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— La penso più o meno come lei — disse il generale di brigata. — Non vedo cosa potremmo ricavare restando qui.

— Ma il fatto che sia così ben difeso — disse Mary, — dimostra che c’è qualcosa di prezioso. Non sono sicura che dovremmo andarcene.

— Magari, più tardi — disse il generale di brigata, — potremo tornare, se sarà necessario. Prima dovremo vedere la città.

Il generale e il reverendo s’incamminarono verso l’accampamento. Sandra li seguì.

Mary si accostò a Lansing. — Io credo che sbaglino — disse. — Credo che qui ci sia qualcosa… forse ciò che dovremmo trovare.

— Il guaio — disse Lansing, — è che non sappiamo cosa c’è da trovare, e non sappiamo neppure se dobbiamo cercare qualcosa. Devo ammettere che la faccenda mi preoccupa.

— In quanto a questo, sono preoccupata anch’io.

Jurgens li raggiunse, zoppicando.

— Come va? — chiese Lansing.

— Abbastanza bene — rispose il robot. — Ma sono ancora lento. Non so se, con questa gruccia, potrò ritrovare la velocità e la destrezza di una volta.

— Io non ho la stessa fiducia nella città che ha il generale — disse Mary. — Ammettendo che la città esista.

— Non si può mai sapere — disse Jurgens. — Dobbiamo aspettare e vedere come vanno le cose.

— Torniamo al campo — disse Lansing, — e prepariamo il caffè. Possiamo parlarne. Per quel che mi riguarda, credo che il cubo sia piuttosto promettente. Se riflettiamo bene, potremo scoprire un indizio che al momento è invisibile, o che nessuno di noi ha notato. Così come lo vediamo ora, non ha un significato. È fuori posto. Non è il tipo di struttura che ci si potrebbe aspettare di trovare qui, così isolata. Tuttavia, deve avere una ragione. Come lei, Mary, mi sentirei meglio se riuscissimo a farci un’idea dello scopo della sua esistenza.

— È vero — disse Mary. — Detesto le situazioni che non hanno un significato.

— Allora torniamo al campo e parliamone con gli altri — disse Lansing.

Quando arrivarono all’accampamento, scoprirono che gli altri avevano già deciso.

— Ci siamo consultati — disse il generale di brigata. — Noi tre. Abbiamo stabilito di proseguire verso la città con la massima rapidità possibile. Il robot ci farebbe rallentare, quindi riteniamo che sia meglio abbandonarlo e lasciare che prosegua come può. A suo tempo finirà per raggiungerlo.

— È una mascalzonata — disse Mary. — Avete lasciato che portasse uno zaino carico, soprattutto di viveri… viveri per voi, non per lui, dato che non ne ha bisogno. Avete lasciato che sbrigasse tutti i lavori. L’avete mandato a riempire d’acqua le borracce, quando lui non beve. L’avete accettato, forse non come uno di noi ma come un servitore, e adesso che è danneggiato proponete di abbandonarlo.

— Non è altro che un robot — disse il reverendo. — Non è un umano, ma soltanto una macchina.

— Eppure è stato considerato degno di partecipare a questa avventura — disse Mary. — Qualunque possa essere. E non c’è bisogno che sia io a ricordarvi che è stato prescelto, come siamo stati prescelti noi, da qualcuno che pensava che dovesse stare con noi.

— E lei, Lansing? — chiese il generale di brigata. — Finora non ha aperto bocca. Il suo parere?

— Io resto con Jurgens — disse Lansing. — Mi rifiuto di abbandonarlo. Se fossi io l’invalido, quello che non è in grado di starvi dietro, Jurgens resterebbe con me. Ne sono certo.

— Anch’io — disse Mary. — Resto con il robot. Voi vi siete lasciati vincere dal panico, a meno che siate stupidi. In un territorio come questo non dovremmo dividere le nostre forze. Perché avete tanta fretta di raggiungere la città?

— Perché qui non c’è niente — disse il generale di brigata. — E in città potremo trovare qualcosa.

