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— A me sembra un’assurdità — disse il generale di brigata. — Nessun artista con la testa sulle spalle costringerebbe il riguardante a sbirciare attraverso uno spioncino per vedere ciò che lui ha creato. Vorrebbe metterlo ben in mostra, dove tutti possano vederlo, tutti in una volta.

— È un modo molto ristretto, il suo, per accostarsi all’intera concezione — disse Sandra. — Come può sapere che cosa vuole un artista o quale mezzo può decidere di usare? Forse lo spioncino era l’unico metodo per portare il riguardante vicino alla sua creazione. Costringendo l’osservatore a concentrarsi sull’opera d’arte ed escludendo ogni distrazione esterna. E gli stati d’animo… avete notato che ogni spioncino aveva un suo stato d’animo preciso? Ognuno era diverso, e ognuno si rivolgeva a una diversa percezione emotiva? Già solo per questo potrebbe essere la forma d’arte più elevata.

— Io continuo a credere che non sia arte — disse il generale di brigata, intestardito. — Credo che siano porte su altri mondi, e che sia meglio tenerci alla larga.

— Mi sembra che stiamo trascurando una cosa — disse Mary. Le mappe trovate da Edward e Jurgens. A quanto posso vedere, nessuna è una mappa di questo posto. Forse lo sono di altri luoghi che dovremmo conoscere. O forse di alcuni dei mondi che abbiamo visto oltre le porte. Se è così, deve esserci un modo per entrarvi e ritornare.

— Può darsi che sia vero — disse il generale di brigata. — Ma per riuscirci sarebbe necessario sapere come si fa, e noi non lo sappiamo.

— Forse le mappe rappresentano altre parti del mondo in cui siamo — disse Jurgens. — E non le riconosciamo per ciò che sono perché di questo mondo abbiamo visto soltanto una piccolissima parte.

— Io penso — disse Lansing, prendendo le mappe, — che ce ne sia una che rappresenta questa parte del mondo. Sì, eccola. — L’aprì e la stese sul pavimento. — Guardate, ecco qualcosa che potrebbe essere la città. Un’area quadrettata che forse è il segno convenzionale indicante una città, e qualcosa che sembra una strada e se ne allontana, la strada che abbiamo percorso. E qui, questo quadratino nero potrebbe essere la locanda.

Il generale di brigata si chinò per studiare la mappa.

— Sì, c’è qualcosa che può essere la città — ammise, — e una linea la collega con un altro punto che può essere la locanda. Ma il cubo? Non c’è niente che raffiguri il cubo. Senza dubbio il cartografo non l’avrebbe dimenticato.

— Forse la mappa fu disegnata prima che venisse costruito il cubo — disse Jurgens.

— Potrebbe essere così — disse Sandra. — Mi è sembrato che il cubo fosse nuovo.

— Dovremmo riflettere ancora un po’ — disse il generale di brigata. — Per ora non stiamo facendo altro che parlare a vanvera, dicendo tutto quello che ci passa per la mente. Forse dovremmo tutti pensare attentamente alla situazione, e dopo riparlarne.

Il reverendo si alzò in piedi, lentamente. — Vado a fare una passeggiata — disse. — Una boccata d’aria pura servirà a chiarirmi le idee. C’è qualcuno che vuol venire con me?

— Io — disse Lansing.

Fuori, sulla piazza, le ombre si andavano addensando. Il sole era scomparso e presto sarebbe discesa la notte. I contorni spezzati, irregolari degli edifici circostanti spiccavano scuri contro il tramonto. Mentre camminava a fianco del reverendo Lansing percepì, per la prima volta, l’antichità di quel luogo.

Il reverendo doveva provare la stessa sensazione, perché disse: — Questo posto è vecchio quasi come il tempo, e dà un senso d’oppressione. Come se fosse possibile sentire sulle spalle il peso dei secoli. Il tempo ne ha eroso le pietre. Sta ridiventando parte della terra su cui sorge. L’ha notato, Mr. Lansing?

— Credo di sì — disse Lansing. — È un’atmosfera stranissima.

— È un luogo — disse il reverendo, — dove la storia si è esaurita, si è compiuta ed è morta. Ora la città è rimasta a ricordare che tutte le creazioni della carne sono passeggere, e che persino la storia non è altro che un’illusione. I luoghi come questi rimangono perché gli uomini meditino sui loro fallimenti. Perché questo mondo è un fallimento. Mi sembra che lo sia stato sotto molti aspetti, più di altri mondi.

