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— Non è un caso se stanno dove stanno — disse Mary. — Indicano una conoscenza tecnologica. La loro posizione deve avere uno scopo o un significato.

— Forse è soltanto uno scopo estetico — suggerì Lansing. — Una certa simmetria.

— Può darsi, ma ne dubito.

— Una magia — disse Jurgens. — Può darsi che reagiscano a un certo rituale, a certi canti o a certe parole.

— Se è così — disse Mary, — non abbiamo nessuna possibilità di scoprirlo.

Vicino alla strada ritrovarono la pertica che il reverendo aveva gettato via non appena era arrivato al sicuro. Lansing la raccolse.

— Non vorrà tentare di avvicinarsi? — chiese Mary. — Se fossi in lei, non mi ci proverei neppure.

— No, non intendo compiere un tentativo così stupido — disse lui. — Ma ho ricordato una cosa. Quando ho cercato di correre nel cerchio per raggiungere Jurgens, sono inciampato e caduto. Sono sicuro che qualcosa mi ha urtato il piede mentre correvo. Voglio vedere se riusciamo a trovarlo.

— Forse è inciampato, semplicemente.

— Può darsi, ma mi sembra di ricordare che ho urtato il piede contro qualcosa.

Le tracce erano visibili sulla sabbia… quelle che aveva lasciato Jurgens, coperte da quelle del reverendo e dall’impronta di Lansing nel punto dov’era caduto. Sporgendosi dal bordo del cerchio di sabbia, Lansing protese la pertica e sondò. Dopo parecchi secondi, il pezzo di legno urtò qualcosa. Cautamente, Lansing fece leva per estrarre a forza l’oggetto sotto il quale s’era incastrata l’estremità. Dalla sabbia affiorò l’angolo di un’asse di legno, e dopo altri numerosi tentativi Lansing riuscì a liberarla e a rastrellarla verso il bordo del cerchio. Era un’asse, non più di un quinto di metro quadrato, con una stretta striscia di legno (un paletto?) fissata da un lato.

Mary si tese e l’afferrò, l’estrasse dal cerchio e la girò. C’era una scritta, a lettere rozze.

Lansing si chinò a esaminarla. — Mi sembra cirillico — disse. — Può essere russo?

— È russo — disse Mary. — La prima riga, con le lettere più grosse, è un segnale di pericolo. Almeno credo. Sì, è un segnale di pericolo.

— Come fa a saperlo? Sa leggere il russo?

— Un po’. Ma questo non è esattamente il russo che conosco io. Certi caratteri sembrano sbagliati. Quelli più grossi segnalano il pericolo: di questo sono sicura. Ma non riconosco la scritta più piccola, quella che sta sotto.

— Il cartello era stato piantato qui fuori, di fronte alla strada — disse Lansing. — In modo che ogni passante lo vedesse. Ma il vento deve averlo rovesciato, oppure qualcuno l’ha urtato, e la sabbia l’ha coperto. Io non l’avrei mai trovato, se non fossi andato a inciamparci.

— Vorrei saperlo leggere un po’ meglio — disse Mary. — Ho una conoscenza del russo piuttosto limitata. Quanto basta per arrangiarmi a leggere una relazione tecnica, non di più. Moltissimi ingegneri, come me, leggono un po’ il russo; è virtualmente obbligatorio. I russi hanno una tecnologia degna di tutto il rispetto. Val la pena di sforzarsi un po’ per star dietro a quello che fanno. Certo, c’è un libero scambio di idee, ma…

— Un libero scambio di idee? Con la Russia?

— Sì, certo. Perché no? È così anche con tutte le altre nazioni tecnicamente evolute.

— Immagino — disse Lansing, — che non ci siano ragioni perché non debba essere cosi.

Sollevò l’insegna e, servendosi del coltello, batté sul paletto per piantarlo nel terreno.

— Resterà qui finché il vento non lo rovescerà o fino a che non cadrà di nuovo — disse. — Per quel che può servire.

Ritornarono al campo, lentamente, perché Jurgens potesse reggere la loro andatura. Il sole era disceso a metà del cielo, a occidente; erano rimasti a studiare il cubo più a lungo di quanto avessero creduto.

