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— Ma c’è gente, ti dico.

— Sì immagino. Ma non precipitiamoci. E non avviciniamoci neppure furtivamente. Dobbiamo fargli sapere che siamo qui, e dargli la possibilità di vederci bene.

— Tu sai sempre tutto — disse Jorgenson con una smorfia.

— Non so tutto — rispose Lansing. — È una questione di buon senso. O lasciamo che ci vedano bene, oppure gli giriamo intorno e li evitiamo.

— Io credo che dovremmo andare da loro — disse Melissa. — Mary potrebbe essere là. Oppure qualcuno può sapere qualcosa di lei.

— È poco probabile — disse Lansing. — Sono convinto che si sia diretta verso la città. Non aveva motivo per passare da questa parte.

— Andiamo a raggiungerli — disse Jorgenson in tono bellicoso. — Forse qualcuno saprà che cosa sta succedendo. E allora sarebbe la prima volta che lo sapremmo anche noi, da quando siamo arrivati.

— D’accordo — disse Lansing. — Andiamo.

Scesero la collina e arrivarono nel fondovalle. Proseguirono lentamente, verso il fumo. Qualcuno, più avanti, li vide e gridò un avvertimento. I tre si fermarono e rimasero in attesa. Dopo pochi istanti comparve un gruppetto, una decina di persone che scendevano la valle per incontrarli. Poi si fermarono, e tre uomini si fecero avanti.

Lansing, che s’era fermato lasciandosi indietro Jorgenson e Melissa di qualche passo, studiò i tre. Uno era vecchio. Aveva la barba e i capelli bianchi. Gli altri due erano più giovani… uno era un ragazzo biondo, con la barba e i capelli che gli scendevano sulle spalle, l’altro era un uomo torvo, con la pelle e i capelli scuri. Non aveva la barba, ma si vedeva che non si radeva da diversi giorni. Erano tutti laceri, con i gomiti che spuntavano dalle maniche, e i buchi nei ginocchi dei calzoni, e strappi malamente ricuciti. Il vecchio portava un giubbotto che sembrava confezionato con pelli di coniglio.

I tre si fermarono a pochi passi. Il biondo parlò in una lingua sconosciuta.

— Una lingua da selvaggi — disse Jorgenson. — Perché non parla inglese?

— È una lingua straniera, non da selvaggi — disse Lansing. — Credo che sia tedesco. Qualcuno di voi parla inglese?

— Io — disse il vecchio. — E altri due, nell’accampamento. Hai indovinato. Il mio giovane amico parla tedesco. Pierre, qui, parla francese. Io li capisco abbastanza bene. Mi chiamo Allen Correy. Immagino che veniate dalla torre. Dovete aver perso la strada.

— Per la precisione — disse Lansing, — siamo diretti verso la città.

— Perché? — chiese Correy. — Là non c’è niente. Lo sappiamo tutti.

— Lui sta cercando la sua ragazza — disse Jorgenson. — È convinto che sia andata là.

— In questo caso — disse Correy a Lansing, — ti auguro di ritrovarla. Sai come arrivarci?

— È a sud-est — disse Lansing. — Credo sia il percorso giusto.

— Sì, credo di si — disse Correy.

— Sapete qualcosa del territorio più avanti?

— Lo conosciamo solo per pochi chilometri. Non ci allontaniamo molto dal campo. È più prudente.

— Immagino che siate come noi. Non so come definire quello che siamo. Non ci ho mai pensato. Siamo stati portati qui.

— Anche noi — disse Correy. — Forse ci sono altri gruppi come il nostro, ma se ci sono non sappiamo dove siano. Sapete, naturalmente, che pochi sopravvivono. Noi siamo un gruppetto di superstiti. Siamo trentadue. Dodici uomini, e il resto donne. Certuni sono qui da anni.

Il francese gli disse qualcosa, e Correy si rivolse a Lansing: — Scusami, dimenticavo le buone maniere. Non volete venire con noi al campo? Presto sarà buio, e la cena è quasi pronta. Abbiamo un pentolone di spezzatino di coniglio, e una quantità di pesci da friggere. Non mi sorprenderei se ci fosse anche un’insalata, però abbiamo finito da un pezzo l’olio e dobbiamo arrangiarci con il grasso caldo. E devo avvertirvi che siamo a corto di sale. Ormai ci siamo abituati e non ne sentiamo più la mancanza.

— Non la sentiremo neppure noi — disse Melissa. — Accettiamo l’invito con piacere.

