Выбрать главу

ciò ch’ei medesmo gl’inspirò, più grato

signor, più dolce al condottier paresse,

che molti, e vigilanti, e più bramosi

di conservar che d’acquistar, cui preme

sovr’ogni cosa il comandar davvero?                              255

PRIMO COMMISSARIO

Tutto io m’aspetto da costui.

SECONDO COMMISSARIO

Teniamo

questo sospetto: il suo contegno, i nostri

accorgimenti il faran chiaro in breve,

o ad altro almen ci guideranno. Ei trama

certo. Colui che trama, e del successo                            260

si pasce già, come se il tenga, ardito

parla ancor che nol voglia; e quei che sprezza

in faccia il suo signor, già in cor ne ha scelto

un altro, o pensa a diventarlo ei stesso.

No: da Filippo ei non è sciolto in tutto.                            265

A quella stirpe onde la sposa egli ebbe

non è stranier: troppo gli è caro il nodo

che ad essa un dì lo strinse. In quella figlia,

che ha tanta parte in suo pensier, non scorre

col suo confuso de’ Visconti il sangue?                           270

PRIMO COMMISSARIO

Come parlò! Come passò dall’ira

al non curar! Con che superba pace

disubbidì! Siam noi nel nostro campo?

Di Venezia i mandati? Eran costoro

vinti e prigioni? E più sicuro il guardo                              275

portavano di noi! Noi testimoni

del suo poter, del conto in cui ci tiene,

de’ nostri acquisti così sparsi al vento,

di tal gioia, di tai grazie, di tali

abbracciamenti! Oh! ciò durar non puote.                       280

Che avviso è il vostro?

SECONDO COMMISSARIO

Haccene due? Soffrire,

dissimular, fargli querela ancora

d’un’offesa che mai creder non puote

dimenticata, e insiem la strada aprirgli

di ripararla a modo suo; gradire                                      285

che ch’ei ne faccia; chiedergli soltanto

ciò che siam certi d’ottenerne; opporci

sol quanto basti a far che vera appaia

condiscendenza il resto; a dichiararsi

non astringerlo mai; vegliare intanto;                                290

scriverne ai Dieci, ed aspettar comandi.

PRIMO COMMISSARIO

Viver così! Che si diria di noi?

Dell’alto ufizio che ci fu commesso,

a cui venimmo invidiati, e or tale

diviene?

SECONDO COMMISSARIO

È sempre glorioso il posto                             295

dove si serve la sua patria, e dove

si giunge ai fini suoi. Soldati e duci

tutti sono per lui, l’ammiran tutti,

nessun l’invidia; a sommo onor si tiene

bene ubbidirlo; e in questo sol c’è gara                           300

che ad essergli secondo ognuno aspira.

Voce sì cara e riverita in prima,

che forza avrebbe in lor poscia che udita

l’hanno in un tanto dì, che forza avrebbe

se proferisse mai quella parola,                                       305

che in core han tutti, la rivolta? Guai!

Che più? gli udimmo pur; come de’ suoi,

è nel pensiero de’ nemici in cima.

PRIMO COMMISSARIO

Ma siamo a tempo? Ei già sospetta.

SECONDO COMMISSARIO

Il siamo.

Essi armati, e sol essi; avvezzi tutti                                  310

a prodigar la vita, a non temere

il periglio, ad amarlo, e delle imprese

a non guardar che la speranza, alfine

più ch’uomini nel campo: ah! se fanciulli

non fosser poi nel resto, ed i sospetti                              315

facili a palesar come a deporli;

se una parola di lusinga, un atto

di sommessa amistà non li volgesse

a talento di quel che l’usa a tempo;

a che saremmo? ubbidiria la spada?                                320

Saremmo ancora i signor noi?

PRIMO COMMISSARIO

Sta bene.

Riesca, o no, questo partito è il solo.

FINE DELL’ATTO TERZO

ATTO QUARTO

SCENA I

Sala dei Capi del Consiglio dei Dieci, in Venezia.

MARCO Senatore, e MARINO uno dei Capi.

MARCO

Eccomi al cenno degli eccelsi Capi

del Consiglio de’ Dieci.

MARINO

Io parlo in nome

di tutti lor. Vi si destina un grave

incarco, fuor di qui: se un argomento

di confidenza questo sia... la vostra                                 5

coscienza il diravvi.

MARCO

Essa mi dice

che scarsa al merto ed all’ingegno mio

dee la patria concederla, ma intera

alla fede ed al cor.

MARINO

La patria! È un nome

dolce a chi l’ama oltre ogni cosa, e sente                        10

di vivere per lei; ma proferirlo

senza tremar non dee chi resta amico

de’ suoi nemici.

MARCO

Ed io...

MARINO

Per chi parlaste

oggi in Senato? Per la patria? I vostri

sdegni, i vostri terrori eran per lei?                                  15

Chi vi rendea sì caldo? Il suo periglio,

o il periglio di chi? Chi difendeste...

voi solo?

MARCO

Io so davanti a chi mi trovo.

Sta la mia vita in vostra man, ma il mio

voto non già: giudice ei non conosce                               20

fuor che il mio cor; né d’altro esser può reo

che d’avergli mentito. A darne conto

pur disposto son io.

MARINO

Tutto che puote

por la patria in periglio, essere inciampo

all’alte mire sue, dargli sospetto,                                     25

è in nostra man. Perché ci siate or voi,

se nol sapete, se mostrar vi giova

di non saperlo, uditelo. Per ora

d’oggi si parli; non vogliam di tutta

la vostra vita interrogar che un giorno.                             30

MARCO

E che? fors’altro mi si appon? Di nulla

temer poss’io; la mia condotta...

MARINO

È nota

più a noi che a voi. Dalla memoria vostra

forse assai cose ha cancellato il tempo:

il nostro libro non obblia.

MARCO

Di tutto                                           35

ragion darò.

MARINO

Voi la darete quando

vi fia chiesta. Non più: quando il Senato

diede il comando al Carmagnola, a molti

era sospetta la sua fede; ad altri

certa parea: potea parerlo allora.                                    40

Ei discioglie i prigioni, insulta i nostri

mandati, i nostri pari; ha vinto, e perde

in perfid’ozio la vittoria. Il velo

cade dal ciglio ai più. Nel suo soccorso

troppo fidando, il Trevisan s’innoltra                               45

nel Po, le navi del nemico affronta;

sopraffatto dal numero, richiede

al Capitan rinforzo, e non l’ottiene.

Freme il Senato; poche voci appena

s’alzano ancor per lui. Cremona è presa,                        50

basta sol ch’ei v’accorra; ei non v’accorre.

Giunge l’annunzio oggi al Senato: alfine

più non gli resta difensor che un solo:

solo, ma caldo difensor. Per lui

innocente è costui, degno di lode                                    55