Il generale di brigata stava ancora correndo. Si era spinto ormai avanti, sulla passerella, quando all’improvviso fu avvolto completamente da uno scintillio. Lo scintillio divampò per una frazione di secondo, e il generale scomparve.
Accecati dal bagliore, rimasero tutti immobili, inorriditi. Jurgens si appoggiò alla gruccia e si rialzò faticosamente.
— Credo — disse a Lansing, — di doverla ringraziare. Mi ha salvato la vita.
— Te l’avevo detto, molto tempo fa — rispose Lansing, — che se avessi cercato di fare qualche altra stupidaggine, ti avrei dato una botta in testa con quello che avevo sottomano.
— Non lo vedo più — disse Sandra. — Il generale è sparito.
Mary puntò il raggio della torcia elettrica lungo la passerella. — Neppure io lo vedo — disse. — Il raggio non arrivava abbastanza lontano.
— Io credo che ci arrivi — disse Jurgens. — Il generale è andato.
— Ma a noi non è successo così — disse Mary a Lansing. — I nostri corpi erano rimasti.
— Non ci eravamo spinti avanti lungo la passerella.
— Può darsi — disse Mary. — Tu hai detto che le macchine potevano impadronirsi del corpo, non soltanto della mente. E io ho risposto che non era possibile. Forse sbagliavo.
— Ne abbiamo perduti due — disse Sandra. — Il reverendo e il generale.
— Forse il generale tornerà — disse Lansing.
— Non credo — disse Mary. — C’è stato un enorme dispendio d’energia. È molto probabile che il generale sia morto.
— Una cosa possiamo dirla — commentò Jurgens. — Se n’è andato in un fulgore di gloria. No! No! Chiedo scusa! Scusatemi. Non volevo dirlo. Non volevo.
— Sei perdonato — disse Lansing. — Qualcun altro di noi stava per dire la stessa cosa.
— E adesso? — chiese Sandra. — Adesso che cosa facciamo?
— È un problema — rispose Mary. — Edward, hai la sensazione che lui tornerà? Come siamo tornati noi?
— Non è una sensazione. Dato che noi siamo tornati, pensavo…
— Ma questa volta è stato diverso.
— Che maledetto stupido — disse Lansing. — Povero stupido. Capo fino alla fine.
Rimasero vicini, a guardare la passerella completamente vuota. Gli occhi di gatto brillavano, le macchine continuavano a cantare.
— Forse dovremmo attendere un po’ — disse Mary. — Prima di lasciare la città.
— Lo penso anch’io — disse Jurgens.
— Se lui tornerà, avrà bisogno di noi — disse Sandra.
— Edward — chiese Mary, — tu cosa ne pensi?
— Dovremmo attendere — disse lui. — Non possiamo abbandonarlo in un momento simile. Non credo che tornerà, ma se così fosse…
Si accamparono nel vicolo, vicino alla scala che scendeva nella caverna dove le macchine cantavano sommessamente. Ogni notte la bestia solitaria usciva sulle colline che dominavano la città e gridava la sua amarezza e il suo smarrimento.
Al mattino del quarto giorno, dopo aver consultato la mappa che forse rappresentava quella parte del mondo, lasciarono la città e trovarono la continuazione, verso ovest, della strada che avevano percorso per raggiungerla.
XXI
Nel primo pomeriggio raggiunsero la sommità delle colline che accerchiavano la città ed entrarono in un mondo grottesco, scolpito dall’erosione. La strada procedeva in un incubo colorato di torrette, castelli, bastioni, rocche e altre forme fantastiche, sfumate dell’infinita gamma di tinte dei molti strati geologici.
Procedevano lentamente; non cercavano di affrettarsi. La pista non era più una vera strada. Certe volte incontravano piccole piane alluvionali, ma presto le abbandonavano per addentrarsi nuovamente nella bizzarra, colorata follia del terreno torturato.
Prima del calar della notte, decisero di accamparsi nell’angolo di una torreggiante rupe argillosa. Trovarono una quantità di legna nei mucchi di detriti depositati molto tempo prima, quando grandi alberi erano stati trascinati dalle creste dei torrenti furiosi che avevano scolpito il paesaggio. Trovarono la legna, ma non l’acqua. La giornata, comunque, non era stata eccessivamente calda, e le borracce erano ancora quasi piene.
