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Qualcuno sospirò pesantemente, e Seaine si rese conto di non essere l’unica a scoprire che il proprio mondo si era completamente ribaltato. Yukiri si riscosse, poi fissò gli occhi su Talene, come determinata a mantenere lo schermo su di lei con la sola forza di volontà, se fosse stato necessario. Doesine si umettava le labbra e lisciava le sue scure gonne dorate con fare perplesso. Solo Saerin e Pevara sembravano a loro agio.

«Dunque...» cominciò Saerin calma. Forse ‘piano’ era una parola più appropriata. «Dunque. Ajah Nera...» Trasse un profondo respiro e il suo tono divenne energico. «Non ce n’è più bisogno, Yukiri. Talene, tu non tenterai di scappare o di resistere in alcun modo. Non proverai neanche a toccare la Fonte senza il permesso di una di noi. Anche se suppongo che qualcun altro se ne occuperà una volta che ti avremo consegnata. Yukiri?» Lo schermo su Talene si dissipò, ma il luccichio rimase attorno a Yukiri, come se non si fidasse degli effetti del bastone su una Sorella Nera. Pevara si accigliò. «Prima di consegnarla a Elaida, Saerin, voglio scoprire il più possibile. Nomi, luoghi, qualunque cosa. Ogni cosa che sa!» Gli Amici delle Tenebre avevano ucciso l’intera famiglia di Pevara, e Seaine era sicura che sarebbe andata in esilio pronta a dare la caccia personalmente fino all’ultima Sorella Nera. Ancora rannicchiata sulla Sedia, Talene emise un suono, tra il riso amaro e il pianto. «Quando lo farete, saremo tutte morte! Morte! Elaida è dell’Ajah Nera!»

«Questo è impossibile!» esclamò Seaine. «È stata Elaida stessa a darmi l’ordine.»

«Deve esserlo» Doesine sussurrò a mezza bocca. «Talene ha pronunciato di nuovo i giuramenti; l’ha appena nominata!» Yukiri annuì con veemenza.

«Usate la testa» brontolò Pevara, scuotendo la sua per il disgusto. «Siete consapevoli quanto me che se si crede in una menzogna, la si può dire come una verità.»

«E questa è una verità» disse Saerin con fermezza. «Quali prove hai, Talene? Hai visto Elaida ai vostri... incontri?» Stringeva l’elsa del suo coltello così forte che le nocche le erano diventate pallide. Saerin aveva dovuto combattere più duramente di molte altre per lo scialle, per lo stesso diritto di rimanere nella Torre. Per lei, la Torre era più di una casa, era più importante della sua stessa vita. Se Talene avesse dato la risposta sbagliata, Elaida avrebbe potuto non riuscire a vivere tanto da affrontare un processo.

«Non hanno incontri» mormorò cupa Talene. «Eccetto il Consiglio Supremo, suppongo. Ma deve esserlo. Essi conoscono ogni rapporto che lei riceve, perfino quelli segreti, ogni parola che le viene detta. Conoscono ogni decisione che prende prima ancora che venga annunciata. Giorni prima; talvolta settimane. Come potrebbero, a meno che non sia lei a dirglielo?» Mettendosi a sedere con uno sforzo, cercò di fissarle una a una con uno sguardo deciso. Ma fece solo sembrare che i suoi occhi scattassero in preda all’ansia. «Dobbiamo fuggire, dobbiamo trovare un posto in cui nasconderci. Vi aiuterò... vi dirò tutto ciò che so! Ma se non fuggiamo ci uccideranno.»

Strano, pensò Seaine, quanto in fretta per Talene i suoi ex amici fossero diventati ‘loro’ e lei avesse cercato di identificarsi con i restanti. No. Stava evitando il vero problema, ed evitarlo era stupido. Elaida l’aveva davvero incaricata di dare la caccia all’Ajah Nera? In effetti non ne aveva mai menzionato il nome. Aveva forse inteso qualcos’altro? Elaida era sempre balzata alla gola di chiunque avesse soltanto fatto riferimento alla Nera. Quasi ogni Sorella avrebbe fatto lo stesso, eppure...

«Elaida si è rivelata una sciocca,» disse Saerin «e più di una volta mi sono rammaricata di averla sostenuta, ma non crederò che sia della Nera, non senza altre prove.» Le labbra serrate, Pevara scattò in un cenno d’assenso. Come Rossa, avrebbe preteso molto di più.

«Questo è comprensibile, Saerin,» disse Yukiri «ma non possiamo trattenere Talene a lungo prima che l’Ajah Verde cominci a chiedere dove si trova. Per non parlare della... Nera. Faremo meglio a decidere in fretta il da farsi, o staremo ancora scavando sul fondo del pozzo quando le piogge cominceranno a battere.» Talene rivolse a Saerin un flebile sorriso, probabilmente per ingraziarsela. Si spense di fronte al cipiglio dell’Adunante Marrone.