Poco più avanti, quando superarono un boschetto che lo nascondeva, trovarono un campo di granoturco dove c’era ancora qualche pannocchia. Oltre il campo, in una caletta riparata formata da un’ansa del fiume, c’era un assortimento di rozze capanne e alcune tende malconce. I fuochi erano accesi e tutto intorno c’erano gruppetti di persone in attesa.

Correy indicò il campo con un gesto. — Non è un gran che, ma lo curiamo bene, e ad ogni stagione produce quanto ci basta per tirare avanti durante l’inverno. Abbiamo anche un orto piuttosto grande. Mrs. Mason ci ha fornito le sementi necessarie.

— Mrs. Mason? — chiese Melissa.

— L’ostessa della locanda — disse Correy. — È molto avida, ma ha collaborato con noi. A volte ci manda qualche recluta, altri come noi che non sanno dove andare e finiscono per tornare alla locanda. Lei non li vuole intorno, se non hanno denaro da spendere. Ma quelli che ne hanno sono pochi, e così se ne libera mandandoli da noi. Comunque, la nostra popolazione non aumenta molto. Alcuni muoiono, soprattutto nei mesi invernali. Fra la altre cose, abbiamo un cimitero sempre più esteso.

— Non c’è modo di tornare indietro? — chiese Jorgenson. — Di tornare nei mondi dai quali siete venuti?

— Se c’è, non l’abbiamo trovato — disse Correy. — Ma non abbiamo cercato molto. Qualcuno l’ha fatto. Ma in generale ci accontentiamo di star qui.

Il pasto serale era pronto per essere distribuito, quando arrivarono al campo. Sedettero tutti e tre in cerchio, con gli altri, intorno al fuoco centrale, e ricevettero scodelle di spezzatino di coniglio e altre verdure miste bollite e piatti di pesce fritto. Non c’era caffè né tè, ma soltanto acqua. E non c’era l’insalata che Correy aveva preannunciato.

Molti abitanti dell’accampamento, forse tutti (Lansing cercò di contarli, ma non ci riuscì), vennero a stringer loro la mano e a dare il benvenuto. Parlavano quasi tutti lingue straniere; qualcuno si arrangiava con un inglese smozzicato. C’erano altri due, oltre Correy, che lo parlavano correntemente. Erano due donne, e subito si accovacciarono accanto a Melissa e incominciarono a chiacchierare fitto fitto con lei.

Nonostante la mancanza di sale, il vitto era buono.

— Hai detto che non avete sale — disse Lansing a Correy, — e probabilmente vi mancano parecchie altre cose. Eppure poco fa hai precisato che Mrs. Mason vi ha fornito le sementi per l’orto e il campo di granoturco. Non potrebbe vendervi anche il sale e le altre cose indispensabili?

— Oh, lo farebbe volentieri — disse Correy. — Ma non abbiamo denaro. La nostra cassa si è esaurita. Forse, in passato, abbiamo speso con larghezza eccessiva.

— A me è rimasto un po’ di denaro — disse Lansing. — Una donazione sarebbe ben accetta?

— Non voglio sollecitare un’offerta — disse Correy. — Ma se lo facessi di tua volontà…

— Vi lascerò una piccola somma.

— Non rimarrai con noi? Saresti il benvenuto, sai?

— Te l’ho detto. Raggiungerò la città.

— Sì, lo ricordo.

— Sarò lieto di passare qui la notte — disse Lansing. — Domattina ripartirò.

— Forse tornerai.

— Vuoi dire se non troverò Mary?

— Anche se la troverai. Torna quando vuoi. E lei sarà egualmente la benvenuta, se verrà con te.

Lansing girò lo sguardo sul campo. Non era un posto dove gli sarebbe piaciuto mettere le radici. Lì la vita doveva essere dura. Senza dubbio c’era da faticare parecchio… tagliare la legna e trasportarla, curare l’orto e il campo di granoturco, cercare continuamente viveri. E c’erano senza dubbio piccole rivalità rabbiose, scatti di collera, litigi incessanti.

— Ci siamo organizzati in un modo di vita primitivo — disse Correy. — E ci destreggiamo piuttosto bene. Nel fiume i pesci abbondano, e c’è selvaggina nelle valli e sulle colline. Alcuni di noi sono diventati esperti nel posare le trappole… c’è una quantità di conigli. Certi anni sono più numerosi. Un paio d’anni fa, quando ci fu la siccità, abbiamo lavorato tutti senza risparmiarci, per portare l’acqua dal fiume e innaffiare l’orto e il granoturco. Ma ce l’abbiamo fatta: abbiamo avuto un ottimo raccolto.