— E allora andate, andate pure a cercarla — disse Mary. — Io ed Edward resteremo con Jurgens.

Jurgens disse: — Mia bella signora, non voglio diventare la causa di una controversia…

— Tu stai zitto — disse Lansing. — La decisione spetta a noi. Tu non hai voce in capitolo.

— Allora penso che non ci sia altro da aggiungere — disse il generale di brigata. — Noi tre proseguiremo e voi due ci seguite più lentamente con il robot.

— Come, Sandra? — chiese Mary. — Sei d’accordo con questi due?

— Non mi sembra che ci siano ragioni per rimanere con voi — disse Sandra. — Come dicono loro, qui non c’è niente. Soltanto la bellezza del cubo e…

— Non possiamo esserne sicuri — disse il reverendo. — Ne abbiamo discusso. E adesso che tutto è sistemato, dovremmo distribuire i viveri che portava il robot.

Si avvicinò d’un passo allo zaino di Jurgens, ma Lansing gli si parò davanti.

— Un momento — disse. — Lo zaino appartiene a Jurgens, e quindi resta con noi.

— Ma va diviso in parti eguali!

Lansing scrollò la testa. — Se ci abbandonate, arrangiatevi con i viveri che avete. Niente di più.

Il generale di brigata si fece avanti con un ringhio. — Che cosa spera di guadagnarci? — chiese.

— La certezza che ci aspetterete in città. Che non scapperete via. Se vorrete mangiare, ci aspetterete.

— Sa bene che possiamo prenderlo con la forza.

— Non ne sono del tutto sicuro — disse Lansing. — Non ho mai picchiato un uomo in vita mia; ma se mi costringerete, farò a pugni con tutti e due.

Jurgens si avvicinò zoppicando e si piazzò a fianco di Lansing. — Anch’io non ho mai picchiato un umano — disse. — Ma se aggredite il mio amico, lo difenderò.

Mary si rivolse al generale di brigata. — Credo che farebbe meglio a ripiegare. Immagino che un robot sia un cliente difficile.

Il generale di brigata sembrò sul punto di dire qualcosa, poi evidentemente cambiò idea. Si avvicinò al suo zaino e se lo issò su una spalla, infilò le braccia nelle cinghie e se l’assestò sul dorso.

— Venite — disse agli altri due. — Dobbiamo metterci in cammino.

Gli altri tre rimasero a seguirli con lo sguardo fino a quando la strada superò un dosso e li nascose alla loro vista.

XII

Ancora una volta girarono intorno al cubo, tenendosi vicini l’uno all’altro; perché, adesso che gli altri se n’erano andati, si sentivano molto soli. Scrutarono attentamente i muri, cercando qualche linea di colore diverso, qualche configurazione sottile che potesse rivelare qualcosa. Certe linee non erano altro che ombre, e cambiavano o scomparivano con il mutare della luce, senza lasciare tracce. Trovarono tre lastre di pietra che prima nessuno aveva notato, situate al bordo esterno del cerchio di sabbia, piatte e così ben coperte che erano sfuggite all’attenzione. Le scoprirono per puro caso. Erano larghe un metro e venti, e si estendevano nel cerchio per poco meno di due metri. Quando rimossero la sabbia dalle superfici, videro che erano semplici lastre di pietra levigatissima. Non c’era traccia di lavorazione; sembrava che si fossero scisse lungo le linee di una frattura geologica naturale. Era impossibile capire fino a che profondità penetrassero nel suolo. Per quanto unissero i loro sforzi, i due umani e il robot non riuscirono a smuoverle. Discussero la possibilità di usare un badile per scavare lungo l’estremità esterna d’una pietra per cercare di scoprire quanto fosse alta, ma poi decisero di non farlo… il cerchio era protetto da qualcosa che colpiva con forza fulminea, e il pericolo era probabilmente più grande del valore di ciò che avrebbero potuto scoprire. Le tre pietre erano collocate a distanze approssimativamente eguali l’una dall’altra, e dividevano il cerchio in tre parti.