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«Ma cosa sta capitan­do?» chiese dopo che il ca­meriere gli ebbe portato un bicchiere di whisky Brajen.

Emmett si schiarì la voce, si guardò attorno con un certo disagio e finalmente parlò: «È cambiato tutto, Bob» dis­se. «Franken ha consegnato la CNS alla Confederazione, e noi dobbiamo decidere sul da farsi. Ti ho fatto venire qui per questo. Volevo che parlassi con gli uomini del “Comitato” per poter fissare un piano d’a­zione preliminare.» Emmett tacque un istante, buttò giù un sorso, poi si voltò verso gli altri. «A capo del “Comita­to” ci sono ancora io» ag­giunse, poi si voltò verso Danser, alla sua destra. «Hal è il mio assistente, sia in questo, sia nelle altre cose. Inoltre, è responsabile dei collegamenti tra il settore Operazioni e gli altri settori.» Con un gesto, indicò Kai. «Juan ha il com­pito di tenersi al corrente di ciò che avviene nello spazio. Oggi, per esempio, deve saper dire dove sono le navi della CNS, che aiuto possono dare alla Confederazione, e entro quanto tempo noi possiamo metterci in contatto con loro per trasmettere un eventuale contrordine di Franken.»

«Dunque l’ordine è già stato impartito?» chiese Janas.

«Poco dopo che ho parla­to con te» gli disse Emmett. «Ho fatto il possibile per fermarlo, o almeno per ritar­darlo, ma è stato tutto inutile.»

«Hai parlato con Altho?» chiese Janas.

Emmett scosse la testa. «Sono riuscito ad arrivare sol­tanto al segretario personale, un presuntuoso che si chiama Milt Anchor. Anchor mi ha detto che Franken, in quel momento, era in seduta e che, appena avesse finito, mi avreb­be fatto chiamare.»

«Dopo di che, non ha mai chiamato» concluse Janas.

«Mai» rispose Emmett, scrollando il capo.

«Né chiamerà mai» ag­giunse Paul D’Lugan.

Quando Janas si voltò verso di lui, l’altro rispose al suo sguardo.

«Sono a capo del Settore Operazioni, comandante, e sia­mo tipi piuttosto decisi» dis­se D’Lugan, in risposta alla muta domanda di Janas. «Sono la pecora nera del grup­petto. Non sono molto popo­lare tra i miei amici.»

«Ma non è vero, Paul» disse in fretta Danser.

«È così» riprese D’Lu­gan. «Io sono per l’uso della forza, comandante» disse a Janas. «Se Franken non in­tende ragione, se finora non ci ha messo al corrente delle sue intenzioni, sono persuaso che bisogna puntargli una pistola nella pancia e costringerlo ad ascoltarci.»

Segui un momento di silen­zio imbarazzato. Era evidente che gli altri non erano d’accor­do con D’Lugan, e neanche Janas del resto lo era.

Janas si voltò per guardare il palcoscenico. Una nuova cop­pia era apparsa in scena, dopo che le ballerine si erano ritirate verso il fondo. I nuovi venuti, inquadrati da una fredda luce azzurra, erano evidentemente le due stelle dello spettacolo, Rinni e Gray, i Paraseleni di Odino. Forse provenivano dav­vero da Odino, ma avrebbero potuto appartenere a qualun­que altro pianeta della Spirale, perché erano troppo poco ve­stiti per riconoscerne il luogo di origine.

Rinni era bionda, alta, con gambe molto lunghe, di una avvenenza eccezionale, stando ai canoni della bellezza esoti­ca, tipica di tanti mondi stella­ri. I lunghi capelli bianco oro le ricadevano sulle spalle nude, sui seni scoperti, e si gonfiava­no mentre si lanciava insieme con il suo compagno in una danza sensuale. Anche Gray era molto bello: giovane, bru­no, muscoloso. I due non ave­vano niente addosso, tranne una sorta di fascia azzurra, ornata di un disegno azzurro più scuro, in cui Janas credette di riconoscere, se ricordava be­ne, un simbolo del culto dei Paraseleni.

La voce di Emmett richia­mò la sua attenzione.

«Vorrei che parlassi anco­ra con una persona» diceva Emmett. «Syble Dian. Lei è il nostro avvocato e è a capo del “settore legale”, se vogliamo dargli questo nome.» Janas accennò di sì. «Non è potuta venire stasera» prosegui Emmett «ma appena può, vuole parlarti. È una tua ammiratri­ce.»

