— … — cominciò.
Gli mancò il respiro e l’incantesimo si disperse e si spense. Un paio di braccia gli serrarono la vita e il mondo intero sembrò sussultare, quando il drago si sollevò dalla sua lunga picchiata, con gli artigli che grattarono solo per un attimo la roccia più alta sul rumoroso pavimento del Wyrmberg.
Due fiori rise trionfante. — L’ho preso!
Giunto in cima, il drago descrisse una curva leggiadra e con un pigro battito d’ali volò fuori da una delle aperture della caverna nell’aria del mattino
A mezzogiorno i draghi e i loro cavalieri formavano un largo circolo sulla vasta spianata verde del rigoglioso altopiano in cima al Wyrmberg, la montagna dall’equilibrio impossibile. Oltre a loro, c’era posto anche per numerosi servitori, schiavi e altri che s’industriavano a vivere lì sul tetto del mondo. E tutti osservavano le figure raggruppate nel centro dell’arena erbosa.
Il gruppo conteneva diversi signori dei draghi e fra loro Lio!rt e suo fratello Liartes. Il primo stava ancora massaggiandosi le gambe, con una smorfia di dolore. Liessa e Hrun. insieme ad alcuni seguaci della donna, si tenevano leggermente in disparte. Tra le due fazioni stava colui che deteneva la carica ereditaria di Custode della Tradizione del Wyrmberg.
— Come sapete — cominciò in tono incerto — il non del tutto defunto Signore del Wyrmberg, Greicha Primo, ha decretato che non ci sarà successione finché uno dei suoi figli non stima che lui o lei, secondo il caso, è abbastanza potente da sfidare e sconfiggere gli altri in combattimento mortale.
— Sì, sì, lo sappiamo. Va avanti — disse una voce sottile e petulante che si fece udire nell’aria accanto a lui.
Il Custode della Tradizione deglutì. Non si era mai rassegnato all’incapacità del suo ex padrone di spirare completamente. "È morto o no quello stupido vecchio?" si chiese.
— Non è certo — proseguì con voce tremula — se è possibile lanciare una sfida per procura…
— Lo è, lo è — affermò aspra la voce disincarnata di Greicha. — Dimostra intelligenza. Non ci mettere tutto il giorno.
— Io vi sfido — esclamò Hrun con uno sguardo torvo ai fratelli — tutti e due allo stesso tempo.
Lio!rt e Liartes si scambiarono un’occhiata.
— Ti batterai contro noi due insieme? — chiese Liartes, un uomo alto e robusto con lunghi capelli neri.
— Già.
— In questo modo le probabilità sono impari, no?
— Già. Io solo conto come voi due.
Lio!rt gli diede un’occhiataccia. — Tu, barbaro arrogante…
— Basta così! — ringhiò Hrun. — Io…
Il Custode della Tradizione lo frenò con un gesto della mano dalle grosse vene azzurre. — È proibito battersi sul Terreno Mortifero — disse e si fermò a riflettere sul senso delle sue parole. Alla fine si arrese. — Comunque, sapete ciò che intendo — aggiunse: — La scelta delle armi spetta ai miei signori Lio!rt e Liartes, che sono stati sfidati.
— Draghi — dissero insieme i due. Liessa sbuffò sprezzante.
— I draghi si possono usare come mezzo di offesa e dunque essi sono delle armi — dichiarò Lio!rt. — Se non siete d’accordo, possiamo batterci in groppa a loro.
— Già — disse suo fratello, con un cenno della testa rivolto a Hrun.
Il Custode della Tradizione si sentì toccare il petto da un dito spettrale.
— Non startene lì a bocca aperta — disse con la voce d’oltretomba di Greicha. — Sbrigati, vuoi?
Hrun indietreggiò e scosse la testa. — Oh, no. Una volta mi è bastata. Preferirei morire che combattere su una di quelle cose.
— Muori, allora — disse il Custode, nel tono più gentile che gli fu possibile.
Lio!rt e Liartes già si avviavano verso i loro servitori che li attendevano con le cavalcature. Hrun si voltò a guardare Liessa. Lei alzò le spalle.
— Non posso nemmeno avere una spada? — la supplicò lui. — Nemmeno un coltello?
— No — rispose la donna. — Non mi aspettavo questo. — Sembrò d’un tratto farsi più piccola, senza più il suo atteggiamento insolente. — Mi dispiace.
