascoltare. Se non firmi immediatamente quest’ordine, ti uccido.»

Alzò la 45 all’altezza degli occhi di Franken, e tolse la sicura.

Franken cercò, con lo sguar­do, il fratello. Bilthor, pallido come un morto, rispose al suo sguardo, e accennò di sì. «Firma, Al. Per l’amor del cielo firma, o ci ammazzerà tutti e due.»

Franken fissò Janas, con un’espressione strana, insolita.

«Pensa quello che vuoi» disse Janas, puntando la pisto­la «ma se nel giro di trenta secondi non avrai firmato, ti farò saltare il cranio.»

Kai, nel frattempo, si era messo in contatto con l’astro­nave della Confederazione e aveva collegato la ricevente con gli altoparlanti collocati nella sala del calcolatore, che trasmisero le parole del comandante dell’unità:

”... immediatamente. Sono autorizzato dal presidente del­la Confederazione a usare le armi nucleari, nel caso che voi non obbediate agli ordini. Ave­te esattamente un minuto di tempo. Ripeto...”

«Firma» disse Janas, freddo.

Altho Franken prese la pen­na che gli veniva presentata, la strinse fra le dita tremanti e tracciò il suo nome sopra quel­lo del fratello in calce alla disposizione che modificava, con priorità assoluta, i pro­grammi politici.

Janas sollevò Franken, lo trascinò nella cabina identifi­cazioni del calcolatore e gli avvolse la faccia in una sorta di cappuccio, all’interno del qua­le un apparecchio speciale regi­strava il tracciato della retina, e la confrontava con il model­lo depositato nel computer. Una spia verde si accese. Un uguale controllo fu fatto con il pollice destro, e anche stavolta si riaccese la spia verde. Janas spinse via Franken, che cadde in ginocchio, gemendo.

Robert Janas in quel mo­mento provava un senso di angoscia e si chiedeva se era questa la vittoria in cui aveva sperato. Ma subito si morse le labbra e si trasse da parte, per permettere di eseguire il con­trollo nei confronti di Bilthor Franken.

Dopo pochi secondi che parvero lunghi come ore, ci fu un grido generale:

«Accettato! Il calcolatore è stato programmato.»

Senza perdere tempo Jarl Emmett infilò nel calcolatore i nastri, che si misero immedia­tamente a scorrere.

«Avvertite la nave che ci arrendiamo» gridò Janas a Juan Kai «Subito!»

L’ingegnere cominciò a tra­smettere, rispondendo al se­gnale dell’astronave e infor­mando il comandante che sa­rebbero usciti disarmati e si sarebbero arresi alle guardie che circondavano l’edificio.

Jarl Emmett stette a osser­vare il calcolatore per qualche secondo, poi si voltò verso Janas.