Gli edifici non erano molto alti… quasi tutti non superavano i quattro o cinque piani. Le porte e le finestre erano vuote. Le pietre che formavano le costruzioni erano rosse o brunicce.
— Ossidazione — disse il generale di brigata. — La pietra sta marcendo. Nessun danno… nessun danno provocato da violenza, voglio dire. Nessun segno d’incendi o di distruzione voluta. La devastazione che vede è il risultato delle intemperie e del tempo. Ma la città è stata saccheggiata. Forse a più riprese. Non c’è rimasto nulla, virtualmente. Una volta doveva viverci parecchia gente, ma ormai non c’è nessuno. Tutta la città è vuota.
— Ha detto che ha trovato qualcosa. Mi sembra che abbia parlato di uno schermo grafico. Che cos’è?
— Non so se lo sia o no. L’ho chiamato così, ma potrei sbagliarmi. Nel mio mondo ci sono gli schermi grafici. Si inseriscono i problemi…
— Problemi militari?
— Ecco, sì, soprattutto problemi militari. Una specie di gioco della guerra. Si comunicano i fattori e un calcolatore li elabora e mostra quello che succederebbe. Lo mostra per immagini. In modo che lo si capisca meglio. Quello che abbiamo trovato qui è rovinato, quasi completamente inservibile. Una piccola parte funziona ancora. È come guardare da una finestra aperta su un altro mondo. A volte, nelle immagini si vedono esseri.
— Forse gli esseri che un tempo vivevano qui.
— Non credo. La città fu costruita per gli umani, o per creature quasi umane. Le porte e le finestre hanno le dimensioni giuste. Le scale sono di un tipo che gli umani possono salire facilmente.
La città aveva un’atmosfera agghiacciante. Sebbene fosse vuota, qualcosa vi stava ancora in agguato, stava nascosto e spiava e attendeva. Lansing si sorprese a esaminare attentamente il guizzo sfuggente di qualcosa che si nascondeva dopo averli scrutati.
— Dunque ha la stessa impressione — disse il generale di brigata. — Per quanto la città sembri morta, qualcuno è rimasto.
— È soltanto una naturale prudenza da parte mia — disse Lansing. — Ho paura delle ombre.
— Forse la consolerà sapere che anche per me è lo stesso. Sono un vecchio militare, e sto in guardia contro il nemico nascosto. Non procedo mai alla cieca. Tutto sembra indicare che la città è deserta, eppure sto in guardia contro il nemico nascosto. Mi sentirei più tranquillo se fossimo armati. Può immaginare una spedizione come questa, senza neppure un’arma? Sono ancora convinto che quel briccone di locandiere mentisse spudoratamente quando ci ha detto che non ne aveva.
— Forse non ne avremo bisogno — disse Lansing. — Finora non ne abbiamo avuto bisogno, per tutto il viaggio.
— Questo non c’entra — disse il generale di brigata. — Si trasporta un’arma per cento chilometri, e per mille, per usarla magari una volta sola.
Un poco più tardi arrivarono nella piazza.
— Quell’edificio laggiù — disse il generale di brigata, indicandolo. — È là che siamo accampati.
Era la costruzione più grande che sorgeva sulla piazza, e sebbene fosse in sfacelo appariva un po’ meno disastrata delle altre. La piazza era grande, e c’erano numerose strade che vi sfociavano. Tutto intorno stavano acquattati gli edifici bruno-rossicci, e i blocchi di pietra che ne erano caduti giacevano ai piedi dei muri. Quello che il generale di brigata aveva indicato aveva una torre che si reggeva ancora, e un’ampia scalinata che conduceva all’ingresso.
— C’è polvere dappertutto — disse il generale di brigata. — Sulle strade, persino al centro della piazza, dentro gli edifici, dovunque si vada. È la polvere della pietra che muore, l’usurarsi della pietra. Dove siamo accampati noi, abbiamo trovato vecchie tracce, in certi punti riparati dove non arriva mai il vento… le orme di altri che ci hanno preceduti. Altri visitatori come noi, sospetto. Sono praticamente certo che uno di quei gruppi ci precede di pochissimo, perché alcune delle tracce che abbiamo trovato erano fresche. Non rimangono fresche a lungo. Vi si posa altra polvere, o vengono cancellate da un soffio di vento.
