Apparentemente sbalordito dal tono di Lansing, il generale di brigata sedette, docile. Lansing si tese e gli restituì la bottiglia; lui la prese e se la rimise sulle ginocchia.
— E adesso parliamone con calma — disse Mary. — Riflettiamo. Non corriamo subito via all’impazzata. Avevo suggerito a Edward di non dir niente della scoperta, ma lui ha risposto che avevamo fatto un patto…
— Ma perché? — gridò il generale di brigata. — Perché non dire niente?
— Perché ciò che abbiamo trovato trascende la nostra comprensione. Conosciamo almeno una delle cose che può fare, ma non c’è modo di controllarlo. È pericoloso. Non è il caso di scherzarci. Abbiamo pensato che da qualche parte dev’esserci una sala comando, ma non siamo riusciti a trovarla.
— Lei è ingegnere — disse Jurgens. — Lei dovrebbe capire queste cose molto meglio di tutti noi. Perché non si decide a spiegarci che cosa avete trovato?
— Vuoi parlare tu, Edward? — chiese Mary.
— No — disse Lansing. — No, spetta a te.
Mary parlò, e gli altri l’ascoltarono attentamente. Ci fu qualche domanda, ma non molte.
Quando ebbe finito, ci fu un lungo silenzio. Finalmente Jurgens si rivolse a Mary. — Insomma, ha detto che gli abitanti, qui, cercavano altri mondi. Mondi alieni, con ogni probabilità, anziché Terre alternative.
— Forse non conoscevano l’esistenza delle Terre alternative — disse Lansing.
— Volevano andarsene da qui — disse Jurgens. — L’installazione che avete trovato e le porte sono collegate, fanno parte dello stesso programma di ricerca.
— Sembra molto probabile — disse Mary.
Il generale disse, con calma, una calma insolita in lui: — Voi due siete i soli che l’avete visto. Dovremmo vederlo tutti, tutti e cinque.
— Non ho detto che non dobbiamo indagare — ribatté Mary. — Ho detto solo che dovremmo essere molto prudenti. Io ed Edward siamo stati catturati, ma solo per un momento. Forse è stato un puro e semplice esempio di ciò che può fare l’installazione.
— Avete cercato la sala comando?
— L’abbiamo cercata fino all’imbrunire — disse Lansing.
— Secondo ogni logica, i comandi dovrebbero trovarsi nella stessa sede dell’installazione — disse il generale di brigata.
— Ci abbiamo pensato, ovviamente. Ma non c’è nessuna stanza. Tutto lo spazio è occupato dalle macchine. Abbiamo immaginato che forse, in un edificio vicino…
— Non è detto che sia proprio così — l’interruppe Mary. — Ora me ne rendo conto. La sala comando potrebbe essere in qualunque punto della città. In qualunque posto.
— Ha detto che il meccanismo è irriconoscibile? Che non ha un’idea di ciò che è?
— Non c’è un solo pezzo — disse Mary, — che io abbia riconosciuto come possibile equivalente di un meccanismo del mio mondo. Naturalmente, se l’esaminassi da vicino può darsi che riuscirei a capirci qualcosa. Ma il fatto è che non vorrei avvicinarmi troppo, lasciarmi coinvolgere. Sarebbe troppo rischioso. Io ed Edward non abbiamo fatto l’esperienza dell’effetto totale, ne sono sicura. Se ci si avvicina di più… non so proprio cosa potrebbe accadere.
— La caratteristica di questa città che mi allarma di più — disse Sandra, — è la sua piattezza. Non la piattezza della città, ma della cultura che rappresenta. Attesta una povertà culturale semplicemente impossibile. Non esistono chiese, né luoghi di culto riconoscibili, niente che potesse essere un tempo una biblioteca, una galleria d’arte, una sala da concerti. Mi sembra inconcepibile che un popolo potesse essere tanto privo di sensibilità, che si accontentasse di vivere un’esistemza tanto piatta.
