«Dieci Torri, hai detto?» Aeron ebbe un’espressione rabbiosa. «Quale piovra ti chiama laggiù?»
Dieci Torri era la sede del lord di Harlaw.
«La principessa Asha. Ha levato le vele per tornare a casa. È il Lettore a inviare i corvi, convocando tutti i suoi amici a Harlaw. Dice che era volontà di Balon che fosse Asha a succedergli sul Trono del Mare.»
«È il dio Abissale che deve decidere chi siede sul Trono del Mare» ribatté il profeta. «Inginocchiati, e forse ti benedirò.» Lord Merlyn scivolò in ginocchio. Aeron stappò il suo otre e versò dell’acqua di mare sulla sua testa calva. «Signore Iddio che per noi sei annegato, lascia che il tuo servitore Merlyn rinasca dal mare. Benedicilo con il sale, benedicilo con la pietra, benedicilo con l’acciaio.» L’acqua scorse sulle guance grasse di Merlyn, infradiciandogli la barba e il mantello di pelo di volpe. «Che ciò che è morto non possa mai più morire» concluse Aeron «ma possa risorgere, più fiero e più forte.» Ma quando Merlyn si rialzò, Aeron gli disse: «Rimani ad ascoltare, così da diffondere il verbo del dio».
A tre passi di distanza dall’acqua, le onde si infrangevano contro un masso di granito arrotondato. Aeron Capelli bagnati vi salì sopra, in modo che tutti i suoi seguaci potessero vederlo e udire le parole che aveva da dire.
«Dal mare siamo nati, e al mare faremo ritorno» cominciò, così come aveva cominciato centinaia di volte prima di allora. «Nella sua collera, il dio della Tempesta ha strappato Balon dal suo castello e lo ha fatto precipitare; ora egli vive in eterna gloria nelle liquide sale sotto le onde.» Aeron alzò le braccia. «Il re del Ferro è morto! Ma un nuovo re apparirà! Perché ciò che è morto non può più morire, può solamente risorgere, più fiero e più forte!»
«Un nuovo re sorgerà!» gridarono gli Annegati.
«Sorgerà. Deve sorgere. Ma chi?» Capelli bagnati rimase in ascolto per un momento: a rispondergli furono solamente le onde. «Chi sarà il nostro re?»
Gli Annegati si misero a battere le une contro le altre le loro amigdale di legno levigato dal mare. «Capelli bagnati!» gridarono. «Capelli bagnati! Re Aeron! Dateci Capelli bagnati!»
Aeron scosse la testa. «Se un padre ha due figli, e a uno di loro dà un’ascia e all’altro una rete, quale dei due vuole che sia un guerriero?»
«L’ascia è per il guerriero» urlò Rus in risposta «la rete è per il pescatore del mare.»
«Aye» disse Aeron. «Il dio Abissale mi ha portato nella profondità sotto le onde e ha preso l’infima cosa che ero. Quando mi ha restituito al mondo, mi ha concesso occhi per vedere, orecchie per udire e voce per diffondere il suo verbo, in modo che io potessi essere il suo profeta e insegnare la sua verità a coloro che l’hanno dimenticata. Io non ero fatto per sedere sul Trono del Mare… non più di Euron Occhio di corvo. Perché io ho udito la parola di dio: "Nessun uomo senza dio può sedere sul mio trono!".»
Merlyn incrociò le braccia sul petto. «Quindi è Asha? O Victarion?»
«Sarà il dio Abissale a rispondere, ma non ora.» Aeron puntò l’indice verso la faccia pallida di Merlyn. «Non spetta a me, né alle leggi degli uomini. Spetta invece al mare. Leva le tue vele e immergi i tuoi remi, mio signore, e viaggia fino a Vecchia Wyk. Tu e tutti i capitani e i re. Non andare a Pyke, a fare atto di sottomissione al senza dio, né a Harlaw, ad accordarti con donne pronte alla cospirazione. Indirizza la tua prora verso Vecchia Wyk, là dove sorgeva la Sala del re Grigio. Nel nome del dio Abissale, io ti convoco. Io convoco tutti voi! Lasciate le vostre sale e le vostre abitazioni, i vostri castelli e vostri torrioni, e fate ritorno alla collina di Nagga per una tenzone di re!»