Lansing si voltò indietro e vide che gli altri li seguivano a breve distanza. Jurgens si destreggiava coraggiosamente, un po’ più svelto del solito. Mary e Sandra lo affiancavano, e dietro di loro veniva il reverendo. Sembrava un corvo, con la testa china e il mento quasi appoggiato al petto.
— Devo avvertirla — disse il generale di brigata. — È necessario tener d’occhio il reverendo. È pazzo, senza il minimo dubbio. È l’individuo più dotato di spirito di contraddizione che abbia mai conosciuto, e rifiuta di ragionare.
Lansing non rispose. Fianco a fianco, salirono la scalinata che conduceva all’ingresso.
L’interno era buio, e c’era odore di fumo di legna. Al centro del vestibolo brillava un minuscolo occhio rosso… l’ultima brace del fuoco, con un gran mucchio di legna accanto. Gli zaini gialli erano appoggiati al mucchio. Il palpito fievole del fuoco si rispecchiava sulla superficie lucente d’una pentola.
Persino nel silenzio, l’interno dell’edificio era tutto un vuoto risonante e il rumore dei passi echeggiava cavernosamente. In alto, le arcate massiccie scomparivano in una oscurità che diventava profonda come la notte. Nel vuoto parevano danzare ombre impazzite.
Gli altri entrarono dopo di loro, e le voci di Mary e Sandra, che continuavano a chiacchierare, scatenarono una serie di echi lontani e rombanti, come se cento persone nascoste stessero parlando nei meandri interni dell’edificio.
Si accostarono al fuoco. Il generale di brigata lo riattizzò e aggiunse altra legna. Le fiamme incominciarono a lingueggiare, avvolgendo i ceppi, e le ombre si rincorsero sulle pareti. Lansing ebbe la sensazione che un’orda di sagome alate volasse altissima, sotto la volta, tra gli archi torreggianti.
— Preparerò la colazione, ma ci vorrà un po’ — disse Sandra. — Generale, perché non accompagna gli altri a vedere lo schermo grafico? Non è lontano.
— Buona idea — disse il generale di brigata. — Prendo la torcia elettrica. È abbastanza buio, più avanti.
— Io resto ad aiutarti — disse Mary a Sandra. — Lo schermo lo vedrò più tardi.
Il generale di brigata si avviò, fendendo l’oscurità con il fascio luminoso della torcia. I tonfi della gruccia di Jurgens sollevavano ondate di echi.
— Quello schermo è una stregoneria — borbottò il reverendo. — Nessuno dovrebbe posarvi gli occhi. Io consiglierei di sfasciarlo. Qualche colpo ben assestato con l’accetta dovrebbe bastare.
— Ci si provi — ringhiò il generale di brigata, — e l’accetta la uso su di lei. Lo schermo è l’unica reliquia giunta fino a noi di quello che un tempo doveva essere un popolo intelligente ed evoluto. Non pretendo di sapere che cosa sia, esattamente.
— L’ha chiamato schermo grafico — disse Lansing.
— Lo chiamo così perché è la descrizione più pratica che mi è venuta in mente. Ma sono sicuro che è qualcosa di più. Credo che sia in contatto con un altro luogo, grazie a una conoscenza e a una tecnologia che noi non abbiamo ancora immaginato e che forse non riusciremo mai a immaginare.
— Ed è meglio così — disse il reverendo. — Ci sono cose che è meglio lasciar perdere. Sono convinto che in tutto l’universo regni una grande moralità…
— Al diavolo la sua moralità — disse il generale di brigata. — Non fa altro che borbottare. Borbotta sempre. Invece di borbottare, perché non parla chiaro?
Il reverendo non rispose.
Finalmente arrivarono allo schermo grafico. Era in una stanza, all’angolo estremo dell’edificio. A prima vista, in quel locale non c’era niente altro, e lo schermo non faceva una figura imponente. Era una grande massa che si poteva descrivere sbrigativamente come un mucchio di rottami. Era morto e coperto di polvere. Qua e là il rosso arrugginito del metallo eroso affiorava attraverso la polvere e il sudiciume.