— Forse era un popolo votato ad un’unica idea — disse Lansing. — Completamente dedito ad un’unico campo di ricerca e di iniziativa. Certo, è difficile capirlo, ma non possiamo conoscerne le motivazioni. Sarebbe possibile, suppongo, avere una motivazione tanto forte da…
— Questa discussione non ci porta a niente di concreto — borbottò il generale di brigata. — Domattina daremo un’occhiata. O almeno, io darò un’occhiata. Voialtri ve ne andrete.
— Resteremo con lei — disse Lansing. — Il tempo sufficiente per dare quell’occhiata.
— Ma, per amor di Dio — disse Mary, — cerchiamo d’essere prudenti, tutti quanti.
XX
— Non credo — osservò il generale di brigata, — che qui ci sia tutto quel pericolo che può sembrare. Forse le macchine possono influire su un sensitivo, mentre un uomo dalla fibra più solida, con i piedi ben piantati per terra…
— Immagino — disse Lansing, — che stia alludendo a se stesso. Se è così, non faccia caso a me. Vada pure.
— Ha torto, completamente — disse Mary al generale di brigata. — Io non sono sensitiva. Può darsi che Edward lo sia, e Sandra lo è certamente. Il reverendo lo era e…
— Il reverendo — disse il generale di brigata, — non poteva essere un sensitivo. Era squilibrato, forse, nevrotico, ma tutto sommato era uno zotico.
Mary sospirò, rassegnata. — Faccia come crede — disse.
Stavano tutti e cinque sulla passerella metallica, lontano dalle macchine che continuavano a far brillare i loro occhi di gatto e cantavano.
— Avevo previsto — disse Jurgens, — che essendo io stesso una macchina per metà avrei potuto discernere qualche affinità con questa installazione. Non potevo saperlo, naturalmente, perché sul mio mondo esistono soltanto macchine semplicissime. Non c’è niente che assomigli a queste. Come ho detto, mi attendevo un’esperienza interessante, ma sono profondamente deluso.
— Non senti niente? — chiese Sandra.
— Niente — disse il robot.
— Bene, ora che abbiamo visto le macchine — chiese il generale di brigata, — che cosa ce ne facciamo? Cosa dobbiamo fare, adesso?
— Non le abbiamo promesso niente — rispose Lansing. — Abbiamo detto soltanto che saremmo venuti con lei a dare un’occhiata. Per quel che mi riguarda, è tutto quello che intendo fare.
Dare un’altra occhiata.
— Allora, a che serve averle scoperte?
— Le abbiamo già spiegato — disse Mary, — che al momento non c’è modo di comprenderle. Lei cercava qualcosa, senza sapere che cosa fosse, e noi gliel’abbiamo trovato. L’altra sera le ho detto che questa città ci ucciderà uno ad uno. Il reverendo le aveva detto che era una creazione del male, ed è fuggito. Se il reverendo aveva ragione e se c’è qualcosa di malefico in questa città, può darsi che le macchine ne costituiscano una parte.
— Non lo penserà davvero, per caso?
— No, non lo penso. Non credo che le macchine abbiano la capacità di ideare il male. Ma la città non è un posto dove mi piaccia restare, e quindi me ne andrò immediatamente. Vieni, Edward?
— Precedimi. Ti seguo subito.
— Aspettate un momento! — gridò il generale di brigata. — Non potete abbandonarmi proprio adesso, quando siamo arrivati sulla soglia.
— La soglia di che cosa? — chiese Jurgens.
— Stiamo per trovare la soluzione che cerchiamo.
— Non è qui — disse Jurgens. — Le macchine possono costituire una parte, ma non sono tutta la soluzione, e non è da loro che potrà ottenerla.
Il generale di brigata proruppe in borbottii d’indignazione inarticolata. Aveva la faccia arrossata e gonfia per la collera e la frustrazione. Poi, all’improvviso, smise di borbottare e gridò: — La vedremo! Ve lo farò vedere! Lo farò vedere a tutti!
Gridando, balzò in avanti, correndo lungo la passerella, tra le due file di macchine.
Jurgens mosse due passi, rapidamente, per inseguirlo, cercando di puntellarsi con la gruccia sul metallo levigato. Lansing sferrò un calcio alla gruccia e fece cadere il robot lungo disteso.