«Oh» fece Janas, abboz­zando un sorriso.

Emmett però stava già pen­sando ad altro, e si era rab­buiato in viso.

«Oggi pomeriggio sono stato avvicinato da un agente dei ribelli» si decise a dire alla fine.

«E che cosa voleva?» chiese Janas.

«Era una donna» disse Emmett. «Mi ha chiamato in 3D, ma lo schermo era oscura­to, e perciò non so che faccia avesse. Comunque, loro hanno una “cellula” qui, su Flagstaff. Mi ha offerto il loro appoggio.»

«Appoggio?» chiese Ja­nas, forte.

«Ci ha offerto il loro ap­poggio, qualunque sia la nostra decisione» spiegò Emmett.

«Tu che cosa le hai detto?»

«Niente.»

«Bene» disse Janas. «È meglio tenerli alla larga. Non abbiamo gli stessi scopi, e ab­biamo già abbastanza problemi per conto nostro, senza che ci occorra l’“aiuto” di nessun gruppo estraneo.»

«Era esattamente ciò che pensavo io» rispose Emmett. «Questo è un affare di fami­glia, e deve rimanere all’inter­no della CNS. Sono questioni nostre, che riguardano esclusi­vamente la CNS. E dei nostri affari, ce ne occupiamo noi.» Le ultime parole furono dette con tono addirittura sinistro, e D’Lugan, sentendole, sorrise.

Emmett per un secondo ri­mase in silenzio, come se vo­lesse riflettere attentamente prima di parlare. «Bob» disse alla fine. «Spiega loro esattamente perché sei qui.» E indicò gli altri tre.

Dopo aver sorseggiato un po’ di whisky, Janas disse: «Ho portato con me due rap­porti destinati ad Altho Franken. Sono entrambi trascritti a macchina e incisi su nastro. In uno, c’è l’analisi dei danni e delle perdite inflitti ai mondi della Confederazione nei dieci anni trascorsi.»

«Tu non credi che il presi­dente Herrera l’abbia messo al corrente della situazione?» chiese Hal Danser.

«No» disse Janas. «Non credo che Herrera gli abbia detto qualcosa di più del poco che ha dovuto rivelargli per ottenere, come infatti ha otte­nuto, l’appoggio della CNS. Non penso che Altho abbia un’idea esatta di come vadano le cose laggiù, o, per lo meno, sono convinto che quando ha consentito a consegnare alla Confederazione le navi e gli uomini della CNS, sapesse ben poco della situazione reale.»

«Le cose sono molto gra­vi?» chiese piano Danser.

«Gravissime!» scattò D’Lugan.

Janas guardò D’Lugan. «Molto più gravi di quanto si voglia ammettere. I ribelli con­trollano la Cintura, e le forze della Confederazione sono sempre state troppo sparpa­gliate per ottenere risultati concreti. I ribelli non hanno ancora in pugno il centro della galassia, ma d’altra parte nean­che la Confederazione lo ha sotto controllo. In questo mo­mento la Nebulosa Centrale è terreno aperto, disponibile per il più forte.»

«Per essere più precisi, quello che è rimasto della Ne­bulosa» aggiunse cupamente D’Lugan.

Janas annuì. «La Nebulosa Centrale non è più quella di dieci anni fa. Io stesso ho stentato a riconoscerla. Diversi pianeti che allora erano abita­ti, ora non lo sono più.»

«Antigone» disse D’Lugan, con un tono quasi di venerazione.

«Sì» disse Janas. Non voleva pensare a Antigone co­me l’aveva vista per l’ultima volta, con le foreste in fiam­me, le pianure carbonizzate, le città ridotte in ceneri, dove ogni traccia di vita era stata spazzata via. «Ma ce ne sono altri. Sono stato tre anni su Odino, e non riesco ancora a credere a ciò che è capitato lassù. Per il momento, soltanto la Terra e i pianeti del sistema solare sono sfuggiti alla distru­zione.»

D’Lugan non disse niente, ma Janas gli lesse nello sguar­do una pena e un’angoscia profonde. Danser sedeva im­mobile, scrutando intento il contenuto del suo bicchiere. Juan Kai si cacciò un’altra sigaretta in bocca, mentre Emmett si curvava sul tavolo.