«Non ci azzarderemo a dirlo a Elaida fino a che non potremo infliggere un duro colpo alla Nera» disse Saerin infine. «Non discutere, Pevara; è sensato.» Pevara sollevò le mani e assunse un’espressione ostinata, ma tenne la bocca chiusa. «Se Talene ha ragione,» continuò Saerin «la Nera sa già di Seaine o lo saprà presto, perciò dobbiamo garantire la sua sicurezza al meglio delle nostre possibilità. Non sarà facile, essendo solo in cinque. Non possiamo fidarci di nessuno finché non siamo assolutamente certe!

Per lo meno abbiamo Talene, e chissà cosa apprenderemo prima di averla strizzata per bene.» Talene cercò di sembrare disposta a essere strizzata, ma nessuna le stava prestando la minima attenzione. La gola di Seaine era ormai secca.

«Potremmo non essere del tutto sole» disse Pevara riluttante. «Seaine, di’ loro del tuo piccolo piano con Zerah e le sue amiche.»

«Piano?» disse Saerin. «Chi è Zerah? Seaine? Seaine!» Seaine sobbalzò.

«Cosa? Oh. Pevara e io abbiamo scoperto un piccolo covo di ribelli qui nella Torre» cominciò in modo affannato. «Dieci Sorelle mandate per diffondere dissenso.» Saerin avrebbe fatto in modo che fosse al sicuro, vero?

Non c’era neanche da chiederlo. Anche lei era un’Adunante; era Aes Sedai da quasi centocinquant’anni. Che diritto aveva Saerin o chiunque altro per...? «Pevara e io abbiamo cominciato a porre fine a tutto questo. Abbiamo già costretto una di loro, Zerah Dacan, a formulare lo stesso giuramento aggiuntivo di Talene, e le abbiamo già detto di portare Bernaile Gelbarn nelle mie stanze questo pomeriggio senza destare i suoi sospetti.»

Luce, qualunque Sorella fuori da questa stanza potrebbe essere della Nera. Qualunque Sorella. «Poi useremo quelle due per portarne un’altra, finché tutte quanto non avranno giurato obbedienza. Ovviamente, porremo a tutte la stessa domanda che abbiamo fatto a Zerah, la stessa che abbiamo fatto a Talene.» L’Ajah Nera poteva avere già il suo nome, poteva già sapere che era stata inviata a dar loro la caccia. Come avrebbe potuto Saerin mantenerla al sicuro? «Coloro che danno la risposta sbagliata possono essere interrogate, e coloro che danno quella corretta possono espiare in parte la loro slealtà dando la caccia alla Nera sotto la nostra guida.» Luce, come?

Quando ebbe terminato, le altre discussero la questione per un po’, il che poteva solo significare che Saerin era incerta sulla decisione da prendere. Yukiri insisteva nel consegnare immediatamente Zerah e le sue alleate alle autorità — se poteva essere fatto senza rivelare la loro stessa situazione con Talene. Pevara era dell’opinione che bisognasse usare le ribelli, anche se a malincuore; il dissenso che stavano diffondendo era incentrato su ignobili storie che riguardavano l’Ajah Rossa e falsi Draghi. Doesine sembrava suggerire che dovessero rapire ogni Sorella nella Torre e le dovessero costringere tutte a formulare il giuramento aggiuntivo, ma le altre tre le prestavano scarsa attenzione. Seaine non partecipò alla discussione. La sua reazione alla loro situazione fu l’unica possibile, pensò. Barcollò fino all’angolo più vicino e vomitò rumorosamente.

Elayne cercò di non digrignare i denti. Fuori, un’altra tormenta imperversava su Caemlyn, oscurando il cielo di mezzogiorno tanto che le lampade lungo le pareti del soggiorno erano tutte accese. Violente raffiche sbatacchiavano i battenti delle alte finestre ad arco. Lampi di fulmini illuminavano i vetri limpidi e i tuoni rimbombavano sordi in cielo: una bufera di neve, la peggior specie di tormenta invernale, la più violenta. La stanza non era proprio fredda, ma... Mentre distendeva le mani davanti ai ciocchi che scoppiettavano nell’ampio caminetto di marmo, poteva ancora sentire un brivido levarsi attraverso lo strato di tappeti sul pavimento a piastrelle, e anche attraverso le sue scarpette di velluto. L’ampio colletto e i polsini di pelliccia nera di volpe sulla sua camicia da notte bianca e rossa erano graziosi, ma certo non contribuivano a riscaldarla più delle perline sulle maniche. Impedire di lasciarsi toccare dal freddo non voleva dire che non lo percepisse.