— Ti dispiace?
— Sì. Mi dispiace.
— Già. Mi pareva che avessi detto che ti dispiace.
— Non mi guardare a quel modo! Posso immaginare per te il miglior drago da cavalcare…
— No!
Il Custode della Tradizione si asciugò il naso su un fazzoletto, tenne sollevato per un momento il quadratino di seta, poi lo lasciò cadere.
Hrun si voltò di scatto nell’udire un rombo di ali. Il drago di Lio!rt si era già alzato in aria e volteggiava verso di loro. Si abbassò sul campo e sputò una lingua di fuoco che tracciò una striscia nera e bruciacchiata nell’erba in direzione di Hrun.
Lui spinse via Liessa all’ultimo minuto e si tuffò per cercare scampo, con un dolore acuto dove la fiamma gli aveva sfiorato il braccio. Rotolò a terra e si rimise in piedi, volgendo gli occhi frenetico in cerca dell’altro drago.
Questi arrivò da un lato e lui fu costretto a fare un salto in aria per sfuggire alla fiammata. Mentre passava, la coda del drago diede una sferzata e lo colse sulla fronte. Hrun si drizzò e scosse la testa per mandare via le stelle che gli danzavano davanti agli occhi. La bruciatura sulla schiena gli faceva un male atroce.
Lio!rt si preparò a lanciare un secondo attacco, ma più lentamente questa volta, data l’inaspettata agilità dell’omone. Il terreno era vicino ormai e scorse il barbaro immobile, col respiro affannoso e le braccia tremanti lungo i fianchi. Un facile bersaglio.
Mentre il suo drago si allontanava, Lio!rt girò la testa. Si aspettava di vedere una torcia umana.
Non c’era nulla. Lio!rt si rigirò, perplesso.
Si trovò davanti Hrun che si issava aggrappandosi con una mano alla spalla squamosa del drago mentre con l’altra cercava di spegnere il fuoco che gli bruciava i capelli. La mano del cavaliere corse al suo pugnale. Ma il dolore aveva reso più acuti i riflessi sempre eccellenti di Hrun. Un colpo si abbatté come un maglio sul polso di Lio!rt e fece schizzare via il pugnale, e un altro prese l’uomo in pieno sul mento.
Gravato dal peso dei due uomini, il drago si era sollevato solo di pochi metri da terra. Fu una fortuna perché, nel momento stesso in cui Lio!rt perdeva conoscenza, la vita del drago si spegneva.
Liessa si avvicino di corsa per aiutare Hrun a rimettersi in piedi.
— Che è accaduto? Che è accaduto? — chiese lui con voce spessa, sbattendo le palpebre.
— È stato fantastico! — esclamò lei. — Il tuo volteggio a mezz’aria e tutto!
— Già, ma che è accaduto’?
— È piuttosto difficile da spiegare…
Hrun guardò il cielo. Liartes, di gran lunga il più prudente dei due fratelli, volteggiava in alto sulle loro teste.
— Be’, hai circa dieci secondi per provarci — le disse.
— I draghi…
— Sì?
— Sono immaginari.
— Vuoi dire, come tutte queste immaginarie bruciature sul mio braccio?
— Sì. No! — Scosse violentemente la testa. — Dovrò spiegartelo più tardi.
— Bene, se riesci a trovarne il modo. — Hrun lanciò un’occhiataccia a Liartes che aveva iniziato la discesa in larghi giri.
— Ascolta, puoi? Il drago può esistere soltanto se mio fratello è cosciente, altrimenti…
— Corri! — urlò il barbaro.
La spinse via e si buttò a terra mentre il drago di Liartes li superava con un rombo e lasciava sull’erba un’altra cicatrice fumante.
Mentre la creatura volava alta per prepararsi a piombare giù di nuovo, Hrun si rimise in piedi e si diresse di corsa verso i boschi all’estremità dell’arena. Non erano fitti, poco più di una larga barriera di vegetazione rigogliosa, ma almeno nessun drago sarebbe stato in grado di attraversarli a volo.
Infatti il drago di Liartes non ci provò e il suo cavaliere lo portò ad atterrare sulla radura pochi metri più in là e smontò. Il drago ripiegò le ali e spinse la testa tra il verde, mentre il suo padrone, appoggiato a un albero, fischiettava piano.