S’interuppe e fissò Lansing, con gli occhi tondi, da gufo. — Non so perché le sto dicendo tutto questo, — disse. — Proprio a lei. Sa perché glielo sto dicendo?
— Non riesco a immaginare perché debba farlo — disse Lansing. — Ma se può esserle d’aiuto, sarò lieto di ascoltarla.
— Non lo sente anche lei? L’abbandono?
— Non posso affermare di sentirlo — disse Lansing.
— Il vuoto! — esclamò il reverendo. — Il nulla! Questo posto orribile, questo equivalente dell’Inferno! È quello che ho sempre detto ai miei fedeli… l’Inferno non è un repertorio di torture o d’infelicità, ma un’assenza, una privazione, uno smarrimento, la fine dell’amore e della fede, del rispetto di un uomo per se stesso, della forza della convinzione.
— Si scuota! — gridò Lansing. — Non può lasciare che questo posto la sconvolga così. Non crede che tutti noi…
Il reverendo alzò le mani al cielo e gridò con voce tonante: — Mio Dio, perché mi hai abbandonato? Perché, o Signore…
Dalle colline che dominavano la città si levò in risposta un’altra voce urlante, un altro grido d’angoscia. Era un grido carico d’una solitudine che serrava il cuore con mani diacce, una solitudine e uno smarrimento che gelavano il sangue. Latrava e singultava e piangeva sopra la città abbandonata da millenni. Echeggiava contro la crudeltà del cielo che scrutava impassibile la città. Era il grido di una creatura senz’anima.
Singhiozzando, stringendosi la testa fra le mani, il reverendo si mise a correre verso l’edificio dov’erano accampati. Galoppava a lunghi passi frenetici. Qualche volta vacillava e sembrava sul punto di cadere, ma sempre ritrovava l’equilibrio, rimaneva eretto e continuava la corsa.
Lansing l’inseguì, impaziente, sebbene non potesse sperare di raggiungerlo. In un angolo della sua mente provava un senso di sollievo perché non sarebbe riuscito a raggiungerlo. Se anche ci fosse riuscito, cosa avrebbe dovuto fare?
E intanto l’urlo mostruoso che saliva dalle colline riverberava contro il cielo. C’era qualcosa di orribile, lassù, qualcosa che gridava straziandosi il cuore. Lansing sentì il freddo spaventoso della sofferenza serrargli il petto. Ansimava, non per lo sforzo della corsa, ma per la pressione del pugno gelido che lo teneva.
Il reverendo aveva raggiunto l’edificio. Salì la scalinata a balzi. Lansing l’inseguì, si arrestò appena fuori dal cerchio di luce delle fiamme. Il reverendo era accasciato sul pavimento, accanto al fuoco, con le gambe strette contro il corpo, la testa piegata e appoggiata alle ginocchia, le braccia avvinte intorno alle spalle, in una posizione fetale che voleva essere una difesa contro il mondo.
Il generale di brigata s’inginocchiò al suo fianco, mentre gli altri si tenevano a distanza e osservavano inorriditi. Nel sentire i passi di Lansing, il generale di brigata sollevò la testa per guardarlo, e si rialzò in piedi.
— Cos’è successo là fuori? — chiese con voce tonante. — Lansing, che cosa gli ha fatto?
— Avete sentito il lamento?
— Sì. Ci siamo chiesti che cos’era.
— Il lamento l’ha spaventato. Si è tappato gli orecchi con le mani ed è scappato via.
— Un attacco di pazzia?
— Credo di sì. Era sconnesso già da un po’. Ha parlato con me, là fuori, mi ha fatto discorsi sconclusionati e privi di logica. Ho cercato di calmarlo, ma lui ha levato le braccia al cielo e ha gridato che Dio l’aveva abbandonato.
— Incredibile — disse il generale di brigata.
Sandra, che aveva preso accanto al reverendo il posto lasciato dal generale, si rialzò e si portò le mani al viso. — È irrigidito, — disse. — Completamente contratto. Cosa possiamo fare per lui?
— Lasciatelo stare — disse il generale di brigata. — Gli passerà. Altrimenti, non potremo far nulla.
— Qualcosa di forte da bere? Sono pronto a scommettere che ha i denti serrati. Dovrebbe spaccargli la mascella per fargli mandar giù qualcosa. Più tardi, forse.
— È orribile, quello che gli è successo — disse Sandra.
— S’era messo su quella strada — disse il generale. — Fin da quando siamo partiti.
— Crede che possa superare la crisi? — chiese Mary.
— Ho visto altri casi del genere — disse il generale di brigata. — In combattimento. Certe volte lo superano; altre volte, no.
— Dovremmo cercare di tenerlo caldo — disse Mary. — Qualcuno ha una coperta?
— Io ne ho due — disse Jurgens. — Le ho portate per i casi d’emergenza.
Il generale di brigata prese in disparte Lansing. — Il lamento che veniva dalle colline, era davvero così orribile? L’abbiamo sentito anche qui, ma naturalmente era attutito.
— Era orribile — disse Lansing.
— Lei, però, ha resistito?
— Ecco sì. Ma non ero sconvolto emotivamente. Lui lo era. Lo era da diverso tempo. Aveva appena finito di dirmi che Dio l’aveva abbandonato, quando quella cosa, lassù, si è scatenata.
— Pazzia — disse il generale di brigata in tono di disgusto. — Pazzia pura e semplice.
— Non è stata colpa sua. Ha perso l’autocontrollo.
— Un fanatico religioso grande e grosso e prepotente — disse il generale. — Che ha avuto finalmente il fatto suo.
Mary commentò, irritata: — Parla come se fosse soddisfatto di quello che è successo.
— Non è vero — disse il generale. — Non è affatto così. Ma sono piuttosto disgustato. Adesso dobbiamo trascinarci dietro due invalidi, non uno.
— E allora perché non li mette al muro e non gli spara? — chiese Lansing. — Oh, mi scusi, lo dimentico continuamente. Non ha armi.
— Quello che nessuno di voi vuol capire — disse il generale di brigata, — che in un’impresa come la nostra è necessario essere duri. Bisogna essere duri, per farcela.
— Lei è abbastanza duro — disse Sandra, — anche per tutti noi.
— Non le vado a genio — disse il generale. — Per me, sta bene così. Nessuno ha mai simpatia per un comandante duro.
— Sì dà il caso — ribatté Mary, — che lei non sia il nostro comandante. Potremmo tirare avanti benissimo anche senza di lei.
— Credo sia ora — disse Lansing, — di farla finita, tutti quanti. Le ho detto varie cose sgradevoli, generale, e le pensavo veramente. Ma sono pronto a ritirarle se lei le dimenticherà. Se continueremo a litigare così, l’impresa, come la chiama lei, non arriverà mai a buon fine.
— Ammirevole — disse il generale di brigata. — Ha parlato da vero uomo. Lansing, sono lieto che sia dalla mia parte.
— Non credo d’essere dalla sua parte — disse Lansing. — Ma sono disposto a fare del mio meglio per andare d’accordo.
— Ascoltate — disse Sandra. — Fate silenzio tutti quanti e ascoltate. Credo che il lamento sia cessato.
Tacquero e ascoltarono. Era cessato.
XVII
Quando Lansing si svegliò, l’indomani mattina, tutti gli altri dormivano ancora. Sotto le coperte, il reverendo si era un po’ decontratto. Era sempre in una posizione semifetale, ma meno raggomitolato.
Jurgens era accovacciato davanti al fuoco e sorvegliava la pentola di crema d’avena che bolliva. Il caffè era caldo da una parte, su un piccolo letto di braci.