Le sopracciglia di Astinus si sollevarono talmente che quasi scomparvero tra i suoi capelli ingrigiti.
«Quest’uomo malvagio, come tu lo chiami, Reverenda Figlia, serve una dea potente almeno quanto Paladine: Takhisis, la Regina delle Tenebre! O forse non dovrei dire serve,» precisò Astinus, con un sorriso amaro. «Non è da lui...»
La fronte di Crysania ridivenne liscia. «Il bene redime i suoi,» rispose con dolcezza. «Il male si rivolge contro se stesso. Il bene trionferà di nuovo, come ha fatto nella Guerra delle Lance contro Takhisis e i suoi draghi malvagi. Con l’aiuto di Paladine, io trionferò su questo male come l’eroe, Tanis Mezzelfo, ha trionfato sulla stessa Regina delle Tenebre.»
«Tanis Mezzelfo ha trionfato con l’aiuto di Raistlin Majere,» disse Astinus, imperturbabile.
«Oppure è una parte della leggenda che hai scelto d’ignorare?»
Neppure la più piccola increspatura emotiva alterò la superficie tranquilla e immobile dell’espressione di Crysania. Il suo sorriso rimase fisso, lo sguardo sempre puntato fuori della finestra, sulla strada. «Guarda, Astinus,» disse con voce sommessa. «Ecco che arriva.»
Il sole affondò dietro le lontane montagne, il cielo, illuminato dagli ultimi bagliori del tramonto, risplendeva purpureo simile a una gemma. I servi entrarono in silenzio, accendendo il fuoco nella piccola stanza di Astinus. Perfino il fuoco ardeva silenzioso come se lo storico avesse insegnato alle fiamme medesime come mantenere la tranquillità e il riposo nella grande biblioteca. Crysania sedeva ancora una volta sulla scomoda sedia, con le mani ancora una volta raccolte in grembo.
Esteriormente il suo volto era calmo e freddo come sempre. Interiormente, il suo cuore batteva per l’eccitazione che traspariva soltanto da un illuminarsi dei suoi occhi grigi.
Nata dalla nobile e ricca famiglia dei Tarinius di Palanthas, una famiglia antica quanto la città stessa, Crysania aveva ricevuto ogni conforto e ogni beneficio che il denaro e il rango potevano concederle. Intelligente, volitiva, avrebbe potuto facilmente diventare una donna cocciuta e caparbia. Ma i suoi genitori, saggi e amorosi, avevano attentamente nutrito e potato il forte spirito della loro figlia, facendolo sbocciare in una profonda e decisa fiducia in se stessa. In tutta la sua vita Crysania aveva fatto una sola cosa che aveva addolorato i suoi affezionatissimi genitori. Aveva voltato le spalle a un matrimonio ideale con un nobiluomo giovane e bello dedicando la propria vita al servizio di dei da tempo dimenticati.
Prima aveva ascoltato il chierico Elistan quand’era giunto a Palanthas alla fine della Guerra delle Lance. La sua nuova religione, o forse avrebbe dovuto esser chiamata l’antica religione, si stava diffondendo come un incontrollabile incendio per tutto Krynn, poiché la neonata leggenda dava credito a questa credenza, che gli antichi dei avessero contribuito a sconfiggere i draghi del male e i loro padroni, i Signori dei Draghi.
Quando era andata a sentir parlare Elistan per la prima volta, Crysania era rimasta scettica. La giovane donna, aveva venticinque anni allora, nella sua infanzia era cresciuta ascoltando le storie sul modo in cui gli dei avevano inflitto il cataclisma a Krynn, scagliando giù la montagna infuocata che aveva spaccato il suolo facendo precipitare la sacra città di Istar nel Mare di Sangue. Dopo questo, così aveva riferito la gente, gli dei avevano voltato le spalle agli uomini, rifiutandosi di avere ancora qualcosa a che fare con loro. Crysania era più che disposta ad ascoltare Elistan con cortesia, ma disponeva di gran copia di argomenti per confutare le sue affermazioni.
Quando l’aveva incontrato, era rimasta favorevolmente impressionata. Flistan a quell’epoca era nella pienezza dei suoi poteri. Bello, forte, perfino nei suoi anni di mezzo, pareva uno dei chierici di un tempo che avevano guidato la battaglia, così dicevano le leggende, insieme al poderoso cavaliere, Huma. Crysania già all’inizio della serata aveva trovato motivi per ammirarlo. L’aveva finita inginocchiata ai suoi piedi, piangendo in umiltà e gioia: la sua anima aveva trovato l’ancora che le mancava.