«Una tenzone di re?» Merlyn lo fissò con occhi sbarrati. «Non c’è una vera tenzone di re da…»
«… da troppo tempo!» urlò Aeron, pieno di angoscia. «Eppure, all’alba dei giorni, gli uomini di ferro sceglievano i loro re in modo da innalzare i più meritevoli tra loro. È ora di tornare all’Antica Via, perché solamente così potremo tornare di nuovo grandi. Fu una tenzone di re a scegliere Urras Piede di ferro quale alto re, e a mettere sulla sua testa una corona di legno levigato dal mare. Sylas Nasopiatto, Harrag Hoare, la Vecchia Piovra, tutti loro vennero dalla tenzone di re. E da questa tenzone di re uscirà l’uomo che porterà a compimento l’opera che re Balon ha iniziato per restituirci la nostra libertà. Non andare a Pyke, né alle Dieci Torri di Harlaw, ma a Vecchia Wyk, te lo ripeto. Cerca la collina di Nagga e i resti della Sala del re Grigio, perché è in quel luogo sacro, dopo che la luna sarà annegata e risorta, che noi eleggeremo un re degno di noi, un re timorato di dio!» Il profeta alzò le braccia ossute. «Ascoltate! Ascoltate le onde! Ascoltate il dio! Egli ci parla, e dice: "Non avrete altro re se non colui che sarà scelto da una tenzone di re!".»
A queste parole seguì un ruggito e gli Annegati si misero a battere le loro amigdale le une contro le altre. «Una tenzone di re!» gridavano. «Una tenzone di re, una tenzone di re. Nessun altro re se non chi sarà scelto da una tenzone di re!»
E quel clamore diventò un rombo di tuono, così possente che di certo Occhio di corvo lo udì fino a Pyke, e il vile dio della Tempesta lo udì nel suo dominio tra le nubi.
E Aeron Capelli bagnati capì di essere nel giusto.
IL CAPITANO DELLE GUARDIE
«Le sanguinelle sono fin troppo mature» osservò il principe con voce cauta, mentre il capitano spingeva la sua sedia a ruote sulla terrazza.
Dopo di che, il principe non parlò più per ore.
Aveva ragione riguardo alle arance. Alcune erano cadute sul pavimento di marmo rosa pallido, spaccandosi. A ogni respiro, il loro odore intenso e dolce riempiva le narici di Hotah. Anche il principe lo sentiva, senza dubbio, mentre stava seduto sotto gli alberi sulla sedia a ruote che maestro Caleotte gli aveva fabbricato, cuscini imbottiti di piumino d’oca e rombanti ruote di ferro e avorio.
Per molto tempo si sentirono solo gli strilli dei bambini che si bagnavano negli stagni e nelle fontane, e ogni tanto il tonfo soffice di un’altra arancia che cadeva sulla terrazza. Poi, dall’ala più lontana del palazzo, il capitano udì la debole eco di stivali sul marmo.
Obara. Aveva imparato a riconoscere quel passo: falcate lunghe, rapide e rabbiose. Nelle stalle vicino ai portali, il suo cavallo stava probabilmente schiumando, i fianchi insanguinati dai colpi di sperone. Obara sceglieva sempre uno stallone per le sue cavalcate, e il capitano l’aveva sentita vantarsi di essere in grado di domare qualsiasi cavallo di Dorne… oltre a parecchi uomini. Il capitano udiva anche altri passi, quello rapido, leggero, un po’ strascicato di maestro Caleotte, costretto ad affrettarsi per tenerle dietro.
Obara Sand camminava sempre tropppo in fretta. "Dà la caccia a qualcosa che non riuscirà mai a raggiungere" aveva detto il principe a sua figlia, una volta che il capitano era nelle vicinanze.
Quando la donna apparve sotto la tripla arcata, Areo Hotah sollevò l’ascia lunga di traverso, bloccando il passaggio. La lama era all’estremità di un’asta di leccio di montagna lunga sei piedi, e Obara non sarebbe riuscita ad aggirarla.
«Non oltre, mia signora.» La voce di Hotah era un basso ruggito, pieno del pesante accento della città libera di Norvos. «Il principe non desidera essere disturbato.»
L’espressione di Obara, già di pietra prima che Hotah parlasse, a quel punto si indurì ancora di più. «Mi stai intralciando, Hotah.»