— Sono sicurissimo che lo sono — disse il generale di brigata. — E non voglio che qualcuno di voi cerchi di accertarlo.
— Io ho guardato dallo spioncino — disse Jurgens. — E non c’era traccia del reverendo.
— Che cosa speravi di vedere? — chiese il generale di brigata. — Il reverendo che stava là a farci marameo? Non appena ha varcato la porta, se l’è data a gambe. Si è allontanato più in fretta che ha potuto. Non voleva correre rischi.
— Forse è meglio così — disse Mary. — Forse là potrà essere felice. Ricordo la sua espressione, mentre guardava dallo spioncino. Sembrava felice, davvero; l’unica volta che l’ho visto felice. In quel mondo c’era qualcosa che l’attraeva. Era attraente per tutti noi, ma soprattutto per lui.
— Lo ricordo — disse Lansing. — Era felice. Per la prima volta l’ho visto senza quella piega amara sulla bocca.
— Quindi, voi due, cosa vorreste che facessimo? — chiese il generale di brigata. — Che ci mettessimo in fila davanti a quella porta e la varcassimo a passo di marcia?
— No — disse Mary. — Per noi non sarebbe giusto. Ma lo era per il reverendo. Per lui era l’unica via d’uscita. Mi auguro che sia felice.
— La felicità non deve essere la nostra unica meta — disse il generale di brigata.
— Non deve esserlo neppure il desiderio di morte — disse Mary. — Ed è ciò che motiva lei. Sono convinta che questa sua preziosa città finirà per ucciderci uno ad uno. Io ed Edward non resteremo ad aspettare che succeda anche a noi. Ce ne andremo domattina.
Lansing la guardò, e per un momento provò l’impulso di girare intorno al fuoco e prenderla tra le braccia. Ma non lo fece. Restò seduto al suo posto.
— Non possiamo dividerci — disse il generale in tono disperato. — L’unica forza di cui disponiamo consiste nello stare insieme. Ora state cedendo al panico.
Sandra gridò: — È tutta colpa mia! Se fossi rimasta a tenerlo d’occhio…
— Non sarebbe servito a molto — disse Jurgens, cercando di consolarla. — Avrebbe atteso l’occasione buona. Se non oggi, l’avrebbe fatto un altro giorno. Non si sarebbe dato pace fino a che non fosse riuscito a entrare in quel mondo.
— Penso che sia proprio così — disse Lansing. — Era disperato, allo stremo. Non avevo capito come fosse ridotto fino a quando abbiamo parlato ieri sera. Sinceramente, credo che nessuno di noi possa rimproverarsi per quello che è successo.
— E allora perché parlate di andarvene? — chiese il generale di brigata. — Eh, Lansing?
— Sono convinto che dovremo andarcene tutti — disse Lansing. — La città ha un’atmosfera sinistra. L’avrà sentita anche lei, certamente. È morta ma, sebbene sia morta, c’è qualcosa che ci spia. Ci spia continuamente. Ogni mossa che facciamo. Può dimenticarlo per un po’, ma poi sente di nuovo d’essere spiato, come se uno sguardo le puntasse sulla schiena.
— Se restiamo noi, restiamo tutti?
— Resterete voi soli. Io me ne vado, e Mary verrà con me. — Mentre lo diceva, Lansing ricordò che solo quando Mary aveva parlato poco prima aveva capito che se ne sarebbero andati. E lei, come l’aveva saputo? si chiese. C’era fra loro una comunicazione sconosciuta e inconsapevole?
— Ancora qualche giorno — supplicò il generale di brigata. — Pochi giorni. Non chiedo di più. Se nei prossimi giorni non salterà fuori niente, ce ne andremo tutti.
Nessuno rispose.
— Tre giorni — insistette il generale. — Tre giorni appena.
— Non mi va di mercanteggiare — disse Lansing. — Se Mary è d’accordo, sta bene, le accorderò quello che chiede… o quasi. Due giorni e non di più. E niente proroghe.
Il generale di brigata lanciò a Mary un’occhiata perplessa.
— Sta bene — disse lei. — Due giorni.