— Forse ha ragione — rispose Lansing. Non sapeva che altro dire.

Il reverendo tacque e continuò a camminare, con le mani strette dietro la schiena e la testa alta. Ogni tanto si voltava per scrutare la piazza.

Poi riprese a parlare. — Dobbiamo sorvegliare attentamente il generale. È pazzo furioso, ma di una pazzia così lucida e umana che occorre molto discernimento per capirlo. È ostinato e prevenuto. È impossibile farlo ragionare. Non ho mai conosciuto un uomo che avesse sempre torto come lui. È così perché ha una mentalità militare. Ha mai notato che tutti i militari hanno una mentalità molto ristretta?

— Nel mio mondo — disse Lansing, — ho conosciuto pochissimi militari.

— Oh, sono davvero così — disse il reverendo. — Ai loro occhi esiste un solo modo per fare una cosa. Le loro menti sono manuali di regole, e vivono secondo quelle direttive. Portano paraocchi invisibili che non permettono loro di vedere a destra e a sinistra, ma soltanto diritto davanti al naso. Credo che noi due dovremmo tener d’occhio il generale. Se non lo faremo, ci metterà in qualche guaio. Anzi, è la fonte dei nostri guai. Vuole essere il capo a tutti i costi. È una sua mania. L’avrà notato, sicuramente.

— Sì, l’ho notato — disse Lansing. — Se lo ricorda, gliene ho anche parlato.

— Appunto — disse il reverendo. — In un certo senso mi ricorda un vicino che avevo una volta. Abitava di fronte a me, e poco più avanti, in fondo alla strada, viveva un diavolo. Era un quartiere per bene, e non ci sarebbe stato da aspettarsi che ci vivesse un diavolo, e invece c’era. Credo che pochi altri l’avessero riconosciuto; ma io avevo capito e sospetto che anche quel mio vicino lo capisse, sebbene non ne parlassimo mai. Comunque, quello che voglio dire è che il mio vicino, pur riconoscendo il diavolo per ciò che era, e di questo sono sicuro, lo trattava amichevolmente. Gli dava il buongiorno quando l’incontrava per la strada e si fermava addirittura a chiacchierare con lui. Sono certo che non c’era niente di sinistro in ciò che si dicevano. Si fermavano semplicemente per passare il tempo. Ma lei non avrebbe pensato che, sapendo che era il diavolo, il mio vicino avrebbe cercato di evitarlo? Se gli avessi parlato della cosa, esprimendogli la convinzione che avrebbe fatto bene a non frequentare un diavolo riconosciuto… anche se non lo feci mai, naturalmente… sono sicuro che mi avrebbe risposto che era un uomo tollerante e non aveva pregiudizi verso gli ebrei e i negri e i papisti e altre categorie di diversi; e siccome non aveva pregiudizi nei loro confronti, non poteva averne neppure nei confronti del diavolo che abitava nella sua stessa strada.

«A me sembra che nell’universo debba esserci una legge morale, che vi siano cose giuste e cose sbagliate, e che ognuno di noi abbia il dovere di distinguere tra il bene e il male. Se vogliamo essere morali, dobbiamo conoscere queste distinzioni. E non sto parlando delle ristrette concenzioni religiose, che a volte sono appunto ristrette, devo ammetterlo, ma dell’intera gamma del comportamento umano. Anche se non sono d’accordo, so bene che certe persone sono convinte che un uomo possa essere virtuoso anche se non abbraccia una religione. Non sono d’accordo perché mi sembra che un uomo abbia bisogno del baluardo della fede, della sua fede personale e affermata, per schierarsi con intransigenza dalla parte di ciò che è bene o di ciò che intende come bene.

Il reverendo si fermò e si voltò a fronteggiare Lansing. — Sto parlando così — continuò, — ma forse lo faccio per abitudine, non per altre ragioni. Nel mio mondo, nel mio campo di rape e in quella strada bianca affacciata su una tranquilla strada verde, tranquilla nonostante il diavolo che abitava in fondo all’isolato, sapevo ciò che pensavo. Ero sicuro e deciso quanto e più di chiunque altro. Nella mia piccola chiesa parrocchiale, altrettanto bianca e tranquilla, esattamente come casa mia, potevo esporre ai miei fedeli ciò che era giusto e ciò che era sbagliato, in ogni cosa, la più importante o la più banale. Ma ora non so più. Ora un po’ di quella certezza è andata perduta. Prima ero sicuro; ora non lo sono più.