Gli dei non avevano voltato le spalle agli uomini, questo era il messaggio. Erano stati gli uomini a farlo, esigendo nel loro orgoglio ciò che Huma aveva cercato con umiltà. Il giorno seguente Crysania aveva lasciato la sua casa, la sua ricchezza, i suoi servi, i suoi genitori, e il suo fidanzato, per trasferirsi nella piccola casa gelida destinata ad essere il primo nucleo del nuovo tempio che Elistan aveva progettato di edificare a Palanthas.
Adesso, due anni più tardi, Crysania era una Reverenda Figlia di Paladine, una dei pochi eletti che erano stati trovati degni di guidare la chiesa durante le doglie della sua giovinezza. Era stato un bene che la chiesa avesse quel sangue forte e giovane, ed Elistan vi aveva dedicato senza risparmio tutta la sua vita e tutte le sue energie. Adesso pareva che gli dei che lui aveva servito con tanta fedeltà avrebbero presto chiamato il loro chierico al proprio fianco. E quando quel triste evento si fosse verificato, erano in molti a credere che Crysania avrebbe portato avanti la sua opera.
Certo, Crysania sapeva di essere pronta ad accettare la guida della chiesa, ma era sufficiente? Come aveva detto ad Astinus, la giovane chierica aveva da tempo sentito che il suo destino era quello di rendere qualche grande servigio al mondo. Guidare la chiesa attraverso la sua quotidiana routine adesso che la guerra era finita le era parso troppo monotono e mondano. Ogni giorno aveva pregato Paladine perché le assegnasse qualche arduo compito. Aveva promesso d’esser pronta a sacrificare qualsiasi cosa, anche la vita stessa, al servizio del suo amato dio.
E poi era arrivata la sua risposta.
Adesso aspettava in preda a un desiderio talmente ardente da riuscire a malapena a trattenerlo. Non aveva paura, neppure d’incontrare quell’uomo, che si diceva fosse la più potente forza del male che adesso vivesse sulla faccia di Krynn. Se la sua educazione glielo avesse permesso, il suo labbro si sarebbe arricciato in un sorriso sdegnoso. Quale male poteva mai resistere alla potente spada della sua fede? Quale male poteva penetrare la sua splendente armatura?
Come un cavaliere che cavalcasse in un torneo, con la ghirlanda del suo amore al collo, sapendo che era impossibile patire una sconfitta con quei simboli che fluttuavano al vento, Crysania teneva gli occhi fissi sulla porta, aspettando con ansia il primo squillo di tromba. Quando la porta si aprì le sue mani, fino a quel momento ripiegate tranquille, si serrarono per l’eccitazione.
Bertrem entrò, il suo sguardo andò ad Astinus, che sedeva immobile come un pilastro di pietra su una sedia dura e scomoda accanto al fuoco.
«Raistlin Majere, il mago,» annunciò Bertrem. La sua voce cedette sull’ultima sillaba. Forse stava pensando all’ultima volta che aveva annunciato quel visitatore... il giorno in cui Raistlin era stato trovato morente, vomitando sangue sui gradini della Grande Biblioteca. Astinus corrugò la fronte nel constatare la mancanza di autocontrollo di Bertrem, e l’estetico scomparve attraverso la porta con tutta la rapidità concessagli dalle sue vesti svolazzanti.
Inconsciamente, Crysania trattenne il fiato. Dapprima non vide nulla, soltanto un’ombra, una chiazza d’oscurità sulla soglia, come se la notte stessa avesse preso forma plasmandosi all’interno dell’ingresso. Per lunghi istanti l’ombra restò lì, immobile.
«Entra, vecchio amico,» disse Astinus impassibile con voce profonda. L’ombra era delineata da un tremolio di calore - la luce del fuoco si attardava sulle vesti nere, vellutate - e da minuscole scintille, quando il bagliore si rifletteva sulle rune intessute con fili d’argento intorno al cappuccio di velluto.
L’ombra divenne una figura, le vesti nere avvolgevano completamente un corpo. Per un breve istante l’unica appendice umana visibile della figura fu una mano sottile, quasi scheletrica, che stringeva un bastone di legno. Il bastone stesso era sormontato da una sfera di cristallo, stretta nella morsa dell’artiglio scolpito di un drago dorato.