La vegetazione era rada. Il terreno scolpito era brullo, se si eccettuavano le chiazze d’erba robusta e qualche gruppo di piccole conifere, curve verso il suolo.
Dopo cena rimasero seduti a guardare gli splendidi colori che svanivano. Quando scese la notte, le stelle spuntarono fulgide e gelide. Lansing scrutò il cielo e riconobbe alcune costellazioni. Non c’era dubbio, si disse: era la Terra, ma non la vecchia Terra che aveva conosciuto. Non era un altro pianeta d’un altro sistema solare; era una delle Terre alternative di cui aveva parlato Andy, senza sospettare neppure per un momento che quelle Terre esistessero davvero.
Il fattore tempo inquietava Lansing. Dato che le costellazioni erano cambiate pochissimo, se pure erano cambiate, lo scarto di tempo fra quella Terra e la Terra che aveva conosciuto non doveva superare qualche decina di millenni. Eppure, su questa Terra, una grande civiltà aveva raggiunto vertici forse ancora più alti di quelli della sua Terra… s’era affermata, era fiorita ed era morta. Era possibile, si chiese, che lì l’Uomo avesse incominciato prima la sua ascesa? Possibile che si fosse evoluto qualche milione d’anni prima? Possibile che il punto critico tra le due, fosse stata l’estinzione dell’umanità sulla sua Terra, e avesse imposto un nuovo inizio? Era un’idea che lo turbava. Se l’uomo s’era estinto su un Terra, che possibilità ci sarebbe stata di ricominciare, di avere una seconda occasione? La ragione gli diceva che era quasi impossibile.
— Edward — lo chiamò Mary, — non hai quasi aperto bocca. Che cos’hai?
Lansing scrollò la testa. — Pensavo. Niente d’importante.
— Non mi sento mai la coscienza tranquilla — disse Sandra. — Ce ne siamo andati troppo presto. Non abbiamo dato al generale molte possibilità di tornare.
— Perché non hai parlato prima? — chiese Mary. — Non hai mai detto una parola? Ti avremmo ascoltata.
— Ero ansiosa di andarmene, quanto voi. Non sopportavo l’idea di passare un’altra notte nella città.
— Per quanto mi riguarda — disse Jurgens, — credo che abbiamo perso tempo ad aspettarlo. È andato per sempre.
— E adesso, che sarà di noi? — chiese Sandra.
— Perché il reverendo e il generale non ci sono più? — chiese Jurgens.
— No, non per questo. Non soltanto per loro due. Ma eravamo sei, ed ora siamo quattro. E quando saremo tre, o forse due?
— Qui abbiamo maggiori possibilità di cavarcela che nella città — disse Mary. — La città uccide. Abbiamo perduto due dei nostri.
— Ci arrangeremo benissimo — disse Jurgens. — Procederemo con prudenza. Terremo gli occhi aperti e non correremo rischi.
— Ma non sappiamo dove stiamo andando — protestò Sandra.
— Non l’abbiamo mai saputo — disse Jurgens. — Fin dal primo momento in cui siamo stati scaraventati su questo mondo, non abbiamo mai saputo dove stavamo andando. Forse lo sapremo alla prossima svolta della strada. O forse dopodomani, o un altro giorno ancora.
Quella notte il Fiutatore ritornò. Si aggirò tutto intorno al campo ma non si avvicinò di più. Rimasero seduti ad ascoltare. C’era qualcosa di confortante in quella presenza, come se fosse riapparso un vecchio amico, come se un cane sperduto fosse ritornato a casa. Non ispirava terrore. Il Fiutatore non era entrato con loro nella città; forse non amava la città come non l’amavano loro. Ma adesso che s’erano rimessi in cammino, era venuto a raggiungerli.
Prima dell’imbrunire, il secondo giorno, trovarono una costruzione in rovina, su una piccola terrazza sopra la pista.
— È un posto adatto per passare la notte — disse Jurgens.