Fuori era scesa la notte. Più tardi sarebbe sorta la luna; ma adesso che il sole era scomparso, la tenebra avvolgeva la città. Jurgens si alzò, faticosamente. — Preparerò la cena.
— No, lascia fare a me — disse Sandra. — Preferisco avere qualcosa da fare.
Da lontano giunse un pianto terribile. Si irrigidirono, in ascolto. Come la notte precedente, su una delle colline che dominavano la città una creatura solitaria singhiozzava e gemeva la sua angoscia.
XIX
Nel tardo pomeriggio del secondo giorno, Mary e Lansing fecero la scoperta.
Tra due edifici, in fondo a uno stretto vicolo, videro la voragine. Lansing puntò nell’oscurità il raggio della torcia elettrica. Il fascio luminoso rivelò una rampa di scale, una rampa più solida di quella che ci si poteva aspettare di trovare in un vicolo.
— Tu resta qui — disse a Mary. — Scenderò a guardare. Probabilmente non troverò nulla.
— No — disse lei. — Vengo con te. Non voglio restar sola.
Lansing si calò prudentemente nel varco e scese la ripida scala. I suoni dietro di lui gli dicevano che Mary lo seguiva a poca distanza. La rampa non era l’unica. Arrivò a un pianerottolo. Un’altra rampa si calava ancora più in basso. Solo quando ebbe sceso i primi gradini sentì il mormorio. Si fermò di colpo per ascoltare, e Mary l’urtò alle spalle.
Il mormorio era sommesso. E non era un mormorio, come gli era parso in un primo momento. Sembrava piuttosto un canto gutturale, come se qualcuno canticchiasse fra sé. Un canto mascolino, non femminile.
— C’è qualcuno che canta — bisbigliò Mary.
— Dobbiamo andare a vedere — disse Lansing. Non avrebbe voluto proseguire. Se avesse dato ascolto all’impulso sarebbe fuggito in fretta. Perché, sebbene il canto (se era un canto) sembrasse umano, in quell’esperienza c’era una bizzarra alienità che gli allegava i denti.
La seconda rampa finiva a un altro ballatoio; quando incominciò a scendere la terza rampa, il canto divenne un poco più forte, e in basso, davanti a lui, scorse alcune luci fioche… occhi di gatto che lo fissavano nell’oscurità. Arrivò in fondo alla scala e avanzò di qualche passo su una striscia metallica. Mary lo raggiunse e si fermò al suo fianco.
— Macchine — disse lei. — O un’unica macchina.
— È difficile capirlo — disse Lansing. — È una specie d’installazione.
— E funziona — disse Mary. — Ti rendi conto che questa è la prima cosa funzionante che abbiamo trovato?
I macchinari, notò Lansing, non erano massicci. O imponenti. I numerosi occhi luminosi sparsi tutto intorno irradiavano abbastanza luce per permettergli di vedere i macchinari… di intuirli più che di vederli, anzi. Era un complesso fragile, esile. Sembrava che non avesse parti mobili. E cantava fra sé.
Quando Lansing puntò il fascio della torcia, più avanti, vide che la passerella di metallo proseguiva, formando uno stretto sentiero fra due agglomerati di macchinari. Si estendeva lontano, molto al di là della portata del fascio di luce, e fin dove arrivava lo sguardo era fiancheggiata da quelle forme esili.
A passo lento e guardingo, Lansing si avviò lungo la passerella, seguito da Mary. Quando arrivarono dove incominciava il macchinario, si fermarono, e Lansing puntò il raggio verso i segmenti più vicini dell’installazione.
Le macchine non erano semplicemente fragili: erano delicate. Il metallo levigato, se era metallo, brillava lucidissimo, senza tracce di polvere o di grasso. Non somigliava a nessuno dei macchinari che lui avesse avuto occasione di vedere. Sembrava una scultura metallica che un artista ispirato e un po’ ebbro avesse creato con un paio di pinze, ridendo incessantemente. Ma nonostante l’assenza di parti mobili, nonostante la mancanza di qualcosa che indicasse che era in funzione, pareva traboccare d’un senso di vita e di finalità. E non smetteva mai di canticchiare fra sé.