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Zaida portò una mano alle labbra. «Così è pattuito, in nome della Luce.»

Elayne sbatté le palpebre. Questo sì che era sinistro: a quanto pareva, agli occhi della Maestra delle Onde, avevano appena stipulato un altro accordo. La sua limitata esperienza nel trattare con gli Atha’an Miere era che potevi ritenerti fortunato se ti allontanavi con la camicia ancora addosso. Be’, stavolta le cose sarebbero andate diversamente. Per esempio, cosa ci avrebbero guadagnato le Sorelle? Dovevano esserci due parti in un accordo. Zaida sorrise, come se sapesse ciò che Elayne stava pensando e ne fosse divertita. L’apertura di una delle porte fu quasi un sollievo, e le diede una scusa per distogliere lo sguardo dalle donne del Popolo del Mare. Reene Harfor scivolò nella stanza con deferenza ma senza servilismo, e la sua riverenza fu sobria, appropriata per la Somma Signora di una potente casata che stava per essere la sua regina. D’altro canto, ogni Somma Signora con un po’ di sale in zucca sapeva di dover portare rispetto alla prima cameriera. I suoi capelli ingrigiti erano raccolti in una crocchia, come se avesse una corona in testa, e indossava un tabarro scarlatto sopra il suo abito rosso e bianco, con la testa del leone bianco di Andor appoggiata sul suo prosperoso petto. Reene non aveva voce in capitolo su chi sarebbe salita al trono, ma aveva adottato l’intero abito da cerimonia dal giorno dell’arrivo di Elayne, come se la regina fosse già insediata. Il suo volto si indurì per un attimo alla vista delle donne degli Atha’an Miere che l’avevano scavalcata, ma questo fu l’unico segno che diede di averle notate. Per ora. Avrebbero appreso a proprie spese cosa comportava incorrere nell’ostilità della prima cameriera.

«Mazrim Taim, è finalmente arrivato, mia signora.» Reene riuscì a farlo suonare molto simile a ‘mia regina’. «Devo dirgli di attendere?»

Non così presto!, mormorò Elayne nella sua testa. Lo aveva mandato a chiamare due giorni fa! «Sì, comare Harfor. Dagli del vino. Il terzo migliore, facciamo. Informalo che lo riceverò non appena...»

Taim, entrò nella stanza a grandi falcate come se fosse il padrone del palazzo. Non c’era bisogno che le dicessero che era lui. Draghi blu e dorati si intrecciavano attorno alle maniche della sua giubba nera dai gomiti fino ai polsi, a imitare i draghi sulle braccia di Rand. Ebbe il sospetto che lui non avrebbe apprezzato quell’osservazione. Era alto, quasi quanto Rand, il naso adunco e gli occhi rapaci, un uomo dal fisico possente che si muoveva con la grazia di un Custode, ma le ombre sembravano seguirlo, come se la metà delle lampade nella stanza si fosse spenta, in un’aria di imminente violenza che sembrava tanto palpabile da risucchiare la luce. Altri due uomini in giubba nera lo seguivano da vicino: un tizio calvo con una lunga barba brizzolata e occhi azzurri lascivi, e uno più giovane, magro come un serpente e coi capelli scuri, con la beffarda arroganza che i giovani spesso assumevano prima di diventare più maturi. L’alto colletto di entrambi era decorato con la spada argentea e il drago di smalto rosso. Nessuno dei tre portava una spada al fianco, però: non ne avevano bisogno. D’improvviso il soggiorno parve più piccolo e affollato. D’istinto, Elayne abbracciò saidar e si protese a formare il legame. Merilille scivolò facilmente nel cerchio; per quanto sbalorditivo, Renaile fece lo stesso. Un rapido sguardo alla Cercavento diminuì la sua sorpresa. Il volto terreo, Renaile teneva il pugnale infilato dietro la sua fusciacca tanto stretto che Elayne poteva percepire il dolore sulle sue nocche attraverso il legame. Era a Caemlyn da abbastanza tempo da sapere cos’era un Asha’man. Gli uomini sapevano che qualcuna aveva abbracciato saidar, naturalmente, anche se non potevano vedere il bagliore che circondava le tre donne. L’uomo calvo si irrigidì; il giovane magro serrò i pugni. Le fissarono con occhi di fuoco. Di certo avevano afferrato saidin. Elayne cominciò a pentirsi di aver agito di riflesso, ma non avrebbe rilasciato la Fonte, non ora. Taim, irradiava pericolo allo stesso modo in cui un fuoco emette calore. Lei attinse in profondità dal legame, fino al punto in cui la schiacciante percezione della vita si tramutò in un acuto formicolio di avvertimento. Le dava perfino un senso di... contentezza. Con così tanto Potere dentro di lei, avrebbe potuto devastare il palazzo, ma si chiese se fosse sufficiente per eguagliare quello di Taim, e degli altri due. Desiderò proprio avere uno dei tre angreal che avevano trovato a Ebou Dar, ora messi al sicuro sotto chiave col resto di quel carico di oggetti finché non avesse trovato altro tempo per studiarli.