Il fuoco s’era ridotto a uno strato di cenere grigia, ma c’era ancora qualche brace quando Lansing lo smosse. Aggiunse bracciate di ramoscelli secchi fino a quando le fiamme salirono e poi, con pazienza, alimentò il fuoco. Mary rimase a guardarlo, senza dir nulla, mentre lavorava. Anche se lei sapeva benissimo, pensò Lansing, che era inutile restare ancora lì, che avevano fatto tutto ciò che potevano e che tanto valeva proseguire per la città… se, come aveva detto Mary, la città esisteva veramente.

Ma ormai, senza dubbio, al college dovevano essersi accorti della sua scomparsa, si disse; forse avevano trovato la sua macchina abbandonata. Si chiese se quella sparizione avrebbe fatto chiasso… sì, forse per qualche giorno, qualche titolo sul giornale, e poi l’avrebbero dimenticato e il suo caso sarebbe stato archiviato con tutte le altre sparizioni irrisolte e inspiegate che avvenivano ogni anno. Tese le mani verso il fuoco, per scaldarle. Era una giornata tiepida, ma gli sembrava di sentire un soffio di gelo.

Lui e gli altri, lui e i molti altri che erano spariti… C’erano stati altri che erano venuti lì? si chiese.

— Poco fa, quando eravamo vicino al cubo — disse Mary, — mi è sembrato sorpreso all’idea che ci fosse una collaborazione nelle ricerche, con la Russia. Perché? Ne dubitava?

— Nel mio tempo — rispose Lansing, — gli Stati Uniti e varie altre nazioni non sono in buon accordo con la Russia. Ci fu una rivoluzione durante la Prima guerra mondiale e la Russia diventò uno stato comunista.

— La Prima guerra?

— Sì, la Prima guerra mondiale. La Seconda guerra mondiale. La bomba nucleare.

— Edward, nel mio mondo non ci sono state guerre mondiali, non c’è… come l’ha chiamata? Bomba nucleare?

Lansing si accosciò, scostandosi un po’ dal fuoco. — Dunque quello è stato il punto critico fra il suo mondo e il mio. Voi non avete avuto la Prima guerra mondiale e noi sì. Mi dica… e l’Impero Britannico?

— È ancora ben saldo. Il sole non vi tramonta mai. Ma lei ha detto un’altra cosa. Gli Stati, mi pare. Gli Stati Uniti di che cosa?

— Gli Stati Uniti d’America.

— Ma l’America settentrionale fa parte dell’Impero Britannico, e quella meridionale fa parte della Spagna… eccettuato il Brasile, cioè.

Lansing la guardò a bocca aperta.

— È la verità — disse Mary. — Le cose stanno proprio così.

— Ma le colonie americane si ribellarono.

— Certo, nel secolo decimottavo. La ribellione non durò a lungo.

— Dunque il punto critico è molto anteriore alla Prima guerra mondiale.

— Sono un po’ confusa — disse lei, — ma evidentemente è così. Lei ci ha parlato delle ipotesi del suo amico circa i punti critici e i mondi alternativi. Quando gliene ha parlato, lei non gli ha creduto. Ha pensato che fossero soltanto fantasie, e forse lo pensava anche lui. Stava solo cercando di dimostrare una tesi. Quando ce l’ha raccontato, alla locanda, mi è sembrato che fosse un concetto interessante e fantasioso. Ma a giudicare da quello che mi ha appena detto, dev’essere qualcosa più d’un concetto.

— Lei doveva vivere in un bel mondo, Mary. Molto migliore del mio.

— È solido e sereno — disse lei. — Non ci sono state quasi guerre… soltanto alcune di poco conto. Le grandi potenze si sono insidiate saldamente nei rispettivi territori e sembrano contente di quello che hanno. Certo, c’è chi grida all’imperialismo, ma nessuno gli dà ascolto.

— L’India, naturalmente è alla fame.

Mary alzò le spalle. — L’India è sempre alla fame. È troppo sovvrappopolata.

— E l’Africa viene sfruttata?

— Edward, è con me o contro di me? Che cosa pensa dell’Impero Britannico?

— Oh, non troppo male. Molte volte ho pensato che abbiamo perduto qualcosa di grande e rassicurante, quando è andato a pezzi subito dopo la Seconda guerra mondiale.

— È andato a pezzi?

— Completamente.