Taim, scosse il capo in modo sprezzante, un mezzo sorriso che gli guizzava lungo le labbra. «Usate gli occhi.» La sua voce era calma, ma dura e beffarda. «Ci sono due Aes Sedai qui. Avete paura di due Aes Sedai? Inoltre, non vorrete certo spaventare la futura regina di Andor.» I suoi compagni si rilassarono visibilmente, poi cominciarono a cercare di emulare la spontanea autorità del suo atteggiamento.

Reene non sapeva nulla di saidar e saidin; era passata attorno agli uomini, lanciando loro un’occhiataccia, non appena erano entrati. Asha’man o no, si aspettava che le persone si comportassero in modo consono. Borbottò qualcosa quasi sottovoce. Non abbastanza, però. Le parole ‘ratti schifosi’ erano appena udibili.

La prima cameriera arrossì quando si rese conto che tutti nella stanza avevano sentito, ed Elayne vide per la prima volta Reene Harfor innervosirsi. Al che la donna si raddrizzò e disse, con una grazia e una dignità che ogni regnante le avrebbe invidiato: «Perdonami, mia signora Elayne, ma mi è stato detto che ci sono ratti schifosi che infestano le dispense. Cosa piuttosto inconsueta, in questo periodo dell’anno, e sono così tanti. Se vuoi scusarmi, mi accerterò che le mie direttive su disinfestatori ed esche avvelenate vengano attuate.»

«Rimani» le disse Elayne con disinvoltura. Con calma. «Ci si può occupare dei parassiti a tempo debito.» Due Aes Sedai. Lui non si era reso conto che Renaile poteva incanalare e aveva sottolineato ‘due’. Il fatto che fossero tre donne avrebbe dato loro un vantaggio? O ne sarebbero servite di più? Era chiaro che gli Asha’man sapevano di avere qualche vantaggio su donne che fossero in numero inferiore a un circolo di tredici. Non sarebbero certo venuti al suo cospetto senza neanche il suo permesso, altrimenti.

«Potrai accompagnare questi gentiluomini all’uscita quando avrò finito con loro.» I tre si accigliarono al sentirsi chiamare ‘gentiluomini’, ma Taim, stesso non fece altro che esibire un altro di quei suoi mezzi sorrisi. Era abbastanza sveglio da sapere che Elayne quando aveva parlato di parassiti aveva pensato a lui. Luce! Forse Rand aveva avuto bisogno di quest’uomo un tempo, ma perché continuava a tenerlo con sé ora, e in una tale posizione di autorità? Be’, la sua autorità qui non contava nulla. Senza fretta, si accomodò di nuovo sullo scranno e si concesse un momento per aggiustarsi le gonne. Gli uomini avrebbero dovuto girarle attorno per starle di fronte come supplicanti, altrimenti avrebbero parlato rivolti a un lato della sua testa fin quando lei si fosse rifiutata di guardarli. Per un istante prese in considerazione di passare il controllo del piccolo circolo. Gli Asha’man avrebbero di certo concentrato la loro attenzione su di lei. Renaile era ancora esitante, però, con rabbia e paura che si agitavano l’una sull’altra dentro di lei; avrebbe potuto passare all’attacco non appena il legame fosse arrivato a lei. Merilille provava un timore, che riusciva appena a tenere sotto controllo, misto a una gran quantità di sensazioni... ‘da ochetta’ che si adattavano ai suoi occhi sgranati e alle labbra socchiuse; solo la Luce sapeva cosa avrebbe potuto fare lei col legame. Dyelin si mosse a lato dello scranno di Elayne, come per proteggerla dagli Asha’man. Qualunque cosa passasse per la mente della Somma Signora di Taravin, il suo volto era severo, privo di paura. Le altre donne non avevano perso tempo e si erano preparate quanto meglio potevano. Zaida era in piedi, completamente immobile, accanto al caleidoscopio, e faceva del suo meglio per apparire minuta e inoffensiva, ma le sue mani erano dietro la schiena e il pugnale mancava dalla sua fusciacca. Birgitte oziava presso il caminetto, puntellandosi con la mano sinistra sullo stipite, apparentemente a suo agio, ma il fodero del pugnale che aveva alla cintura era vuoto e, dal modo in cui l’altra sua mano era appoggiata al fianco, era pronta per un lancio furtivo. Il legame trasmetteva... concentrazione. Freccia incoccata, corda tesa fino alla guancia, pronta a scagliare. Elayne non fece alcun tentativo di guardare oltre Dyelin in direzione dei tre uomini. «Prima rispondi troppo tardi alle mie convocazioni, mastro Taim,,, e poi troppo presto.» Luce, stava trattenendo saidin? C’erano dei metodi per interferire con un uomo che stava incanalando, a parte schermarlo, ma era una pratica difficile, rischiosa, e lei conosceva poco più della teoria. Lui si diresse di fronte a lei, a diversi passi di distanza, ma non pareva un supplicante. Mazrim Taim,, sapeva chi era e quanto valeva, pur tendendo a dare un’immagine esagerata di sé. Il lampo che balenò alle finestre mandò strane luci sul suo volto. Molti sarebbero stati sopraffatti da lui, anche senza la sua lussuosa giubba o il suo famigerato nome. Lei no. Non l’avrebbe permesso!